Viaggio al centro della dolce morte

Il paziente digita un primo tasto poi un secondo per la conferma e la macchina gli inietta il veleno Ma l'esperimento è ancora bloccato: manca lo psichiatra che deve completare l'equipe medica Viaggio al centro della dolce morte A Darwin, dove il computer decide l'eutanasia DARWIN DALL'INVIATO I cartelli stradali avvertono: attenti ai canguri. La strada è eterna e piana, adatta al trapasso. Lentamente si entra nella città di Darwin ricostruita con grandi scatole di latta dopo il tremendo hurrycane che se la portò via vent'anni fa. Intorno alla città, il deserto. E invece nel suo inafferrabile cuore urbano si prepara il nuovissimo esperimento cybernetico: la morte impartita in nome della legge a un innocente sofferente e consenziente. Un groviglio di fili e di implicazioni morali collegato a una siringa e a una commissione di vigilanza e, ahimé, d'esecuzione. Oltre un cancello, oltre una porta a vetri elettronica, oltre un ascensore e un breve corridoio, laggiù discreto e azzurrino aspetta un computer caricato con il dischetto dell'oblio. La chiesa cattolica ha lanciato un grido d'allarme e ieri i giornali locali si sorprendevano protestando in tono protestante: che cosa pretende il Papa di Roma? Che sia disatteso un voto del Parlamento? Gli stessi giornali dedicano maggiore spazio all'assedio subito da Lady D circondata dai paparazzi (la parola italiana è mondiale, come la pizza) che si comportano come ai tempi della dolce vita. Qui la dolce vita ha il suo contrappasso: la dolce morte con le sue uova elettroniche: morte benigna, misericordiosa, indispensabile. Ma non tutti sono convinti e anche nell'ambiente medico di queste lontane lande oltre la frontiera del mondo, circola un pragmatico sceL ticismo: si comincia con i malati terminali consenzienti, e si finisce col far fuori la vecchia zia rimbecillita che nessuno può custodire nei mesi di vacanza e che se la fa anche addosso. Detto per inciso: il mondo anglosassone è piuttosto indifferente all'evento: igiornali americani non ne parlano, neppure quelli inglesi, salvo le edizioni locali. Qualcosa su quelli australiani: piccoli titoli, morti a perdere, curiosità ospedaliere. Sono corso all'ospedale di questa cittadina di scatole colorate nel deserto e ho trovato un bell'edificio moderno che puzza di disinfettante come tutti gli ospedali e circondato da strane creature: sdraiati per terra o in piedi immobili come iguana umani, stanno a decine gli aborigeni. Fermi, odorosi di carne selvatica, dignitosamente ubriachi, la morte etnica nello sguardo che si è arrestato prima della disperazione. Uno sguardo da mosche, alcolico, in stand by. Il pavimento dell'ospedale è giallo e prendo un telefono interno. Ho imparato che il nome del dottor Philip Nitschke si pronuncia Nicki e chiedo di lui a una centralinista. Mi passa una registrazione musicale mentre i bambini aborigeni giocano con le porte a vetri automatiche. Sembrano gli aborigeni di «Ventimila leghe sotto i mari» che salgono a bordo del Nautilus trattenuti da una lieve scossa elettrica La loro presenza è drammatica. Alti alberi che accompagnano pigramente il vento. Gli inservienti parlano un inglese che sembra una deformazione del cockney londinese: tutto qui è vagamente britannico, lontano dalla cultura americana, salvo il cambio automatico delle macelline. Ma si guida a sinistra e otto si dice àit. Tutti sono calmi e pigri, tartassati dal sole invernale che si distingue da quello estivo soltanto perché adesso è dry, mentre a Natale si crepa di umido. E' un buon posto per morire, tutto sommato. Forse perché creature e oggetti, morti, moribondi e sopravvissuti, a cominciare da questi uomini antenati che trascinano la loro esistenza a Darwin, esprimono oblio e distacco: qui, più che in ogni altro luogo, si va tra la perduta gente, qui si va per l'eterno dolore. E non si può arrivare che volando, come il protagonista del «Caro estinto» di Richardson, grottesco sui cimiteri di Beverly Hills. E qui soltanto dal cielo si può arrivare. E dal cielo immagino che i terminali, una volta terminati dal software terminator, rientreranno alla loro base in appositi contenitori da viaggio, sussurrando per così dire missione compiuta. Infatti anch'io arrivo dopo una trentina di ore d'aereo, quante ne bastano per smarrire la cognizione del tempo e del dolore sorvolando un pianeta rosso come Marte, un orizzonte oltre i confini, com'è giusto che sia un orizzonte che è anche una stazione Termini. Questa terra è un infinite deserto rosso vanamente attraversato da fiumi che non lo fecondano. Non una strada, non una città, non un paese, nulla. Siamo astronauti su una sonda spaziale che ci porta a Darwin, nuovo nome dell'Ade. Forse la scelta del nome della città, sininonimo di evoluzione non è per nulla casuale. Qui termina tutto: anche l'evoluzione. Gli aborigeni appartengono a ieri. Chi muore appartiene al suo dolore. Si verrà in pellegrinaggio come altri vanno a Lourdes: là per sperare di sopravvivere, qui per sperare di non so¬ pravvivere. La legge australiana ha preparato un rituale che ricorda molto quello di certe esecuzioni con camera a gas: personale medico, luogo asettico, assistenti alle siringhe, pompe anonime: anche qui l'uomo morto che cammina, come nel film. E il rituale progettato dalla legge australiana prevede una commissione giudicatrice, un plotone di garbata esecuzione, di tre medici fra cui uno psichiatra che deve rassicurare i colleghi sul fatto che il morituro non è colto da banale depressione, cosa che potrebbe alterare lo stato etico dell'evento, ma che è depresso per causa della sua malattia. E potrà far uso (non è indispensabile, ma è un optional che porta la morte On Line) del programma sul computer: clicchi qui per dire sì, clicchi là se per caso ci ha ripensato. Adesso clicchi di nuo¬ vo con il mouse qui, dove c'è scritto Ok, e si distenda, si rilassi, take it easy. Il rituale non sta dando i migliori risultati perché il dottor Philip Nitscke non trova a quanto pare i membri della commissione esecutiva della terminazione dei terminali. Al telefono, voce convinta, appassionata, dice: «Lo psichiatra deve essere di qui, stando alla legge. Deve essere di questa regione dei Tenitori del Nord. Beh, sto cercando di far capire che chi compirà questo passo, sarà un eroe». Che genere di eroe? «Un eroe come è eroe negli Stati Uniti il cosiddetto Dottor Morte, Jack Kevorkian». Questo dunque vuol dire che non c'è tanta ressa per venire ad azionare il suo computer. «Beh, la ricerca prosegue e io sono ottimista. Questa non è una regione molto popolosa e i medici tra cui cercare quello che ci manca sono una ventina». Si sente una certa febbrile eccitazione e tutti mi dicono che quest'uomo dagli occhi intelligenti, stempiato, brizzolato, molto vitale, si sente a disagio con il suo primo paziente, il tassista Mr. Bell che per venire qui a dare 0 suo Ok nel computer ha venduto tutto e ha attraversato l'Australia, fermandosi a Darwin da quasi un mese. Ha un tumore allo stomaco. Gliene hanno già asportato vari pezzi, ma adesso non c'è più nulla da fare. E Mr. Bell è preso da ini grande desiderio di consolazione finale, insiste per essere soppresso come un vecchio gatto dal veterinario. L'iniezione rilassa, ipnotizza, addormenta dolcemente e poi ferma i muscoli, la respirazione si arresta e si muore per asfissia ma in stato di assoluta incoscienza. Non si capisce perché tanta meraviglia tecnologica e chimica non sia somministrata a quei disgraziati che vengono barbaramente soppressi sui roghi elettrici o con siringate feroci, brucianti, imprecise e sadiche. Per mister Bell tutto dovrebbe essere semplice: la legge c'è, la tensione per l'inaugurazione di tanta novità pure, il computer ronza quietamente nella riflessione statica dei microchips. Ma i medici, ecco l'eternità del fattore umano, riluttano: la responsabilità è grande perché si tratta di andare di fronte a un invididuo malato, ma cosciente; sofferente ma vivo e vitale (tant'è che ha affrontato un pellegrinaggio di migliaia di miglia) e sottoscrivere davanti a lui una dichiarazione legale in cui si garantisce che quella persona è terminally ili, allo stadio finale e irreversibile. Il fatto è che una tale dichiarazione, per quanto corrispondente al vero e redatta in totale buona fede, espone comunque alla possibilità dell'errore, alla radiazione del rimorso, al dubbio. 0 forse espone alla disapprovazione sociale, perche l'opinione pubblica è distratta ma non indifferente, favorevole ma anche perplessa. Certo, alla fine lo troveranno, questo medico mancante, e Mr Bell potrà, come un triste bambino di una cupa sala giochi nel sottoscala dell'ospedale pubblico, cliccare il suo ultimo Ok sullo schermo spegnendo lo sguardo della sua gratitudine in quello dell'uomo che promuove il suicidio in nome della dignità umana e dell'indegnità del dolore inutile. Dunque è soltanto questione di tempo e l'evento, già concreto in ogni dettaglio legale e morale, diventerà un cadavere. Diventerà un fatto. E verrà Mister Bell, e poi verrà la madre che ha smesso di lottare contro il suo tumore al seno. E poi gli altri: gli arresi, i sofferenti, gli sconsolati. Diventeranno eventi mmierabili chiusi in mi sacco. E verranno nuovamente imbarcati su quel volo per Alice Springs e poi per Sydney, che li condurrà attraverso il grande paesaggio marziano dei Territori del Nord dell'universo australe, dove il pianeta è rosso come le natiche di un mandrillo, la pianura è raggrinzita da rughe come colline, le acque infossate nelle trincee di roccia, il mare diafano. E dove quel mare forma una baia, fra le dune rosse giace quel che resta della città di Darwin, rasa al suolo da mi uragano biblico vent'anni fa e poi ricostruita con capannoni Toyota e altre marche. I pazientissimi pazienti del dinamico dottor Nitschke saranno costretti comunque a guardare le nere orbite vuote degli aborigeni, il cui odore estinto si confonde con quello acre della varechina. Paolo Guzzanti REPORTAGE i. NEL DESERTO ROSSO ALLA FINE DELLA SPERANZA Un malato di tumore ha venduto tutto per farla finita in questa clinica LA MACCHINA E' progettato per guidare una siringa che contiene una miscela di farmaci letali. La prima operazione consiste nell'allaccia re l'ago con la siringa nel braccio del paziente. Se il malato si somministrasse la dose (che contiene tra l'altro il Nernbutal, un potente anestetico per veterinari) senza l'aiuto dell'apparecchio, si addormenterebbe prima di riuscire a iniettarsi la dose letale. IL COMPUTER La seconda operazione si svolge al computer. Il paziente, con l'ago già conficcato nel braccio, si trova di fronte all'ultima schermata del video che controlla l'apparecchio dell'eutanasia: «Se digiti si, nel giro di trenta secondi ti sarà somministrata un'uniezione letale e morirai. Vuoi continuare?». Il paziente digita un primo tasto poi un secondo per la conferma e la macchina gli inietta il veleno Jan Culhane, 51 anni, malata di cancro, ha percorso tremila miglia per raggiungere Darwin Un uomo esce dal tunnel di un forno industriale [FOTO W. EUGENE SMITH. LIFE] Un malato di tumore ha venduto tutto per farla finita in questa clinica

Persone citate: Alice Springs, Jack Kevorkian, Nitschke, Paolo Guzzanti, Philip Nitschke, Philip Nitscke, Richardson

Luoghi citati: Australia, Roma, Stati Uniti, Sydney