TEATRO & TEATRO di Masolino D'amico
=1 F TEATRO & TEATRO =1 Faust diventa fantoccio in Africa A Spoleto una truce storia polacca OSPITI. A Polverigi nelle Marche il glorioso piccolo festival locale ha fatto un bel colpo importando per due giorni Faustus in Africa!, spettacolo diretto da William Kentridge pei- la Handspring Puppet Company di Johannesburg. Questa rivisitazione del vecchio mito narrato da Goethe è parzialmente affidata a dei fantocci, come nella rappresentazione tratta dall'elisabettiano Marlowe che ispirò il genio di Weimar: fantocci i cui manovratori non si nascondono, e che interagiscono con attori - per esempio, Faust o meglio Faustus è un pupazzo a mezzobusto, un signore anziano e rugoso stranamente somigliante all'avvocato Agnelli, mentre Mefistofele è un aitante negro in carne e ossa. La scena, unica, rappresenta una specie di ufficio vittoriano, con scaffali pieni di volumi e di scartoffie che fungono anche da piccoli palcoscenici per i pupi, i quali sono alti un mezzo metro; in alto sullo sfondo c'è uno schermo, dove sono proiettati filmini di animazione, o singole immagini, o scritte, a volte di commento ironico sull'azione, a volte di proseguimento della medesima. Il testo, dell'autore africano Lesego Rampolokeng nonché di Goethe, 6 in un limpido inglese, con uso anche di versi, rime e sottolineature musicali. Si parte dalla fatidiI ca scommessa fra Mefistofele I e Dio (una vocina femminile), la cui posta è l'anima dello scienziato, desideroso di scoprire i misteri dell'universo. Firmato il patto, cominciano le peripezie del fantoccio, che Mefistofele distoglie dalle sue attività di studioso e mercante di schiavi per sciorinargli davanti le ricchezze dell'Africa. Così Faust, abbandonata Gretchen, che è un'assistente di laboratorio specializzata nella costruzione di arti artificiali per feriti di guerra, insegue avidamente la fauna nelle savane (in un'orgia di tiro a segno, abbatte numerosi animali e frantuma busti con l'effigie di pensatori dell'Occidente), saccheggia opere d'arte, profana antichi riti magici, animato da un feroce spirito colonialista la cui parodia prosegue per due ore, fino a un finale con la sarcastica assoluzione dell'orrendo personaggio, quando facendo un bilancio del tutto decidiamo che l'ammirazione per l'umorismo del testo e per l'abilità dei sette-otto attori- animatori vestiti da funzionari coloniali è temperata soltanto da una certa monotonia e ripetitività degli effetti - la seconda parte non aggiunge gran che alle liete sorprese della prima. Non c'è tempo per una considerazione del genere invece nei 60' scarsi di Klatwa (La maledizione), di Stanislaw Wyspianski, adattato dal regista Piotr Tomaszuk, al Teatro delle Sei di Spoleto fino a oggi. Wyspianski è il Grande Autore Polacco inizio secolo, famoso per «Le nozze», apologo sull'unione velleitaria di un nobile e di una contadina. Questo «Klatwa» è una truce storia di villaggio, con la popolazione che accusa della siccità il prete reo di avere un'amante e due figli dalla medesima; finché la donna non butta i rampolli in un rogo (e infatti, la pioggia arriva) prima di venire lapidata. L'allestimento del Teatr Wierszalin, in lingua originale e con un'unica ininterrotta nota come di sega circolare in sottofondo, è compatto e potente, con reminiscenze dei lavori di gruppo di Kantor: una pedana di legno, uomini scabri e superstiziosi, semplici abiti da contadini, una biondina macilenta che difende le sue creature (ima doppia scultura di legno di arte popolare), un prete bello che alla fine spegne le candele del totem, si toglie la tonaca e resta nudo nel buio. Masolino d'Amico ico^J l
Persone citate: Agnelli, Faust, Goethe, Marlowe, Piotr Tomaszuk, Stanislaw Wyspianski, William Kentridge
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