D'Alema «doma» il Nord-Est

«Commercio estero, dateci il ministero a Venezia» E % - D'Alema «doma» il Nord-Est Faccia a faccia con gli industriali GLI IMPRENDITORI E LA QUERCIA TREVISO DAL NOSTRO INVIATO Adriano Gionco è un signore che nella vita ha scelto di produrre casse da morto («Chiamiamoli cofani...»), la sua azienda scoppia di salute e a lui la sinistra non è mai piaciuta: «Io il signor D'Alema non l'ho votato, anzi... Ma ora che l'ho sentito al naturale, devo dire che è bravo, non sembra neanche un comunista...». Nella ovattata sala degli industriali di Treviso si è appena concluso uno scoppiettante dibattito tra Massimo D'Alema e alcuni tra i più ricchi imprenditori del Nord-Est, con in prima fila Luciano Benetton, bello e impassibile. Gente diretta, che non ama lo Stato, vota Lega, accarezza la rivolta fiscale e parla verace: «Scrivete le leggi in etrusco!», dice a D'Alema Sandro Gris, vicepresidente degli industriali di Venezia. Giuliano Martin: «Signor Massimo D'Alema, la vedo preoccupato, forse è un po' stanco?». E il signor Rosada che fa infissi, racconta: «Da duemila anni i dieci comandamenti sono scritti con 154 parole e invece, secondo la Comunità europea, servono 2500 parole per poter mangiare le caramelle!». Una mitragliata di battute in dialetto («Marco o non marco, Ciccio o non ciccia, noi rischiamo di ricadere nella recessione»), che alla fine Massimo D'Alema è riuscito a «domare» senza accarezzare più di tanto il pelo dei suoi interlocutori, ma lanciando alcuni messaggi nuovi per un leader di sinistra. L'incipit è tipicamente dalemiano, quel realismo che seduce anche i nemici: «La destra ha perso e ora ci siamo noi, dunque...». E da buon «togliattiano», D'Alema offre un patto e proposte nuove. La prima: è finita l'era delle garanzie per tutti. «Per un nuovo patto sociale ognuno deve fare la sua parte e il risanamento della finanza pubblica si fa anche con meno garanzie, meno tutele, me- no corporativismi». E poi la proposta più nuova: «Attenti alla secessione, perché già oggi nel Mezzogiorno si pagano salari più bassi che al Nord. Questa è una realtà che bisognerà regolamentare». Proprio così: D'Alema non propone le gabbie salariali, stipendi differenziati tra Nord e Sud, ma ne prende atto, propone di certificare quel che oramai è realtà. Il segretario del pds parla per un'ora e un quarto di fila, gli imprenditori del Nord-Est lo seguono «con un religioso silenzio che mi ha impressionato», dirà più tardi il presidente dei trevigiani Nicola Tognana e alla fine gli regalano un applauso inatteso. E' finita con quel battimani di mezza sala ma non è stato facile per Massimo D'Alema. Qui a Treviso c'è un'impresa ogni tredici abitanti, i disoccupati quasi non esistono, la provincia esporta quanto l'intera Grecia, la Lega è fortissima e gli imprenditori sono tra i più combattivi: per protesta spedirono le chiavi delle aziende a Dini e ora vorrebbero non versare più i contributi all'Inps. E così questo faccia a faccia con gli imprenditori veneti si è confermato il clou del viaggio di tre giorni di Massimo D'Alema, che si concluderà oggi a Bergamo e Varese. Dunque il faccia a faccia. Una raffica di lamenti dagli imprenditori dal linguaggio diretto e dalle umili radici: «Il 90 per cento di noi sono ex operai», dice Mario Cadamuro. E via con le accuse: lo Stato è pasticcione, oppressivo, secondo Gris addirittura «istiga a delinquere». Una signora propone di «spostare il ministero per il Commercio con l'estero a Venezia», il signor Rosada ce l'ha con le cooperative: «Se tutte le aziende fossero coop, chi pagherebbe le tasse?». E poi richieste di licenziare gli statali fannulloni: «Chi non marcia deve andar giù e voi dell'alto andate in giro senza scorta!», dice Cadamuro tra gli applausi. E davanti ad una platea così effervescente D'Alema risponde senza vellicarla più di tanto: «Nel 1992 l'Italia è stata sull'orlo della bancarotta e se ne siamo usciti è stato un mezzo miracolo: merito vostro, ma anche merito dell'accordo sul costo del lavoro firmato dai sindacati e merito dei sa¬ crifici dei vostri operai». E tra gli artefici del mezzo miracolo compare - novità - anche un nome nuovo, il nome di un presidente del Consiglio a suo tempo avversato dal pds: «Da Amato in poi è stata avviata una politica di risanamento che non ha eguali in Europa: oggi puntiamo a 104 mila miliardi di avanzo primario, altro che Kohl!». La secessione? ((Attenti perché non vi conviene economicamente! Vi ritrovereste in casa una specie di Corea! Bisogna fare come in Germania che ha fatto della riunificazione un'occasione di sviluppo». Alla fine le parole più benevole arrivano dall'imprenditore più evoluto di queste parti: «Questo - dice Luciano Benetton - non è più il D'Alema del pei, è stato bravo, coraggioso a venire qui, in una zona che vota Lega. E non ha fatto promesse». E tra un motel e una sveglia all'alba D'Alema chiosa anche le accuse di chi - come Dini - lo accusa indirettamente di minare il governo: «Se contribuissi a mettere in crisi il governo, mi chiedereste se sono matto...». Fabio Martini «Commercio estero, dateci il ministero a Venezia» «Voi politici scrivete le leggi in etrusco...» E il leader del pds strappa un applauso miccava. La trattativa prein realtà più ampia. E preeri pomeriggio un incontro igruppo e i vicepresidenti mere, non solo sulla Rai ma mmissioni di controllo e in i rapporti fra maggioranza contro coi presidenti delle Camere resta in piedi» insiste, ormai debolmente, Buttiglione. E il ecd-edu Sanza spiega di aver chiesto a Violante un colloquio per stamattina, altrimenti Il leader del pds Massimo D'Alema Nord-Est ndustriali Giuliano Amato A sin. Luciano Benetton E % - Hi Giuliano Amato A sin. Luciano Benetton Il leader del pds Massimo D'Alema