la sigaretta arma segreta di Clinton

Il Presidente attacca l'avversario repubblicano: vi hanno pagato per boicottare le restrizioni Il Presidente attacca l'avversario repubblicano: vi hanno pagato per boicottare le restrizioni la sigaretta, arma segreta di Clinton Guerra delfumo con Dole NEW YORK NOSTRO SERVIZIO Da giorni la «guerra del tabacco» era nell'aria. Si sentiva lo strofinio delle spade che venivano affilate, qualche sporadica cannonata rimbombava, si vedevano le truppe ammassarsi e prendere posizione nei rispettivi campi ma la battaglia vera e propria stentava a scoppiare. Uno dei contendenti, Bill Clinton, era infatti riluttante a dare il «via». Robert Dole, il suo avversario repubblicano alle elezioni di novembre, aveva avuto una «scivolata» che coi tempi che corrono poteva costargli cara: aveva detto di non essere sicuro che la nicotina faccia così male come si dice e bisognerebbe piantarla di accanirsi contro le industrie del tabacco. E quando Everett Coop, il responsabile della Sanità durante le amministrazioni Reagan e Bush, lo aveva accusato di «abissale ignoranza» e di «cieco sostegno» alle suddette industrie, lui aveva risposto che Coop, repubblicano e conservatore, si era fatto «lavare il cervello dai liberal». Da allora, un militante democratico aveva preso a «vestirsi da sigaretta» (cioè a mettersi addosso un grande tubo bianco) e a seguire Dole dovunque andasse. Ma Clinton continuava a esitare. Perché, Presidente?, continuavano a chiedergli i suoi uomini. Noi siamo a posto, abbiamo le carte in regola. Una volta che la guerra comincia siamo noi ad avere tutto da guadagnare ed è Robert Dole ad avere invece tutto da perdere. Chi se non questa amministrazione ha dato alla guerra contro il fumo l'impulso decisivo? Chi se non il nostro dipartimento della Giustizia ha cominciato le indagini a tappeto sulla grande industria del tabacco che per anni ha «sottorappresentato» i pericoli della nicotina? Chi se non la First Lady ha bandito le sigarette dalla Casa Bianca non appena vi ha messo piede? Clinton li ascoltava, ma poi rimandava perché sapeva che in fatto di «contributi» da parte dell'industria del tabacco i democratici ' non sono perfettamente «puliti» e temeva l'effetto boomerang. Nel momento in cui la stampa si mette a indagare, diceva ai suoi uomini, scopre la montagna di soldi che la Philip Morris e le altre compagnie hanno dato ai repubblicani, ma scopre anche la montagna di soldi che hanno dato a noi. E l'ultima cosa di cui abbiamo bisogno, in questa elezione, è il diffondersi ancora di più del sentimento che «i politici sono tutti uguali». E' da quello che abbiamo tutto da perdere. Così, per un po' di giorni i «rumori di guerra» erano stati incombenti ma remoti, tenuti a distanza dalle esitazioni presidenziali. Poi, di colpo, ecco che ieri Clinton rompe gli indugi a parte all'attacco. In una conferenza stampa, accusa direttamente i repubblicani di avere attivamente operato per boicottare le misure restrittive nei confronti del fumo. A chi gli fa notare che anche i democratici hanno avuto soldi, lui risponde con sicurezza che «quello che conta è se i soldi influiscono sull'atteggiamento concreto», intendendo che i democratici hanno preso i soldi, ma poi se ne sono dimenticati mentre i repubblicani hanno dato un «seguito» alla cosa, aiutando l'industria del fumo. Gli chiedono di fornire delle prove di ciò che sta dicendo, lui lascia le cose nel vago perché non è «presidenziale» mettersi a polemizzare in dettaglio, ma quando con il suo «thank you» la conferenza stampa finisce i suoi portavoce sono lì pronti a fornire ai giornalisti tutti i dati necessari a sostenere le sue accuse. Che cos'è che lo ha reso di colpo così risoluto? Seppure sottovoce, alla Casa Bianca indicano un editoriale del «New York Times» uscito proprio il 4 di luglio, l'Independence Day. Il giornale, che nella crocia- ta contro il fumo è all'avanguardia (nel suo palazzo di Times Square la sigaretta è bandita e quelli che ogni tanto escono a farsene una sul marciapiede vengono guardati male), attaccava senza misericordia Robert Dole, spiegava per filo e per segno che le accuse di «cieco sostegno» all'industria del tabacco erano tutt'altro che infondate e concludeva: «Se Dole sta cercando il modo di distinguersi da Clinton farebbe bene a cercare qualcos'altro. Sul fumo è Clinton ad avere le carte migliori». Era il «la» che il Presidente aspettava. Fatto qualche conto, scopre che nel 1995 i democratici hanno ricevuto dagli industriali del tabacco poco meno di 80.000 dollari, mentre i repubblicani hanno avuto oltre 2 milioni. Che i democratici non hanno mai apertamente aiutato quell'industria mentre il governatore del Texas, George Bush jr., ha messo il veto alle restrizioni anti-fumo in quello Stato, dopo che il Presidente del patito repubblicano, Haley Barbour, gli aveva telefonato. Allora è vero che siamo puliti, si è detto con sorpresa Clinton. Ed è partito per questa guerra. A novembre, si voterà anche sul fumo. Franco Pantarelli Anche i democratici hanno avuto danaro dalla Philip Morris Ma soltanto 80 mila dollari contro i due milioni all'opposizione PERCENTUALE DEI FUMATORI SUL TOTALE DELLA POPOLAZIONE (260 MILIONI DI ABITANTI) PREZZI IN SALITA rr co 3000 2400 1800 1200 £ s5 CO §4 CO1: CO 0_ 1983 rT> ^ ■ Media sr~- i il ! dei prezzi | \ ;\ della vendita al minuto dei pacchetti di sigarette ili lite 1994 DATI BUSINESS WEEK m co ss LO in CM in e e i a l el o e il e o, o li e a a nK Bill Clinton ha esitato a lungo a lanciare il suo attacco temendo che diventasse un boomerang, ma poi il «New York Times» lo ha incoraggiato scrivendo che sul fumo «ha le carte in regola» Robert Dole ha difeso l'industria del tabacco; «Non sono sicuro che la nicotina faccia poi così male»

Luoghi citati: New York, Texas