Uccise il suo stupratore: graziata da Chirac di T. G.

Uccise il suo stupratore: graziata da Chirac Era in carcere dal 1990 a Rennes. Sparò al datore di lavoro e ferì il padre: entrambi la violentavano Uccise il suo stupratore: graziata da Chirac Veronique, domestica africana, era stata condannata a 20 anni PARIGI NOSTRO SERVIZIO E vissero felici e contenti. Nessuna favola è più favola di quella di Veronique e del suo principe azzurro, Jean-Jacques. La pelle scura della giovane donna della Costa d'Avorio brillava di luce ieri nel pomeriggio nuvoloso di Rennes, all'uscita della prigione. Le porte della sua cella si sono finalmente aperte, dopo un incubo durato nove anni, un terribile calvario imposto come ulteriore crudele pena a una ragazza prima tenuta come schiava e poi violentata più volte dai suoi «padroni». Uno dei due lo aveva ucciso in un impeto di ribeUione, l'altro lo aveva ferito. Ed era finita in carcere. Ieri la conclusione, il presidente della Repubblica Jacques Chirac le concede la grazia proprio mentre Jean-Jacques, un ragazzo francese che ha guidato la battaglia civile per la liberazione di Veronique, di cui si è innamorato, era in municipio per consegnare gli ultimi documenti in vista del loro matrimonio. Il pensiero e la speranza di Veronique, di Jean-Jacques e di tanti altri è andato immediatamente a Sarah Balabagan, la giovane filippina con¬ dannata a morte negli Emirati Arabi per aver ucciso il suo datore di lavoro che la violentava. La storia di Veronique Akobé è tristemente parallela a quella di Sarah. Partono come ragazzine spaesate verso l'illusione, lasciano la povertà sperando di migliorare la propria condizione e si ritrovano ancora peggio, schiave di energumeni che approfittano di loro come e quando possono. Veronique aveva 23 anni quando fu assunta come domestica. Era il 25 giugno 1987 e la prima consegna del suo padrone francese fu quella di non chiudere la porta della camera a chiave la notte. Veronique ha subito qualsiasi umiliazione per oltre un mese, poi la notte del 3 agosto non ce l'ha fatta più: padre e figlio erano tornati per violentarla di nuovo, insieme, e lei gli ha sparato, uccidendo il più giovane e ferendo il più vecchio. «L'ho fatto per salvare il mio onore» ha ripetuto ingenuamente davanti a un tribunale sordo, nel gennaio 1990.1 giurati neppure vollero ascoltare le terribili sevizie sessuali che la ragazza gridava e che i medici legali confermavano. Nella sentenza, la corte si superò, aggiungendo cinque anni ai 15 richiesti dall'accusa. L'avvocato d'ufficio, Jacques Peyrat, poi diventato sindaco di Nizza, non ebbe spazio né modo di far valere le ragioni di Veronique. In carcere, a Rennes, la vita di Veronique comincia - per assurdo - ad assumere connotati umani. Nonostante il rigetto del ricorso in Cassazione, lei studia, fa gli esami e comincia a seguire delle lezioni di filosofia che alcuni studenti volontari impartiscono ai detenuti. Uno dei volontari è il «principe azzurro», Jean-Jacques Le Devehat, che s'innamora e comincia la sua battaglia personale, corroborato dal movimento d'opinione in favore di Sarah Balabagan e dall'appoggio d'innumerevoli or ganizzazioni umanitarie. L'anno scorso, due campagne per petizioni a Chirac ven gono lanciate in Francia e in Costa d'Avorio, 40 parlamentari francesi, donne di destra e di sinistra, firmano insieme a migliaia di persone in Africa. La prima domanda di grazia è respinta. La seconda, presentata a marzo, è finalmente accolta. Decisivo, per la mobilitazione generale e la pressione dell'opinione pubblica sulle mas sime autorità, il movimento di opinione creato dal caso di Sarah negli Emirati, an che lei omicida per legittima difesa, [t. g.]

Persone citate: Chirac, Chirac Veronique, Jacques Chirac, Jacques Peyrat, Sarah Balabagan

Luoghi citati: Africa, Costa D'avorio, Emirati, Emirati Arabi, Francia, Nizza, Parigi