Cento candidati per Viale Mazzini

Cento candidati per Viale Mazzini Cento candidati per Viale Mazzini Agnes: ipolitici rovina dell'azienda I BOIARDI E LA TV NAPOLI ELLA buvette di Montecitorio arriva il neo-amministratore delegato dell'Enel, Franco Tato, in compagnia del presidente, Chicco Testa, che grazie all'esperienza passata di deputato pidiessino si improvvisa nel ruolo di Cicerone. Ma gira che ti rigira davanti ad un tè freddo e ad un caffè la discussione finisce sulle nomine Rai, dato che in Italia tutti sono candidati a salire sul cavallo di bronzo di viale Mazzini. «Se mi volevano lì? Non lo so - racconta Tato -, ma mi è andata bene così. L'Enel è una bella azienda eppoi da quelle parti c'è confusione». L'argomento, ovviamente, solletica anche il suo accompagnatore, Chicco Testa. Ma come sempre avviene quando si parla di Rai il primo «grand commis» di Stato che viene dalla Quercia abbassa la voce. «Non so - spiega il presidente dell'Enel - cosa farà D'Alema. Dice che ha un asso nella manica, ma non so se l'ha già giocato con quella storia dell'amministratore unico. Se pensava a Lorenzo Necci per quel posto? Non credo che gli sia molto simpatico. C'è un certo tipo di gente che lui considera fuffa. Gente con cui parla, che gli fa favori ma che non lo convince». Alt. Fermi tutti. Congiure e colpi bassi valgono tutti. Stanno facendo le nomine Rai, cioè stanno disegnando la nuova nomenklatura di un'azienda che è la fotografia esatta di questo Paese: è la sentina di tutti i mali e i vizi italiani, ma è anche l'oscuro oggetto del desiderio di quel mondo tra politica, economia e cultura che rappresenta la classe dirigente. Lì, nel palazzo di vetro che domina gli edifici albertini di Prati sono partite carriere fulminanti come quella di Fabiano Fabiani, ora presidente della Finmeccanica, di Biagio Agnes, attuale presidente Stet, per non parlare dei vari Bernabei e Pasquarelli. E sempre da viale Mazzini hanno mosso i primi passi un lungo elenco di politici. Chi nasce dentro quelle quattro mura è educato alla sopravvivenza, non muore mai. Insomma, Claudio Martelli può anche uscire di scena ma Gianni Minoli no. Esempi del genere sono infiniti. Ecco perché non deve meravigliare il fatto che le nomine Rai vengono prese da molti come la cartina al tornasole degli equilibri di potere nel Paese. E gli slogan di questi anni prima in favore del pluralismo, poi contro la lottizzazione dei partiti, quindi in nome dell'epopea dei professori, per finire con l'ultimo che ha addirittura disturbato il modello Bankitalia, servono solo a dare lustro ai vari cambi della guardia che puntualmente rispettano gli equilibri di potere. Anche a Napoli, dove nei saloni di Castel dell'Ovo c'è il Gotha delle telecomunicazioni, non si parla d'altro. Proprio qui c'è una grande concentrazione di quei centauri mezzi grand commis e mezzi uomini Rai, che nascono a viale Mazzini e a volte vi tornano. E visto che l'ambiente è quello, ogni minuto arriva un aggiornamento su quello che accade nei palazzi romani. Notizie vere e voci inventate secondo lo stile di Saxa Rubra. Dicono che al 30% il cda Rai sarà fatto entro domenica, al 70 tra lunedì e martedì. Dicono che oltre ai nomi dei consiglieri i presidenti delle due Camere stanno decidendo anche quelli dei diretto- ri. Qualcuno ipotizza un tacito accordo tra Violante e Mancino: il primo sceglierebbe nelle rose dai tanti petali che circolano il presidente della Rai e due consiglieri, l'altro due consiglieri e il garante per l'editoria. Inutile dire che i più smentiscono ima simile enormità. Eppoi c'è chi parla dell'arrivo del disoccupato del momento Paolo Baratta che Ciampi voleva all'Enel, del gran ritomo di Fabiani che pure non ne vuol sapere, di Alessandro Ovi che da queste parti si lamenta perché lo definiscono «l'uomo di Prodi», di Fichera, di Leonardo Valente, di Guglielmo Negri. Ancora ci sono le signore Marcegaglia e Olivares perché Violante ha spiegato alla delegazione del Polo che vuole «un cda ringiovanito con dentro una o due donne». Dal centro- destra arrivano altri nomi: dal filosofo Del Debbio a Franco Cangini, dall'ex presidente dell'Enel Viezzoli rimasto senza posto a Giorgio Rumi, per non parlare dei desideri di Buttiglione che avrebbe candidato addirittura un prete. Candidati per il cda ma anche nomi per la direzio- ne generale come Iseppi, l'amico di Enzo Biagi. Candidati da sempre come Beniamino Placido, tirato in ballo da Veltroni insieme al regista Giuseppe Tornatore, ma che non ne vuol più sentir parlare per non fare la figura del trombato. «Il mio nome - taglia corto - non sta né in cielo, né in terra. Io non lo saprei fare. Ci vuole gente che stia in quel posto 12 ore». C'è da diventar davvero matti. Non manca chi storce il naso a sentire i «criteri» che i presidenti delle Camere haimo adottato: passi l'eì sclusione degli ex parlamentari, questa storia che non vogliono utilizzare gente del mondo Rai non piace proprio. «Stanno - racconta con la faccia perplessa Agnes - raccogliendo centinaia di nomi. Secondo me complicano le cose. Dicono che vogliono alzarli sul piano della fama, ma più li alzano e più hanno coloriture politiche. Inoltre non è giusto mettere ai margini gli uomini Rai. Che vuol dire? Che preferiscono qualche giardiniere agli uomini tonnati dall'azienda? La verità è che i politici creano solo problemi alla Rai. Eravamo all'avanguardia per il colore, ma per colpa di un partito politico siamo stati fermi per quattro amii. Ora pongono il problema delle reti: ma ci vogliamo mettere in testa che dal '98 ci sarà la concorrenza internazionale e che alla Rai non basterà l'appoggio di quattro politici per rimanere sul mercato! Che rischiamo di essere colonizzati! Secondo me i politici dovrebbero occuparsi solo dei valori, limitarsi ad evitare che un figlio di due anni usando il telecomando si trovi di fronte due tette che ballano». Strano destino questo dei centauri: alla Rai hanno imparato che per arrivare hanno bisogno dei politici, ma quando ne escono se ne dimenticano. Ma magari c'è anche un po' di ribellione verso l'ultima trovata del Palazzo che guarda agli uomini formati dall' azienda con diffidenza. «L'osservazione di Agnes è giusta ammette il sottosegretario Vincenzo Vita - ina purtroppo c'è questo metodo di nomina: doveva essere applicato una tantum in attesa della leggo, ma è la terza volta che viene messo in atto». E questa storia dei «marziani» che vengono calati ai vertici di viale Mazzini lascia dei dubbi anche a chi è arrivato al vertice di una società pubblica senza passare per la Rai. «Ma questi nomi a chi rispondono? - si chiede Ernesto Pascale, amministratore delegato Stet -. Visto che Tiri non ci può mettere mano, poi, i conti gestionali chi li guarda? La Rai è un'azienda che deve guardare alla concorrenza. E' un problema con cui dovrebbero fare i conti anche i politici per non ritrovarsi im tg straniero in casa». Niente da fare, la Rai mette sempre zizzania. Anche questa volta un attimo dopo che Mancino e Violante avranno scelto i petali della rosa scoppieranno le polemiche. «Succede - è la sentenza di quell'uomo di mondo che è Rainer Masera, ex ministro del Tesoro del governo Dini perché da noi la Rai rappresenta l'ombelico del mondo». Augusto Minzolini Chicco Testa: D'Alema ha l'asso nella manica ma non è Necci Tato: meglio l'Enel c'è meno confusione ti da Violante. Allappuntamento sono arrivati gli azzurri Pisanu e Biondi e i Ccd-Cdu Mastella e Sanza. Nessuno di An e, a un certo punto, c'è stato un comico contrattempo. Da Violante si è Biagio Agnes, presidente della Stet )ui sotto: Franco Tato, amministratore delegato dell'Enel A destra: Chicco Testa neopresidente dell'Enel

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