Un titano al bivio il destino di Mahler

In bilico fra '800 e '900: un inedito di Léonard Bernstein sul profeta della musica d'oggi In bilico fra '800 e '900: un inedito di Léonard Bernstein sul profeta della musica d'oggi Un titano al bivio il destino di Mahler LA prima immagine che mi viene spontaneamente alla mente nel pronunciare la parola «Mahler» è quella di un colosso che, esitando, si muove a cavallo di quella linea di demarcazione rappresentata dalla data magica «1900». E' lì che troviamo Mahler, con il suo piede sinistro (il più vicino al cuore!) piantato fermamente nell'opulento e amato diciannovesimo secolo, mentre quello destro, alquanto più incerto, è alla ricerca di un terreno stabile nel ventesimo. C'è chi dice che egli non riuscì mai a trovare questo appiglio sicuro; c'è chi invece (e io fra questi) insiste sul fatto che la musica del ventesimo secolo non potrebbe esistere, così come la conosciamo, se quel piede destro non vi si fosse posato con un tonfo fragoroso. Quale che sia il giudizio più veritiero, rimane la validità di quell'immagine: egli rimase in bilico fra due mondi. Insieme a Strauss, Sibelius e, certo, Schònberg, Mahler fu il cantore degli ultimi, dolenti esiti del romanticismo del diciannovesimo secolo.(...). Mahler fu l'unico che rimase in bilico; il suo destino fu di riassumere, confezionare, predisporre per l'estremo riposo quel tesoro meraviglioso che era rappresentato dalla musica austrotedesca da Bach a Wagner. Si trattava di un'eredità terribile e scottante. (...) Ricapitolare tutte le varie tappe, portarle alla loro espressione ultima, esposte in un tutt'uno, unite e fuse insieme grazie al suo fuoco interiore; questa funzione gli fu assegnata dalla sto¬ ria e dal destino, una funzione che comportò anni di derisione, di rifiuto e di amarezza. Ma, creatura compulsiva e forsennata qual era, egli non aveva scelta. Fece propri tutti (tutti!) gli elementi di base della musica tedesca, inclusi i suoi cliché, e li portò ai loro limiti massimi di espressione. Trasformò le interruzioni in silenzi inquietanti, le battute in levare in preparazioni vulcaniche di esplosioni terrificanti; le Luftpausen divennero rantoli di terrore o d'angoscia; gli accenti si trasformarono in tensioni titaniche destinate a essere portate a compimento con tutti i mezzi possibili, sia sonori che tonali. I rìtardandi furono forzati sin quasi all'immobilità, gli accelerarteli si trasformarono in tornadi, gli archi dinamici furono dilatati a dismisura, fino al limite della percepibilità. Le marce di Mahler hanno l'effetto di un attacco di cuore, i suoi corali fanno pensare all'impazzimento dell'intero universo cristiano. (...) Il risultato di questa esasperazione è naturalmente quell'intensità nevrotica, che per molti anni è stata respinta perché insostenibile e nella quale viceversa noi vediamo rispecchiati noi stessi. E tutto questo comporta in aggiunta un'ironia quasi troppo amara per essere afferrata, eccessi di sentimentalismo che continuano a far fremere alcuni ascoltatori, momenti di totale disperazione, spesso la disperazione di chi non arriva a sviluppare ulteriormente tutto questo materiale, in direzione di una sorta di linguaggio paramusicale che avrebbe finalmente potuto purificarci. Ma noi siamo purificati una volta che sia stato detto e fatto tutto: non c'è persona di una qualche sensibilità che possa ascoltare la Nona Sinfonia senza uscire da quell'esperienza purificato. (...) Questo per quanto riguarda il piede sinistro: che cosa possiamo dire di quello destro, che scava con fare incerto nel terreno fresco del ventesimo secolo, mettendone alla prova la solidità, la fertilità, le radici? Certo, Mahler trovò fertile quel terreno, sottoterra v'erano delle radici ma erano radici che avevano la loro origine dall'altra parte. Ognuno dei tentativi, degli esperimenti, delle incursioni che Mahler operò, furono compiuti mettendosi in relazione con il passato. Il suo ripetuto spezzare il ritmo, la sua dilatazione della tonalità in termini postwagneriani fino al suo punto di rottura (ma non al di là!), il suo esplorare in direzione di una nuova semplicità strutturale, di un puro movimento lineare, di mi trattamento orchestrale che ricordasse la trasparenza della musica da camera: tutte queste scelte adombrarono quella che sarebbe diventata poi una pratica comune nel ventesimo secolo; ma tutte rappresentavano un'emanazione di quei suoni del diciannovesimo secolo, che egli amava così profondamente. (...) Il destino di Mahler fu di portare a compimento la grande linea del sinfonismo tedesco, per poi congedarsi senza che gli fosse offerta la garanzia di iniziarne una nuova. Questo può sembrare lampante ai nostri occhi ma a Mahler, nel corso della sua vita, il proprio destino appariva tutto fuorché chiaro. Nel profondo della sua mente egli si sentì perlomeno tanto appartenente al nuovo secolo quanto al vecchio. Mahler fu un uomo tormentato, scisso, con lo sguardo rivolto al futuro e il cuore ancorato al passato. Ma il suo destino gli consentì di portare in dono una quantità enorme di tesori di bellezza e di occupare un posto a sé nella storia della musica. Léonard Bernstein vio hler omo scisso, ntato, sguardo alfuturo ore ancorata sato» ler in una caricatura vine opra Léonard Bernstein E' da oggj in libreria il nuovo numero di Pania, la rivista quadrimestrale monografica edita da Bompiani e curata da Enrico Ghezzi. Il fascicolo è un'incursione (narrativa, ma anche con interventi saggistici) nell'universo musicale contemporaneo, fra rock e folk, jazz e avanguardia. Ma senza trascurare i classici, come nel saggio inedito «Mahler, il suo tempo è venuto» che Léonard Bernstein, il grande direttore e compositore americano morto nel 1990, dedicò a uno dei profeti della musica d'oggi. Ne anticipiamo uno stralcio. «Un uomo scisso, tormentato, con lo sguardo rivolto alfuturo e il cuore ancorata al passato» Gustav Mahler in una caricatura di David Levine Nella foto sopra Léonard Bernstein