Un'Italia da rianimare

LIBERI IMPk 0m FEDERALISTI EUROPEI DISCUSSIONE. Tagli, previdenza, fisco: come arrivare in Europa sani Un'Italia da rianimare La «cura» economica di Reviglio STATO sociale addio? L'Occidente si interroga. Dovunque il modello ottimistico dello Stato co I me «regolatore» delle disfunzioni di mercato è andato in crisi, e tutti tagliano. Taglia Bill Clinton, tagliano la Germania di Kohl e la Francia di Chirac. Tagliano i Paesi nordici (culla e tempio del «Welfare State») e taglia anche l'Italia. Ma con un handicap in più: di essere, nel mondo industrializzato, uno dei massimi esempi delle «disfunzioni dell'intervento pubblico» nell'economia. Uno Stato che, nel dopoguerra, ha saputo più di altri «coniugare» la scarsa qualità dei servizi pubblici con uno dei più alti tetti di pressione tributaria, un'evasione fiscale da brividi (stimata al 10% del pil, quasi 200 mila miliardi, contro il 3- 4% di Germania e Francia) a una montagna di sprechi (25-30 mila miliardi l'anno «bruciati» dalla sola burocrazia), livelli incredibili di corruzione a un debito che galoppa ormai sulle 17 cifre. Uno Stato dunque da smantellare, affidando il governo dell'economia alla pura efficienza del mercato? Franco Reviglio, professore universitario, un economista di rango che ha vissuto dall'«interno» la gestione della cosa pubblica (è stato ministro socialista delle Finanze e del Bilancio nei governi Cossiga e Amato, ha cercato di guidare da «tecnico» l'Eni negli anni della lottizzazione più vorace) rifiuta le posizioni manichee e, non condividendo i proclami secessionisti di Bossi né le rivolte fiscali del Nord-Est, preferisce la strada «più ardua»: proporre un modello generale di riforma dello Stato e dell'economia che possa portare in Europa un'Italia viva e non un Paese a pezzi. E lo fa con un bel libro (Lo Stato imperfetto. Il governo dell'economia nell'Italia che cambia, editore Rizzoli) che parte da un assioma: lo Stato non può abbando¬ nare i deboli, ma deve cambiare strada, abbandonando la ricerca continua di consenso, le manovre-tampone, le «una tantum» e tutti quegli «equilibrismi contabili» che ne hanno fatto un Paese di serie B. Lo «Stato imperfetto», spiega Reviglio, «richiede riforme strutturali che si giustificano e si legittimano assieme». Non è più possibile insomma combattere l'evasione fiscale usando armi spuntate (come i controlli a tappeto, che si sono rivelati vere e proprie «tigri di carta»), far funzionare senza riformarla in profondità una macchina tributaria (65 mila uomini) che gira su se stessa prigioniera dei condoni e dei mini-condoni, o continuare a buttare soldi a vuoto in un sistema scolastico che non riesce «neppure più a frenare la fuga» dalla scuola dell'obbligo. «Nel 1993 - nota Reviglio - la nostra spesa pubblica ha raggiunnto il massimo storico del 57,7% del pil, un livello superiore di ben sette punti alla media europea». Nella sua ricerca (500 pagine straricche di dati) Reviglio affonda anche le mani, impietosamente, sui tanti sprechi di questo Paese. Quantifica i costi del malgoverno («Ma la ricetta italiana del consenso sembra dura a morire, segno questo che l'attuale sistema politico di maggioritario "spurio" si fonda ancora sulle logiche consociative proprie del sistema proporzionale»). Fa proposte per rendere più «civili» i servizi pubblici (ma anche i loro costi). Traduce in termini economici i guasti della malasanità. Mette in guardia dalle illusioni della «trappola sociale» che costringe ancora troppi a «non cercare lavoro perché tanto, pensano, prima o poi, lo Stato provvedere anche a loro». Elogia i vantaggi di un decentramento fiscale in chiave federale europea. Lancia l'allarme su quella bomba a orologeria che si chiama previdenza (dal 1960 al 1994 la spesa previdenziale è più che triplicata, passando dal 5 al 16% del pil e, nonostante le riforme del '93, continua a crescere). Invita a cambiare strada sulle privatizzazioni («finora c'è stato un semplice trasferimento delle imprese, soprattutto banche, nelle mani dei «poteri forti», senza creare un azionariato diffuso, come invece è accaduto nel Regno Unito, dove gli azionisti sono passati da 3 a 12 milioni). Dice cne è ora di rivedere il progetto Amato sulle Fondazioni bancarie per sbloccare almeno 80 mila miliardi «congelati» e dare una sferzata di vitalità a un sistema creditizio ingessato Ma soprattutto mette in guardia il Paese da una illusione che può essere tragica: quella di pensare che esistono scorciatoie alla «via del risanamento», quali «sgravi fiscali e aumenti salariali», che vanno invece in direzione opposta. Simili misure, forti magari di un «consenso sudamericano», dopo «una effimera ripresa farebbero precipitare il sistema nei vortici dell'inflazione e del debito». E questo è il dibattito di questi giorni. Cesare Roccati Una riforma dello Stato per combattere gli sprechi, gli equilibrismi contabili senza abbandonare i deboli 1C1 fA'Tb più RlP ~*»«* mmmi LIBERI IMPk 0m FEDERALISTI EUROPEI Manifestazione contro h A destra: Amato. Sotto: Reviglio con Prodi