Le cyber meraviglie (non tropicali) di Java

Le cyber meraviglie (non tropicali) di Java Le cyber meraviglie (non tropicali) di Java Un nuovo, semplificato linguaggio di programmazione della Sun Microsystem Q UALCHE settimana fa abbiamo parlato di «network computer», il terminale Internet multimediale che presto vedremo nei laboratori, negli uffici e con ogni probabilità, in un futuro abbastanza prossimo, anche nelle nostre case. Se il network computer avrà successo, però, dovrà dividerne i meriti con Java, un'altra pietra miliare della rivoluzione tecnologica in chiave Internet in atto in questi nostri movimentati anni. L'occasione per parlare di Java è buona, anche e soprattutto perché sono appena terminati i lavori della prima conferenza «JavaOne», tenutasi a San Francisco alla fine di maggio. Il concetto di network computer è già discretamente interessante se permetterà all'utente di interagire con i documenti memorizzati sui milioni di pagine Internet, ma con Java il network computer può diventare un dispositivo altamente sofisticato, tanto quanto il «fratello maggiore» personal, se sarà azionato dagli «applets», una sorta di «programmini». Ma che cos'è Java? Bene, oltre a essere una meravigliosa isola dell'arcipelago indonesiano e il nome di un'ottima miscela di caffè, da qualche mese è anche un nuovo linguaggio di programmazione e una serie di strumenti destinati ad accrescere le potenzialità della Rete, progettato alla luce delle esperienze cibernetiche. Chissà perché i ricercatori della Sun Microsystem, che ne hanno intuito e realizzato l'idea, hanno deciso di dare questo nome a un linguaggio di programmazione? Forse facevano riferimento all'eterno desiderio di evadere da questo frastornante mondo, oppure pensavano alle opportunità che oggi la tecnologia ci offre per lavorare anche Per interagire con i dati Internet da un'isola, o forse stavano semplicemente gustando un buon caffè... Fatto sta che Internet, grazie a Java, riceverà una nuova forza rivoluzionaria la cui portata è paragonabile all'avvento dei «browser», gli strumenti di navigazione che hanno permesso anche agli utenti meno esperti di muoversi nell'universo Internet in «punta di mouse», senza necessariamente conoscere gli astrusi comandi e i linguaggi nativi dei computer più sofisticati. Java è un linguaggio di programmazione che permette la creazione di applicazioni indipendenti dalla piattaforma hardware e software. Immaginate con quale velo¬ cità potranno diffondersi le nuove intuizioni e le nuove applicazioni senza dovere ogni volta misurarsi con le difficoltà e le limitazioni legate alle compatibilità tra i diversi sistemi operativi (Windows e Win95, Apple, Unix e le sue versioni) e tra le diverse Cpu (Intel, Mips, PowerPc, Alpha). Java è un linguaggio interpretato, eseguito «al volo» da una macchina virtuale che Sun MicroSystem ha preparato per tutte le piattaforme oggi presenti sul mercato. Java ha anche un suo proprio «browser» (HotJava) che ne sfrutta al massimo le potenzialità, ma anche Netscape e Internet Explorer sono in grado di eseguire programmi Java. Java (su cui l'editore Apogeo ha appena pubblicato un libro di Tittel e Gaither) offre la possibilità di aggiungere contenuti dinamici e interattivi alle attuali pagine Internet, rendendo possibili sequenze in movimento tipo cartoni animati. Non importa se il for mato con il quale la sequenza è realizata non è «standard» non è quindi noto ai computer, ai loro sistemi operativi e ai «browser»; Java può inviare la sequenza e, insieme ad essa, anche il programma per rap presentarla. Inoltre, Java è destinato i cambiare e forse a stravolgere anche molti aspetti consolida ti dell'informatica, quell'in formatica che funziona con la vendita di pacchetti software progettati e realizzati per assolvere a precise funzioni. Java ha le caratteristiche per divenire uno strumento universale per la progettazio ne di sistemi e soluzioni. E per diventare un'architet tura normalizzatrice, un forte elemento di standardizzazio ne. Ancora una volta, basterà aspettare solo un poco, e ne vedremo delle belle. Luigi Mezzacappa In rete tra scienze e sciocchezze MULTIMEDIALITÀ', la nuova parola evocatrice di magia, è approdata ufficialmente anche su TuttoScienze. Devo ammettere di avere un atteggiamento fortemente ambivalente rispetto alla questione della multimedialità ed all'inserimento di Internet nel suo ambito. Scriveva A. R. Meo la settimana scorsa che «per multimedialità intendiamo generalmente la capacità dei calcolatori e di altri oggetti tecnologici delle stesse famiglie dei calcolatori di trattare e trasmettere in modo integrato testi, suoni, immagini, filmati». E mostrava come, in un certo senso, il termine oggi abbia assunto un significato ancora più ampio, tendendo a diventare sinonimo di «digitale». Che Internet - come i ed o molto software o altro - disponga (o stia per disporre) ampiamente di questa possibilità multimediale non v'è dubbio: basta ormai aprire una qualsiasi pagina WWW per essere mediamente colpiti dallo scintillio accattivante del suono, dell'immagine fissa o mobile, del video-clip. E allora? Allora vorrei ancora una volta richiamare l'attenzione su quella che sento come la pericolosa illusione della multimedialità: confondere cioè lo strumento con il contenuto comunicativo che esso è chiamato a veicolare (no! Il mezzo non è il messaggio!). Faccio un esempio: ci sono in commercio oggi dei CdRom che documentano visite a grandi musei del mondo: immagini ad alta definizione, un commento discreto, letto con grande maestria, l'illusione stessa della realtà virtuale. Ne ho alcuni e li apprezzo moltissimo: come pure, mitravo talvolta a paragonare la qualità tecnica, gli uni contro gli altri, a cercare di scoprire come lo strumento multimediale è stato usato o mal usato al servizio del documento che gli autori volevano offrire. Ma il punto fondamentale sono le opere d'arte che il mezzo mi consente in qualche modo di contemplare, studiare, analizzare: dal godimento estetico allo studio artistico. Se così non fosse, il mezzo mi ingannerebbe, affascinandomi con la sua lusinga tecnologica, ma tenendomi lontano dal contenuto da trasmettere. Al problema di fondo, rappresentato dalla caoticità dei documenti presenti sulla rete e del loro relativo appiattimento (in fondo un documento, poniamo, di alto valore scientifico ed una pagina di sciocchezze hanno lo stesso statuto di presenza e leggibi lità) - dall'intreccio inestricabi le, insomma, tra anarchica creatività e ricchezza informativa - si aggiunge ora sempre più il problema della modalità tecnologica con cui il messaggio viene veicolato. Ma - ovviamente - la pagina di sciocchezze resta tale anche se corredata di orpelli sofisticati. Ecco perché vorrei sottolineare an cora una volta che il nostro in teresse ha a che fare con il segnalare pagine e risorse per il loro valore di contenuto e non risente, se non marginalmente, della meraviglia dello strumento espressivo. Internet non è essenzialmente il luogo della multimedialità, così come non è una vasta biblioteca universale. E' anche tutte queste cose, ma non precipuamente questo. E' invece lo strumento ed il luogo della comunicazione e dell'incontro fra uomini, che, da sempre e comunque - e dunque anche su Internet, senza per questo mostrare troppa patologia, come anche M. Carotenuto riconosceva la settimana scorsa - cercano di incontrarsi, di trovarsi, di conoscersi, di accompagnarsi. Dove e come lo facciano è un non secondario problema del linguaggio e delle sue potenzialità espressive: l'importante è, anche su Internet, che belle e lucide parole non nascondano, sotto il loro fascino, l'orrore della vacuità e della piattezza. Silvio A. Merciai

Persone citate: Apple, Internet Explorer, Luigi Mezzacappa, M. Carotenuto, Silvio A. Merciai, Sun Microsystem, Tittel

Luoghi citati: San Francisco