Sere stellate di Beethoven di Giorgio Pestelli

La rivincita dei «Lieder» La rivincita dei «Lieder» Sere stellate di Beethoven ESISTERÀ' davvero un Beethoven «minore»? o non si tratterà di un nostro difetto di conoscenza le confidenza? Il dubbio torna in mente leggendo questo bel libretto di Giulia Giachin. I Lieder di Beethoven (Edizioni dell'Orso), scritto con il proposito di renderci famigliare uno dei settori meno divulgati del compositore più divulgato del mondo: nei concerti pubblici i suoi Lieder si sentono molto poco e nemmeno nei dischi hanno grande fortuna; salvo errore, ne esiste un'unica incisione ed completa (baritono Hermann Prey); solo il settore delle Cantate corali vive ancora più dimenticato nel grande universo beethoveniano. La Giachin parte senza trombe e tamburi, con il compito umile di commentare una composizione dopo l'altra, previo un necessario sguardo storico sul genere Lied; non vuole scoprire, contraddire o rivoltare; e tuttavia, un passo dopo l'altro, un panorama si allarga, si delineano connessioni e caratteri, prendono rilievo nodi del gusto e del pensiero musicale. Ad esempio: sempre, a proposito di Beethoven, capita discutere di classico e romantico, annodati nella sua opera: ma se c'è un settore in cui quella diade vive e fermenta nel suo terreno naturale, è proprio quello del Lied e l'ambivalenza di Beethoven è detta dalla Giachin con parole non si potrebbe più chiare: «Nelle poesie d'ispirazione classicista, la musica di Beethoven ingigantisce gli scarsi elementi d'inquietudine connessi con la nuova sensibilità, mentre nei testi d'impronta già nettamente romantica (...) la musica riconduce un equilibrio classico, umanistico, eludendo le insidie di eccessi malinconici o nostalgici». Caso esemplare un Lied del 1820 qui opportunamente rivendicato contro la generale dimenticanza: il «Canto della sera sotto il cielo stellato», su versi di Heinrich Goeble che sono già un romantico «inno alla notte»; ma Beethoven vi aderisce con una intonazione da illuminista, strofica, chiara come le formule di una iniziazione. L'intero corpus dei Lieder è studiato secondo la convenuta divisione in tre episodi: «Iuvenilia» dal 1783 al 1797, opere della maturità (1798-1813), ultimo pe- Ludwig van Bee oven riodo dal 1814 al 1823; ma anche qui, proprio nei Lieder, gli incroci e le sovrapposizioni entro i «tre stili» del compositore sono più visibili, più indicativi che altrove. Culmine è il ciclo di sei canti ((All'amata lontana» del 1816, che è anche l'unica raccolta che oggi goda di larga notorietà; dopo il 1816, negli ultimi dieci anni, Beethoven non scrive quasi più nulla nel genere del canto da camera, e per le stesse ragioni per cui più nulla segue all'op. Ili, al Quinto Concerto per pianoforte, al Trio dell'Arciduca, alla Sonata per violino op. 96: con ancora molti anni davanti a sé, Beethoven capisce che quelle opere hanno portato all'esaurimento le strutture in cui si sono rappresentate e non se la sente di far fare alla retorica il lavoro dell'ispirazione; in qualche modo abbandona quelle forme alle generazioni successive, le quali proprio nel Lied, più che in sinfonie, sonate e quartetti dove poco restava da riscuotere, moltiplicheranno le rendite del patrimonio beethoveniano. Innamorata del proprio tema, l'autrice è condotta ad un certo punto (ma è l'unico punto) ad esagerare la portata delle musiche che ha per le mani: che la privatezza del genere liederistico consenta a Beethoven di «essere finalmente se stesso», e a noi di cogliere la «complessità della sua natura e dei suoi atteggiamenti interiori», sono senza dùbbio cose condivisibili: ma a patto di concordare che il laboratorio primario e quasi unico di quella presa di coscienza restano le Sonate per pianoforte solo. Piuttosto, inclinazioni e preferenze personali convalidano scelte, commenti e sottolineature critiche: attorno ai sei Lieder op. 48 su testi spirituali di Gellert, la Giachin scrive pagine fra le più sentite, illuminanti per penetrare il sigillato rigore di quelle composizioni. Un motivo secondario che percorre il libro accrescendone il valore è poi la cura con cui sono presi in considerazione i «poeti» musicati via via; anche di secondo o terzo piano, o sconosciuti affatto; ma utili al quadro storico, come del resto il fitto ricorso alle recensioni dei giornali tedeschi del tempo. Giorgio Pestelli Ludwig van Beethoven

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