I'opposizione nel parterre di Valeria Sacchi

I/opposizione nel parterre I/opposizione nel parterre Martino, Tremonti e Pagliarini sparano sul piano economico MILANO. «E' un momento di transizione, tutti vengono per cercar di vedere cosa succede». Abito di lino bluette di cui va fiero come dei venti chili persi, Mario Aitali, già consigliere di Enimont e amministratore delegato della Sme di Stato, un passato da socialista non organico oggi passato al privato in Sigma Tau, così sintetizza la folla che si aggira tra il salone dove parlano i relatori al convegno di Liberal e la corte interna del Four Seasons, dove si fuma e si sussurra aggrappati ai telefonini. E difatti ecco apparire Giancarlo Paolini, ex amministratore dell'/lvanfi, che, poco dopo, confida a un amico additandogli Giuliano Amato: «Pensa quante menti c'erano nel psi, tutte andate disperse». A catalizzare i socialisti è certo la presenza di Amato, l'uomo impegnato a traghettare un po' di loro nel pds. Ma non sono solo i socialisti ad accorrere in cerca di solidarietà. Poco più in là passeggia il de Bruno Tabacci, covata di Marcora, già presidente della Regione Lombardia, incappato poi nelle maglie di Mani pulite per finanziamenti pubblici, accusa da cui è stato prosciolto in questi giorni. L'ala materna di Liberal è terreno ideale di incontri. Sopra, nella hall dalle grandi poltrone in pelle chiara, siedono conversando fitto Diego Della Valle e l'ex presidente di Confindustria Luigi Abete (che dirà poi nel suo intervento: «Non ideologizziamo il mercato, il primo problema è privatizzare e liberalizzare, contemporaneamente»). Sotto nel cortiletto invaso dalle zanzare Alessandro Benetton si lascia fotografare sotto l'archetto, mentre Pietro Marzotto si siede a fumare la centesima sigaretta. Marzotto non crede nel «partito del Nord-Est» (e non ci crede nemmeno Luciano Benetton), ma spera che il gover¬ no abbia presente «l'istanza» di cambiamento che viene dai distretti produttivi, e la sua «urgenza», cui il principio di «sussidiarietà» potrebbe dare risposta. Non si augura tuttavia un decentramento fiscale né una rivoluzione india struttura dei tributi, ma è preoccupato del rallentamento dell'economia, del calo degli investimenti e dell'export. Le stesse cose di cui si preoccupa Emma Marcegaglia, la neopresidente dei giovani imprenditori, che conversa a lungo col suo predecessore Aldo Fumagalli, possibile futuro candidato dell'Ulivo a sindaco di Milano. Tra gli abiti scuri spicca l'eleganza del senatore Franco Debenedetti, vestito chiaro e sigaro tra i denti, e del presidente del gruppo Montedison Luigi Lucchini, anche lui in color panama. «Sono qui per imparare, questi problemi mi interessano - spiega'l'industriale bresciano -. E' doveroso esserci. Poi si va a casa e ci si riflette su un pochino». Mancano, ohimè!, i governanti. Un Consiglio dei ministri trattiene a Roma Carlo Azeglio Ciampi e Vincenzo Visco. In cambio circolano molti ex. Intervengono Giancarlo Pagliarini, che critica il Dpef («Non innova e imbroglia anche sui numeri, ci sono spese che sono sotto la linea della visibilità, arriveremo al caos economico»), e Antonio Martino («Tutti sono d'accordo quando si parla di mercato in generale, quando si scende nel particolare tutti chiedono per sé qualcosa»), mentre Giulio Tremoliti definisce la manovra un «autogol», la tassa sui certificati postali «un danno per i ceti poveri». Più filosofo, il sindaco di Brescia Mino Martinazzoli se ne sta per suo conto dietro il fumo dell'eterna sigaretta. Valeria Sacchi

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