OLTRE LA LIRA di Alfredo Recanatesi

=1 F OLTRE LA LIRA =1 L'Europa di Ciampi e quella di Bertinotti obiettivo di entrare nell'unione monetaria europea fin dall'inizio ha connotazioni indiscutibilmente prioritarie. Il governo lo persegue seguendo le istruzioni scritte nei trattati, le quali fissano certo i ben noti parametri, ma aggiungendo anche, temperando così il meccanicistico rigore dell'aritmetica, che il loro rispetto verrà considerato alla luce della congiuntura economica. La polemica attorno all'obiettivo di un disavanzo pari al 4,5% del Pil, che il governo si è prefisso per il 1997 in luogo del 3% indicato dai trattati, dunque, non si sarebbe neppure accesa se non avesse trascurato motivazioni e ragioni di politica economica che anche nei trattati sono state considerate e se la lettura del documento di programmazione finanziaria del governo fosse stata spinta fino a dove si dice che, proprio in considerazione di questo spirito dei trattati, qualora la situazione economica dovesse migliorare, una ulteriore manovra di aggiustamento si renderà ad un tempo possibile, perché le condizioni dell'economia saranno in grado di sopportarla, e necessaria, perché non ci saranno più scuse per presentarsi con un disavanzo superiore a quello indicato. La polemica, dunque, può essere tirata per le lunghe quanto si vuole, ma nella sostanza finisce qui, anche in considerazione della circostanza che il governo, a cominciare da Prodi e Ciampi, è composto da persone ben coscienti del fatto che, se l'obiettivo verrà mancato, saranno spazzate via assieme a tutti gli attuali vertici della maggioranza politica; e poco servirà, nel malaugurato caso, l'aver eventualmente ceduto a Cofferati, a Bertinotti, o a chiunque altro. E forse è il caso di chiudere anche un'altra polemica che si è trascinata fin troppo a lungo: quella sul tasso di inflazione programmato per il '97. Il vecchio documento di programmazione del governo Dini lo aveva fissato al 3%, coerentemente col fatto che l'inflazione era allora sul 5,5-6%, il cambio della lira era ancora molto depresso e il ritmo di crescita era ancora sostenuto. Il nuovo documento, quello del governo Prodi, ha preso atto che il cambio della lira si è rafforzato, che i prezzi internazionali sono stazionari o diminuiscono, che la crescita economica è fortemente rallentata. Questi ed altri fattori, che costituiscono componenti dei costi in lire, volgono al basso, costituendo mia occasione favorevole per contenere i prezzi più di quanto precedentemente previsto. Il governo, e Ciampi in particolare, l'hanno prontamente colta. La contesa non può certo essere su questo, nessuno potendo sostenere (almeno apertamente) che una inflazione del 3 sia preferibile ad una del 2,5. La contesa sta piuttosto sul fatto se questa riduzione debba o meno essere vincolante nel rinnovo dei contratti di lavoro ancora aperti. Su questo, alcune componenti della maggioranza, ancor prima di loro il governo, ed ovviamente i sindacati, sostengono di no. Il fondamento di questo «no» è in primo luogo negli accordi di luglio, i quali pongono il tasso di inflazione programmata tra i fattori dei quali le parti si impegnano a tener conto nel rinnovare i contratti; uno dei tanti e senza alcun vincolo rigido. Sta poi nel fatto che alcuni contratti sono già stati chiusi con riferimento ad ima inflazione del 3% e non possono essere né riaperti, né privilegiati rispetto a quelli ancora da chiudere. Sta, infine, nella stessa situazione economica che consente un raffreddamento dei prezzi con la riduzione delle componenti di costo diverse da quelle del lavoro. Se questa è la situazione e queste sono le opportunità che offre; e se è vero, com'è vero, che sono trascorsi tre anni nei quali il Pil è cresciuto, ma i salari reali si sono ridotti (in buona parte del pubblico impiego si sono ridotti persino gli importi nominali), lo Stato ha conseguito un avanzo primario del 4,5% del Pil, anni nei quali la povertà si è estesa ad oltre il 10% della popolazione e la disoccupazione sempre li è rimasta, è difficile immaginare che questa situazione e queste opportunità non vengano colte non solo da un governo di centro-sinistra, ma da qualsiasi governo che non sia del tutto sordo al crescente disagio sociale ed alle sempre più evidenti sperequazioni distributive. Certamente ne deriva - come altre volte abbiamo già sottolineato - una politica diversa da quelle seguite negli anni passati. Come tutte le politiche, per quanto basate sulla logica dei fatti e delle circostanze, contiene in sé una dose di scommessa. Quella più generale è di poter conciliare l'appartenenza all'Europa con l'attenzione - almeno l'attenzione - per l'equità degli aggiustamenti che quell'appartenenza impone. La scommessa più specifica è di poter costringere l'inflazione in una dimensione europea (anche questa è una delle condizioni di Maastricht) puntando più sugli aggiustamenti strutturali del sistema economico che sulla compressione del tenore di vita delle fasce di reddito più basse. Tutti, ovviamente, possono sbagliare; anche Ciampi, che di una simile politica è sostemtore da anni. Ma è davvero difficile ipotizzare che un Ciampi metta in gioco il suo nome e il suo prestigio per rischiare scientemente il fallimento annacquando le proprie convinzioni con cedimenti nei confronti di Rifondazione, dei sindacati, o di chiunque altro. Alfredo Recanatesi es^J

Persone citate: Bertinotti, Ciampi, Cofferati, Dini, Prodi

Luoghi citati: Europa