Memorie di antichi eroi di Gian Paolo Ormezzano

Memorie di antichi eroi Memorie di antichi eroi Nel '56 il trionfo di Defilippis Gara snobbata nel '61 e nel '66 UNA delle tre volte del Tour de France a Torino è memorabile per precisione di copione^e recitazione di commedia dell'arte insieme e spettacolo di gambe e festa di cuori. Non si poteva a priori programmare di più, non si poteva lì per lì inventare di più. La tappa Gap-Torino, il 23 luglio del 1956, fu preparata bene e costruita meglio. I tre grandi colli alpini, Izoard Monginevro Sestriere, scatenarono il favorito, Charly Gaul lussemburghese piccolo e tremendo. Nella discesa dal Sestriere, con quasi cento chilometri ancora da pedalare, in quindici andarono su di lui, due erano italiani, Nino Defilippis torinese e Gastone Nencini fiorentino, il primo aveva già vinto a Pau ed a Tolosa, lo davano per favorito finale. Fece tutto la radio, disse di De¬ filippis, che a Torino veniva chiamato il Cit, il piccolino, bello e forte nel gruppo dei primi, e la gente corse allo Stadio Comunale, dove Pino Villa, un organizzatore di Novi Ligure amico di Coppi, aveva comprato i diritti della giornata. C'era la cosiddetta riunione di attesa, pedalava Fiorenzo Magni, sul prato tanto grande e grosso sport italiano di allora, Coppi col discobolo Consolini, Farina il pilota col pugile sordomuto Mario D'Agata. La gente arrivò, fece massa, non erano stati stampati abbastanza biglietti per il tutto esaurito, alla fine furono aperte le porte, stadio strapieno, sessantamila. Pino Villa quella sera dormì in un albergo di Torino su un materasso di milioni in biglietti di banca, e con gli incubi del rimorso per non avere raccolto tutto l'incasso raccoglibile. Sulla pista in terra battuta la volata fu un saggio di parapsicologia atletica. Spinto dalla folla urlante vinse quello che i francesi chiamano «enfant du pays»: Nino Defilippis fece una grande volata, passò in testa al momento giusto, all'ultima curva, rintuzzò lo scatto estremo del belga Ockers campione del mondo, del francese Bauvin «grand finisseur». Nencini fu quarto, prendendo anche lui un po' del soffio della folla. Il diciassettesimo arrivò dopo 7'21'. La bella tenera calda Italia del ciclismo di allora celebrò l'arrivo più sontuoso della storia. Il padre di Defihppis, gran pastaio, mandò agnolotti alle redazioni dei giornali cittadini. Cinque anni dopo, il 4 luglio 1961, andarono appena un duetremila allo stadio di Torino. Un giornalista francese disse: «Complimenti, i torinesi hanno capito tutto». Una tappa bruttoccia, da Grenoble, con Croix de Fer e Moncenisio, una lunga fuga di Ignolin e Busto, due francesi da poca classifica, finiti nell'ordine. Terzo a 11 ' un italiano, Brugnami. Il francese Anquetil teneva in mano troppo stretto quel Tour, dove comunque Carlesi nostrano fu secondo a 12 minuti e mezzo, beffando Gaul all'ultima tappa. Appena in duemila per la tappa della terza volta a Torino, l'8 luglio del 1966, da Briangon, scalando Monginevro, Sestriere e Colletta. Sempre il Comunale, il belga Van Springel, favorito per la volata a cinque, che sbaglia strada proprio entrando nello stadio, successo facile dell'italiano Franco Bitossi detto cuore matto, terzo un altro dei nostri, Fezzardi. Maglia gialla a Lucien Aimar, oscuro francese con origini cuneesi: avrebbe vinto il Tour, a Torino si sarebbe continuato a sospirare la tappa di dieci anni prima, forse la si sospirerà nei secoli dei secoli. Amen, o requiem. Gian Paolo Ormezzano