Golia gigante della caricatura di Bruno Quaranta

Guido Gozzano lo immortalò: «E' una cosa spaventosa» Torino rende omaggio a Eugenio Colmo, grazie al suo allievo Giugiaro Golia, gigante della caricatura Testimone di una società borghese e delle sue paure TORINO I 1 OLIA diviso in tre parti. I Alla Farnija Turineisa di I ¥ via Po l'omaggio al pittore, " 1 con finestre fotografiche aperte su Garessio, il paese materno, il rifugio estivo; alla Biblioteca Nazionale il sipario alzato sulla grafica; al Foyer del Teatro Regio le figure orientaleggianti che conducono nella cuna del mondo, intonate a Madama Butterfly. Riappare Golia, al secolo Eugenio Colmo, ovvero il novecentesco re della caricatura sotto la Mole. Nato nel 1885, scomparso nel 1967, sospeso fra liberty, belle epoque, soffice crepuscolarismo. Il testimone di una società borghese che teme gli orizzonti troppo vasti, ma non esita a scendere nella trincea del dovere, non lesina energie per obbedire alla necessità di fare bella figura. Un signore di buona famiglia, ancorché «corretto» dalla giovanile scapigliatura, un Novello subalpino, una «lametta» che discende per li rami tedeschi, «dalla elegantissima scuola di Monaco - come delucidò Gec, Enrico Gianeri, altra maiuscola, indigena matita -, sorta nel "Kneipe Simplicissimus"», due i dioscuri: Theodor Thomas Heine e Olaf Gulbransson. Giorgetto Giugiaro, il designer optimus allievo di Golia, ha volu¬ to che questo viaggio nel tempo perduto (fino al 10 luglio) ruotasse intorno a un Adamo, a un volto, riprodotto su cartoline e locandine, «molto forte, coraggioso, un aspetto poco evidenziato dell'arte del Maestro». Una scelta che simboleggia l'invito a leggere (o rileggere) l'acuminato gentiluomo con lenti non curve sul villaggio antico, non oleografiche. Ma non sarebbe stato ovvio magari solo più «semplice» - cominciare o ricominciare il discorso prò Golia muovendo da Gozzano, compagno di ginnasio al Cavour, reinventato in un «foglio» ormai classico: una nuvola di capelli, il naso vasto, lo sguardo forse corrucciato, forse compito, forse beffardo. Un ritratto che il poeta non mancò di ricambiare: «...una cosa che ricorda Don Chisciotte, Dante, Fra Girolamo Savonarola, Pinocchio, la mummia di Ramsete HI, il mio amico Golia: una cosa spaventosa...». Golia-Gozzano: insieme, spriz¬ zando scintille goliardiche, a scuola, a Garessio («Soggiorno delizioso e amabilissima la società rievocherà il cantore di Nonna Speranza - : recite, lawntennis, escursioni»), sulle pagine di Numero, ebdomadario satirico fondato nel 1914, tra le firme Sergio Tofano e Marcello Dudovich, Enrico Sacchetti e Giulio Boetti. Prima, Golia aveva collaborato al Pasquino (lasciando affiorare umori antigiolittiani, che nutriranno la scelta interventista), quindi, finita la guerra, tramontato Numero, si darà ulteriori sfide o ne affinerà di appena abbozzate o di già felicemente onorate. Dalla moda (i figurini dopo le tavole per La Donna) alla ceramica (nel 1925, al Grand Palais di Parigi, mostra internazionale delle arti decorative, la consacrazione). Dai manifesti (la maschera veneziana per Gancia, il cinesino di RattiBerry - «la lunette parfaite» -, il Padreterno della poltrona Frau) alle fiabe (come - riecco Gozzano - le illustrazioni di La principessa si sposa). Tragico l'avvio degli Anni Quaranta: muore la moglie, Lia Tregnaghi, lo studio di corso Galileo Ferraris (dove ora nascono i giardini di Ettore Fico) viene distrutto nel corso di un bombardamento, non un'opera si salva. Le seconde nozze (con Alda Besso, conosciuta alla Gazzetta del Popolo) e il varo di una scuola frequentata anche da Giorgio Cavallo lo aiuteranno via via a ritrovare la serenità. La pittura segnerà la parabola ultima di Golia: visi e ancora visi, come il carboncino e tempera «La torinese», impeccabile nasino all'insù; come «Suor Chiara» del '59, che rinvia a un racconto di Giacomo Debenedetti o alla novizia di Arpino; come «Il barbone», custode di una possibile felicità; come le Madonne che dominano le estreme stagioni. Forse, lungo la via del rifugio, gli sarà stato di conforto l'amico Gozzano: «Verrà da sé la cosa / vera chiamata Morte: / che giova ansimar forte / per l'erta faticosa?». Bruno Quaranta Guido Gozzano lo immortalò: «E' una cosa spaventosa» Due disegni di Golia

Luoghi citati: Arpino, Garessio, Gozzano, Parigi, Torino