«Politically correct»? L'ossessione che uccide di Franco Pantarelli

«Politically correct»? L'ossessione che uccide IL CASO. Grido d'allarme lanciato da «Washington Post» dopo il dramma del militare suicida per qualche barzelletta «spinta» «Politically correct»? L'ossessione che uccide ~yi NEW YORK I IL capitano Sullivan si spo| j sa e con la giovane moglie I parte per il viaggio di noz__*J ze. Quando si trovano soli nella stanza dell'albergo, lei scompare un momento di là e lui, indossato il suo pigiammo, si distende sul letto in attesa. Quando lei riappare, tutta veli e biancheria sexy, gli si avvicina e gli dice con aria timida: «Caro, adesso che siamo sposati posso fare tutto quello che voglio, vero?». «Certo - le risponde lui con l'occhio già torvo - puoi fare tutto quello che vuoi». Rassicurata, lei gli si stende a fianco e si addormenta di colpo. Un po' datata e non proprio da sbellicarsi, come barzelletta. Ma per averla raccontata a una cena ufficiale della Guardia Costiera americana, il capitano Ernie Blanchard ci ha rimesso la vita. «Se sia un suicidio o un omicidio decidete voi. Ma che si sia trattato di un catastrofico abbandono di ogni razionalità non c'è alcun dubbio», diceva l'altro giorno sul Washington Post Karl Vick, che raccontando la storia del capitano Blanchard ha lanciato un grido d'allarme contro «l'ossessione del politically correa». E' infatti accaduto che quella barzelletta, e altre tre o quattro simili, non sono piaciute ad alcune cadette della US Coast Guard Academy presenti alla cena, che l'indomani lo hanno fatto presente al comandante. Non sapevano, le ca¬ dette e il comandante, che da quel momento si sarebbe messo in moto un meccanismo infernale che avrebbe trovato la sua conclusione nel giardino di casa Blanchard, dove è stato trovato il suo corpo alcuni mesi dopo, il cervello trafitto da una pallottola calibro 38 sparata da un Winchester che era appartenuto a suo nonno. Il comandante, per proseguire nella storia, spiega a Blanchard l'effetto che le sue barzellette hanno avuto e lui, dispiaciutissimo, scrive una lettera di scuse e la manda via fax a tutti gli uffici. Ma non basta. Qualche giorno dopo è il cappellano dell'accademia a recarsi dal comandante a protestare, seguito nei giorni successivi da un ufficiale donna e poi da una professoressa civile che insegna scienze politiche all'accademia stessa. La cosa continua a «montare» e a un certo punto da Washington arriva un'ispettrice, nientemeno che il commodoro Kathleen Donohoe che ha la carica di sovrintendere all'eguaglianza di trattamento fra uomini e donne. Ciò che la signora trova è abbastanza per aprire un'inchiesta e il passo successivo è un interrogatorio cui il capitano Blanchard viene sottoposto, preceduto dal tradizionale: «Avete il diritto di restare in silenzio e di non dire nulla che possa danneggiarvi». L'ultimo stadio è l'annuncio che gli alti gradi stanno meditando sulla possibilità di deferirlo alla Corte Marziale e lui, saputo oltretutto che il Chicago Tribune è «saltato» sulla storia e vuole pubblicare un reportage su quel caso di «sexual harassment», non regge più. Prende il vecchio Winchester, infila la canna in bocca e preme il grilletto. E' morto come pochi mesi dopo sarebbe morto l'ammiraglio Jeremy Boorda, il capo di stato maggiore della Marina, per non affrontare i cronisti di «Newsweek» che volevano intervistarlo sulle medaglie che si era appeso al petto senza averne titolo. Il «politically correct», dunque, può uccidere, dice questa storia, e non è difficile immaginare la polemica che si scatenerà su questo concetto «lanciato» da Bill Clinton quando è diventato Presidente. Da allora, infatti, l'espressione è entrata nel lessico quotidiano, chiunque parli in pubblico sta bene attento a non farsi scappare dalla bocca parole che possano «offendere» questo e quest'altro e i segni dell'insofferenza che tutto ciò provoca si possono vedere anche nei più seguiti «serial» televisivi. In una recente puntata di Mwphy Brown, quella che a suo tempo fece arrabbiare Dan Quayle decidendo di avere un figlio senza padre, Candice Bergen si è esibita nel tentativo di mettere insieme un discorso che non urtasse la suscettibilità di nessuno. Alla fine, non riusciva a dire niente. Jerry Seinfeld, il più famoso comico della Nbc, ha creato una scenetta in cui deve uscire una sera con una ragazza indiana. Sta per dire di avere prenotato il ristorante ma si blocca perché prenotazione si dice «reservation», come le riserve indiane. Sta per dire di avere acquistato i biglietti del teatro da un bagarino, ma si blocca perché bagarino si dice «scalper», cioè quello che ti leva lo scalpo. E da tempo un altro comico famoso, Bill Mahler, tiene una rubrica che si chiama Politically Incorrect, dove chiunque «finalmente può dire tutto quello che gli pare». Insomma sembra essercene abbastanza perché, a questo punto, si cominci a sentire il «soffocamento» provocato da questo «bavaglio volontario» che gli americani si sono messi. L'esempio tragico citato dal Washington Post potrebbe essere il colpo decisivo. Franco Pantarelli Bill Clinton: qui sopra Candice Bergen e il generale Boorda morto suicida per medaglie «sospette»

Luoghi citati: New York, Washington