D'Alema: non mi faranno cambiare strada di Fabio Martini

Il segretario pds: «Non chiamatelo La Cosa 2. E comunque non è obbligatorio come la leva» Il segretario pds: «Non chiamatelo La Cosa 2. E comunque non è obbligatorio come la leva» D'Alami: non mi faranno cambiare strada «L'obiettivo del grande partito della sinistra è giusto» MENZANO PEL FRIULI DAL NOSTRO INVIATO «Segretario, segretario, ma lo sa che le sedie della nostra azienda sono state usate nel vertice europeo di Firenze?». E Massimo D'Alema, sorridendo: «Lo vuole uno slogan, gratis? Avete evitato che l'Europa finisse con il culo per terra!». Grandi risate nello stabilimento della Calligaris, una di quelle aziende-miracolo del Nord-Est che hanno sbaragliato tedeschi, asiatici e la fanno da padrone nel mondo. E' da qui, dalla campagna friulana dove ci sono più fabbrichette che campanili, è da qui che è iniziato il viaggio di tre giorni nel NordEst di Massimo D'Alema. E preso com'è dalla sua missione, il «signor segretario» come lo chiamano con riverenza gli imprenditori di queste parti, non avrebbe nessuna voglia di parlare della politica di tutti i giorni. Appena sbarcato nel «regno del Nord-Est» annuncia: «Io sono fortunato, posso dire delle cose tutti i giorni, ma voglio scegliere il momento». Già, ma da Roma spirano umori asprigni, venti di polemica sulla nuova «Cosa» e alla fine D'Alema parla eccome. E lancia due messaggi ai suoi avversari interni, ai socialisti che storcono la bocca: «Ognuno può fare quel che vuole, non è come il servizio militare che è obbligatorio...». A Occhetto, Veltroni e Mussi la Cosa-2 non piace? Per ora D'Alema non entra nel merito e replica con una battuta: «L'espressione la Cosa-2 sinceramente la trovo mostruosa. Non l'ho suggerita io e spero che non venga più usata. La Cosa-2 la lascerei per il titolo di un film dell'orrore...». Ma a parte l'iro¬ nia, solo una puntualizzazione: «Immagino una forza nella quale possano riconoscersi non solo i socialisti, ma anche la sinistra che viene dall'azionismo, dal pri, dalla sinistra cristiana». Certo D'Alema tira dritto, ma con quel che bolle a Roma, in lui prevale la vena minimalista, attendista. Il segretario cerca di capire se sulla questione socialista i suoi avversari interni cercheranno di colpirlo e cerca di decrittare una fronda che vede affiancati i due capigruppo parlamentari, il vicepresidente del Consiglio e l'ex segretario del pds. Ma il suo proflio basso è anche una scelta: «L'obiettivo di un nuovo grande partito della sinistra - dice - è necessario e giusto e non sarà una sciocchezza, una battuta giornalistica, il solito teatrino a distogliermi». La speranza di D'Alema è quella di aver pensato «lungo» anche stavolta: «Anche dopo il pranzo con l'onorevole Buttiglione si alzarono gli scettici: poi si è visto che abbiamo costretto Berlusconi a dimettersi e abbiamo vinto le elezioni. Con la stessa serena testardaggine si raggiungerà l'obiettivo». Ma intanto D'Alema investe sul futuro: si è fatto organizzare un viaggio di tre giorni nel Nord-Est, durante il quale incontrerà imprenditori, sindaci, gli operai della Fiom della Dalmine di Bergamo che hanno votato Lega, i quadri del pds. E D'Alema ha affrontato i primi incontri col solito piglio: ascolto, ma anche capacità di trasformare un attimo di imbarazzo in un successo personale. Dopo un passaggio nell'area di ricerca Basovizza a Trieste, dove opera il premio Nobel Carlo Rubbia, D'Alema si è incontrato con i «maghi» della sedia dell'a¬ rea di Manzano. Gli imprenditori di queste parti producono un terzo delle sedie europee: gente diretta, semplice che in gran parte ha votato Lega e Polo e che chiedeva a D'Alema non soltanto parole. Il segretario del pds ha cercato di far capire che la Repubblica del Nord sarebbe un disastro economico, ha spiegato che la diplomazia italiana dovrebbe favorire le esportazioni italiane, ha persino raccontato di aver fatto lui stesso marketing («ho chiesto ad un ministro greco se l'Italia avesse potuto partecipare ad alcuni lavori ferroviari nel loro Paese»), E quando D'Alema risale sulla sua Thema, il padrone della fabbrica, il signor Walter Calligaris («ho votato Berlusconi») dice: «Rosso quello lì? Mica più come una volta...». Fabio Martini «Anche dopo il pranzo con Buttiglione c'erano gli scettici poi Berlusconi si è dimesso e noi abbiamo vinto» Il leader della Querela Massimo D'Alema in un comizio del mese scorso

Luoghi citati: Bergamo, Europa, Firenze, Friuli, Italia, Manzano, Roma, Trieste