Ferré divorzia da Parigi

Separazione consensuale, ma si parla di invidie da parte francese Separazione consensuale, ma si parla di invidie da parte francese Ferré divorzia da Parigi Non disegnerà più i vestiti per Dior PARIGI. Fine di un matrimonio. Ferré e Dior si lasciano. Di comune accordo, come capita nelle moderne famiglie allargate. Senza litigi o ripicche. Dopo otto anni di collaborazione, Gianfranco Ferrè abbandona la maison francese. L' annuncio è stato dato ieri mattina dal presidente della Dior Couture, Francois Baufumé, e da Gianfranco Ferrè, che continuerà a essere il disegnatore della griffe fino alla fine dell' anno. Preparerà - oltre alla collezione d'alta moda che sfilerà lunedì a Parigi - quella del prèt-àporter di ottobre. Ragione del divorzio? Le due case hanno grandi obiettivi di espansione e Ferrè non può dedicarsi su entrambe i fronti più di quanto già non faccia. Alcune voci invece sostengono che il mancato rinnovo del contratto dipenda dal fatto che i parigini mal sopportino la presenza di un italiano nella più grande maison transalpina. Lo sciovinismo francese è una realtà. Messa ulteriomente a dura prova in questi giorni da Ferragamo che ha acquistato la Ungaro per 60 miliardi. Non si era mai visto che un gruppo del made in Italy comperasse una griffe francese. La domanda oggi è: chi sostituirà Ferrè? Mistero. I pettegolezzi sull'erede al trono comunque abbondano. Si parla di Lacroix, che ieri ha inviato al collega una lettera di due pagine colma di stima e affetto, ma anche di dispiacere. I favoriti sembrano essere due yankee: Anna Sui e Marc Jacob (prodotti in Italia da Gilmar). I ben informati sostengono che, se la scelta cadesse su uno di loro, Dior avrebbe ai sui piedi tutta la stampa americana. Difficile capire che cosa ha in testa Bernard Arnauld. Il presidente del gruppo Lvmh - a cui fanno capo oltre a Dior, Vuitton, Kenzo e Givenchy - non è nuovo ai colpi di testa. Lo ha dimostrato di recente. E' stato lui, la scorsa stagione, a sostitire l'anziano Hubert de Givenchy con l'improbabile John Galliano. Gianfranco Ferrè aveva cominciato la sua collaborazione con la maison parigina nel 1989, dopo avere presentato a Roma - durante le sfilate di alta moda - una straordinaria collezione. Ieri, nel momento dell'addio l'architetto sembrava commosso. Quando accettò l'incarico da Dior, l'immagine della griffe era appannata, impolverata da ricordi stantii del tempo che fu. Toccò a lui recuperare in chiave moderna quel prestigio che la rese grande nel '47. Cioè quando Christian Dior, finita la guerra, con i suoi abiti gonfi e avvitati che scoprivano le ginocchia, restituì alle donne il piacere della femminilità. Dopo tanto militar look le signore riconquistarono lo charme attraverso un guardaroba battezzato dai giornali americani «New Look». Nell'atelier Dior lavoravano senza sosta 1000 operaie per realizzare soltanto con tre macchine da cucire - sublimi vestiti a regine del cinema quali Ava Gardner, Grace Kelly, Rita Hayworth, Marlene Dietrich. Fra le potenti venticinquemila lady che potevano vestirsi Dior non mancavano Margareth d'Inghilterra, la duchessa di Windsor e Soraja. Il successo però durò soltanto 10 anni. Giusto il tempo di ridare alla couture francese il suo prestigio internazionale. Dior morì nel 1957. Dopo incominciò un lento declino a cui pose fine Ferrè riorganizzando da capo a piedi la maison. Dal 1990 ogni anno la griffe ha infatti registrato un aumento del 15%. Ora la cifra d'affari per la moda è di 4 miliardi di franchi (1200 miliardi di lire), mentre sfiora i 5 miliardi per il profumo. Antonella Ama pane Con lui il volume d'affari era cresciuto Al suo posto forse due americani

Luoghi citati: Gilmar, Inghilterra, Italia, Parigi, Roma