Torna a casa navigatore creduto morto di Fabio Galvano
Londra, ha 70 anni Londra, ha 70 anni Torna a casa navigatore creduto morto LONDRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE L'oceano era stato la sua tomba, o almeno così si credeva. D'improvviso, invece, rieccolo: alla chetichella, senza luci, Les Powles è rientrato nel porto inglese di Lymington da dove era partito - solitario come sempre - per il suo terzo giro del mondo. Da mesi mancavano notizie del settantenne navigatore, tutti si erano rassegnati al peggio. Ma lui - dimagrito all'osso, affamato, gli occhi spiritati - ha una spiegazione, come se l'oceano fosse il percorso di un tram cittadino: «Avevo mancato una fermata, ho deciso di scendere a quella successiva». Era partito il 26 dicembre dalla Nuova Zelanda, per l'ultima tappa della circumnavigazione; e tutti lo aspettavano, secondo il programma, all'appuntamento con le isole Falkland, verso metà marzo. «Ma quando ho superato Capo Horn l'8 marzo - racconta le continue tempeste mi hanno impedito di avvicinarmi a Port Stanley. E allora ho deciso di tirare diritto, di puntare a Nord e di rientrare in Inghilterra». Ma senza radio - distrutta da una tremenda tempesta che lo aveva colto poco dopo la partenza dalla Nuova Zelanda, non aveva potuto dare notizie a chi seguiva la sua avventura. Il primo ad avvistarlo, mentre rientrava in porto, è stato un altro navigatore, Peter Smales: «Eravamo preoccupati per te, gli ho detto. E lui mi ha risposto: anch'io ero preoccupato per me». Il viaggio, in effetti, è stato un susseguirsi di drammatiche traversie. «Nella tempesta che ha distrutto l'antenna della radio racconta questo ex operaio della British Leyland, che dal 1975 con quella barca costruita tutta da solo aveva già fatto due giri del mondo - mi sono salvato per miracolo. Ho imbarcato molta acqua, credevo di affondare. E poi, non so come, ho preso un colpo alla testa: sono rimasto senza conoscenza per circa sei ore, con le costole rotte e una ferita alla testa che sanguinava copiosamente. Sono stato costretto a legarmi all'albero, sotto coperta, per non essere sballottato di continuo». Ma il peggio doveva ancora venire. Con una parte delle provviste alimentari rovinate dall'acqua, Les Powles ha dovuto mettersi a dieta. E la situazione è peggiorata dopo il mancato attracco alle Falkland. «Sono sopravvissuto per alcuni mesi con una razione quotidiana di un cucchiaio di fagioli, una fetta di comed beef e due cucchiai di riso». Ha perso più di 30 chili. A un certo punto gli è quasi mancata anche l'acqua. «Le mie scorte racconta - si erano ridotte a venti litri. Poi, per fortuna, sono riuscito a raccogliere molta acqua piovana grazie ai monsoni attorno all'Equatore. Che felicità poter nuovamente bere tutte le tazze di tè che volevo». Senza radio, senza luci, ha risalito l'Atlantico come il fantasma di se stesso, quando tutti ormai lo davano per morto. «Non è stato facile. Ho avuto momenti quasi di disperazione. Ma poi c'erano anche le cose belle del mare: i pesci volanti, i delfini che giocavano con la barca, i tramonti più incredibili». Con passo malfermo, dopo oltre sei mesi in mare, è gin stato a trovare gli amici che lo avevano dato per scomparso. «Essere qui - ammicca - è come essere in Paradiso». Fabio Galvano
Persone citate: Horn, Peter Smales
Luoghi citati: Falkland, Inghilterra, Londra, Nuova Zelanda
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