«Le poesie Sono marionette» di Osvaldo GuerrieriGuido Ceronetti

«Le poesie? Sono marionette» Intervista con lo scrittore mentre il Festival di Asti gli rende omaggio con un trittico teatrale «Le poesie? Sono marionette» E Ceronetti le fa rivivere "pT] TORINO I 1 UIDO Ceronetti regista? I Mai visto niente di più l¥ soave. Se ne sta seduto " 1 su una di quelle antiquate poltroncine di legno del teatro Araldo con la quieta eccitazione di chi aspetta il compiersi di un prodigio. Davanti a lui, e poco più su del suo naso, il palcoscenico sembra essere stato conquistato dal Caos. Ma è quel Caos che somiglia alla follia di Amleto: infatti vi si riconoscono le tracce di un metodo. C'è un manichino rivestito di stracci; un paio di ombrelli cinesi sono abbandonati aperti sul piancito; un mezzo busto femminile è stato abbigliato con reggiseno e cappello rigorosamente neri; uno dei due paraventi è decorato con le immagini di una città orientale irta di minareti; le sedie sono colorate di bianco e di rosso; sul fondo, appesi alle cordicelle come le lenzuola nei vicoli di Napoli, c'è una parata di stracci e di manifesti. Questa Babele visiva è la scatola dentro la quale Ceronetti prova Per un pugno di yogurt, lo spettacolo di poesia prodotto dal Teatro dell'Angolo che andrà in scena lunedì e martedì alle ore 21 nella sala Pastrone per il festival di Asti. Ne sono interpreti Manuela Tamietti, Alessandro Pisci e Luigina Dagostino: tre attori giovani e bravi, che affrontano la prova con scrupolo, ma senza privarsi di quella giocosità ironica che rende sopportabili tutte le fatiche della ripetitività. In attesa del via, la Tamietti e la Dagostino «ripassano» i celebri versicoli di Ungaretti «Si sta / come d'autunno / sugli alberi / le foglie». E provocano il primo crack interiore. Quelle parole che credevamo posate sulla fragile balaustrata della provvisorietà arrivano col ritmo e la giocosità di una filastrocca. Ricor¬ date, per esempio, «fai un salto, fanne un altro, fai la riverenza...»? Ecco, in quel modo lì, con le mani dell'una che vanno a battere sulle mani dell'altra, e con le voci che, gradualmente, abbandonano la parola e si l'anno canto. Che cos'è, una rasoiata di dileggio? Piuttosto, un modo di resuscitare i morti. Dice Ceronetti: «I versi sono come le marionette. Si trovano disanimati al museo, noi li prendiamo e li animiamo». Per un pugno di yogurt è spettacolo (non lettura) di sola poesia novecentesca. Vi si recitano Kavaf'is, Apolli- naire, Montale, Tessa, Machado, Saba, Gayuk, Pavese, Seferis, Dòblin, Merini, Sironi, Artaud, Hernàndez, Cvetaeva, oltre allo stesso Ceronetti e al citato Ungaretti. Ma recitare, in questo caso, implica un rovesciamento dei vizi e delle consuetudini che hanno conficcato radici durissime nel Teatro italiano. Ceronetti spiega: «Mi sono chiesto più volte come dire la poesia. Si fa molto, in giro, e in modo disastroso. Soprattutto non si crea il fatto teatrale. Questo è il mio tentativo: cerco di animare questi testi come fossero un teatro di marionette, amandoli e immolandoli sulla scena, non dissacrando ma riconsacrando». Avverte che «i testi hanno molte vite e la parola è un prisma dalle molte facce». La compiutezza di un testo poetico, poi, «richiede un prolungamento d'indefinito». Lui, per la prima volta, si allontana dalle marionette, ma resta nei paraggi, perché, a pensarci, le parole dei poeti sono come le marionette, anzi i testi sono le marionette e l'attore le vitalizza a vista. «Io sono così marionettista, da poter fare a meno della marionetta». Già, la marionetta: cardine di un esercizio teatrale che per Ceronetti è un balsamo. «Il teatro mi svelena dallo scrivere e io non scrivo più testi teatrali, se non in casi eccezionali. Da anni non faccio più teatro di parole. Perché meno ce n'è, di parole, meglio è». Ma com'è nato questo amore? «Come divertimento interno, facendo gli spettacoli in casa mia. Niente vocazione di San Matteo, per carità. Però l'ho preso sul serio». E perché lo fa? «Per filantropia. Il mio teatro è auto-filantropico e filantropico tout-court. E' un'auto-medicazione. Faccio del bene, anche se gli altri non lo sanno: gli bendo la ferita inconscia». Perché proprio le marionette? «Consentono una libertà assoluta. Ciò che si cerca di estrarre dal corpo dell'attore, con la marionetta insufflata, animata, non è più una fatica». La sua marionetta è cambiata negli anni. ((All'inizio conservava un po' di psicologia. Poi è nata la ideofora, che è marionetta pura». Adesso, con questo spettacolo, la marionetta sparisce. «Sì, ma non c'è iato, è sempre quello stesso teatro, anche se fa a meno della baracca. L'attore era presente pure prima, come animatore. Vorrei dire che in Per un pugno di yogurt la marionetta esiste in quanto assente». Alessandro Pisci recita La casa dei doganieri a una Manuela Tamietti che finge di leggere dritta e immobile un giornale, mentre Luigina Dàgostino la benda con un rotolo di carta igienica dai piedi alla testa, fino a trasformarla in una mummia. Pisci recita «come un salumiere» e l'effetto è irresistibile. Ceronetti commenta che questa poesia 1 «si p\iò fare in cosi tanti modi, da i esserne rapiti». E ricorda: «La feci davanti a Montale, quando lo invitai a vedere La Jena di San Giorgio. Lui vide lo spettacolo molto malvolentieri, perché gli avevano impedito di fumare. Rimase seccato tutto il tempo. E quando gli presentai La casa dei doganieri in quel modo... Eppure era un omaggio a lui». Nonostante l'incidente, fra i due nacque un'amicizia. «Con gli altri l'amicizia si rafforzava mediante gli spettacoli. Con Montale, nonostante)). Ceronetti volta la testa e ridacchia. Forse pensa che quella volta fu davvero grandiosa. Ridacchia muto, come sa fare soltanto Jeremy Cassandri, che è il suo doppio teatrale, l'alter ego capace di distillare i più soavi fra i veleni. Osvaldo Guerrieri Guido Ceronetti, ultimo a destra, insieme ai suoi attori di «Per un pugno di yogurt»

Luoghi citati: Asti, Napoli, Torino