« Una decisione sofferta »

« L'ADDIO DELLO STILISTA « Una decisione sofferta » «E' stato magnifico, ma avevo troppi impegni» FPARIGI ERRE' sta lavorando senza sosta alla sua collezione di alta moda che presenterà lunedì pomeriggio a stampa e compratori. Ma questa è l'ultima volta che lo stilista crea la couture per Dior. Fra una prova e l'altra l'architetto racconta come è avvenuta la rottura con la maison e ricorda i successi di questi otto anni trascorsi a reinventare un'eleganza che si era persa nel tempo. «La decisione di lasciare - dice Gianfranco Ferrè, tradendo una certa emozione - l'ho presa dopo aver riflettuto molto e dopo lunghi incontri con il presidente Francois Baufumé. Ma avevo già scelto sei mesi fa. Devo dedicarmi di più ai miei impegni. Ho 52 anni e molte responsabilità, molti doveri nei confronti della mia impresa. Recentemente ho lanciato nuove linee, quella di jeans prodotta da Ittierre e la Gieffeeffe per i giovani, realizzata da Marzotto. La Ferrè (1100 miliardi di fatturato indotto, ndr) comprende sette collezioni e ha 400 punti vendita sparsi nel mondo. Ma è in ulteriore espansione, quindi richiede tutto il mio tempo. Per il prossimo anno ho grandi progetti negli Stati Uniti dove aprirò nuove boutique». «Per Dior dovevo venire a Parigi almeno due volte la settima¬ na. Anche se fisicamente tutto questo non mi pesava, non poteva durare in etemo. E' st ata una magnifica avventura, carica di emozioni, avrò sicuramente nostalgia di questo periodo». Quali i ricordi più belli? «Uno è legato a Marguerite Carré, l'anziana assistente di monsieur Dior, un'elegantissima signora ottantenne che gli è stata vicino fino alla morte. Mi emozionò quando venne alla prima sfilata per dirmi che era bellissima. Ma, soprattutto, che ero stato capace di esaltare lo spirito di Dior cogliendone il meglio. Poi mi inorgoglì il commento di Janie Samet, la critica di moda del "Figaro". Janie mi confidò che già vedendo il primo vestito capì che ero l'uomo giusto per ridare smalto alla griffe». Quale donna le ha dato più soddisfazione vestire? «Madame Clurac che volle indossare i miei abiti subito dopo che suo marito fu eletto presidente». Che tipo di impronta ha dato Ferrè a Dior? «Sintetizzare è difficile. Per esempio il tailleur di lusso ristudiato nella vestibilità con accorgimenti tecnologici, ma anche certe lavorazioni intrecciate, come quelle che si vedono nelle sedie di paglia. Queste ultime le ho riproposte anche sulla pelle della borsetta che porta Lady D. Infine il simbolo dell'ape ritrovato attraverso lunghe ricerche fra i vecchi tessuti d'arredamento». Le lavoranti come hanno accolto la notizia che lei lasciava la maison? «Erano commosse almeno quanto me. Mi adorano. Avevamo stabilito un ottimo rapporto di reciproco rispetto, ma anche di simpatia. I primi tempi non è stato facile immergermi nella realtà dell'atelier. Ma qui a Parigi ho imparato a rispettare le gerarchie ira gli artigiani, certi rituali. E ho anche affinato la discrezione. I nomi delle clienti dell'alta moda, le loro misure, pregi e difetti sono racchiusi in un libro segreto a cui nessuno ha accesso. Abiti per matrimoni e ricevimenti ne abbiamo fatti un'infinità. Senza mai svelare per chi. Di mio ho portato l'organizzazione milanese, forse frenetica ma efficace. E mi fa piacere che la Dior sia soddisfatta dei risultati ottenuti», [a. ama.] A sinistra, uno degli ultimi modelli disegnati da Ferré per Dior e che verranno presentati lunedì a Parigi. A fianco, lo stilista baciato da una modella e sopra la moglie di Chirac

Persone citate: Chirac, Ferrè, Ferré, Francois Baufumé, Gianfranco Ferrè, Marguerite Carré

Luoghi citati: Marzotto, Parigi, Stati Uniti