L'irreversibile gioco che porta all'ecatombe di Paolo Guzzanti

L'irreversibile gioco che porta all'ecatombe L'irreversibile gioco che porta all'ecatombe ' IGIO non era il mio gatto: era un certosino un po' ombroso di due miei amici carissimi. Toccò a me, per circostanze che non ricordo, portarlo dal veterinario, malato di cancro senza speranza, affinché lo sopprimesse. Il medico gli praticò una iniezione e mi consigliò di tornare dopo un po': «E' ancora vivo», mi sussurrò soddisfatto, «ma se ne sta andando. Già non sente nulla: potrei segarlo in due senza fargli provare dolore». Una osservazione cruda e crudele con cui forse il medico voleva magnificare il suo farmaco. Da allora, nel gergo, la pozione iniettata al gatto ricevette il nome fantasioso di Thanatol. La storia mi è tornata in mente adesso, mentre mi trovo a Darwin in Australia dove il dottor Philip Nitschke si prepara a somministrare l'iniezione letale al tassista Mr. Bill e a una signora con i capelli corti e il cancro al seno. Anche la mia amica padrona del gatto Gigio aveva i capelli corti e un cancro al seno: morì nei giorni in cui saltò la centrale di Cernobil. Era atea, di sinistra e l'ultimo film che vide a letto fu «La mia Africa». Sapeva di essere alla fine, soffrì, ma non chiese per sé quel che aveva chiesto per il suo gatto. Mi confidò: «Ho paura. Ma va fatto anche questo e lo faremo». Intendeva: affrontare la morte con compostezza e discrezione. Prima di vedere il dottor Nitschke nel suo studio, sobborgo industriale di Palmerstone ho pensato che fosse interessante annotare su questa rubrica quel che penso del Thanatol applicato all'uomo, così da poter meglio separare la cronaca dalle opinioni di principio. E poter anche compiere un esperimento su me stesso: vedere, più tardi, se le mie convinzioni in materia reggeranno alla prova dei fatti. Devo dunque dire perché sono istintivamente diffidente nei confronti della legalizzazione dell'eutanasia e del suicidio assistito: lo sono perché mi sembra impossibile sfuggire alle conseguenze della prima uccisione legale di un malato I consenziente. E la previsioI ne, tragicamente ovvia, è che, abbattuto con l'ariete dei casi esemplari il tabù della morte somministrata come cura, questa pratica diventerà estesa e la memoria della sua enormità originaria andrà dispersa. La normalità diventerà routine e poi pratica di massa. E non potrà che trovare espansioni ed estensioni. Sarà un cammino irreversibile che renderà comune, banale e quotidiano l'impiego del Thanatol, iniettato, salve le forme e i formulari, su chiunque abbia il fiato della morte sul collo, pochi soldi in tasca e parenti sbrigativi. Prevedo ragionevolmente un'ecatombe di vecchi odiosi e sudici, costosi e confusi. Seguiranno poi gli altri: i residui rottami disperati e sofferenti pronti a ricevere con collaborativa misericordia il mistero dell'Euf/icnasia somministrato secondo una legalizzata liturgia, Mozart di sottofondo o forse Mahler, lo psicologo della buona morte che reggerà la mano del malato leggendo i salmi della legislazione versetto per versetto, articolo per articolo. Certo, occorrerà il consenso del morituro, ma per renderlo gradevole e non rifiutabile sono previsti interessanti gadgets e il gioco dell'ultima partita come nelle novelle diaboliche: la morte come gioco estremo, fai clic sull'ultimo Ok e tutto sarà finito, povero caro, e finirà questo strazio anche per noi che abbiamo tanto, tanto da fare. Vedo l'estinguendo, vestito a festa, condotto dal Buon Veterinario (le pratiche già svolte, rimborsi dell'Inps compresi) e lì, dopo poco, l'officiante annuncerà il mistero: già non sente più nulla, ma state tranquilli. Non lo segheremo in due: conosciamo la differenza fra vostro nonno e un gatto comune. Paolo Guzzanti nti |

Persone citate: Mahler, Mozart, Nitschke, Philip Nitschke

Luoghi citati: Africa, Australia