Boris, un robot al seggio di Fernando Mezzetti

Boris, un robot al seggio Boris, un robot al seggio In tv il breve show di un uomo malato MOSCA DAL NOSTRO INVIATO Resta al Cremlino, rieletto con le prime elezioni post-comuniste. Ma vi rimane tra incertezze sulla sua capacità di durata fisica, più che politica, e interrogativi sul mistero della sua salute. Nel giorno che sarebbe dovuto essere della rilegittimazione democratica, Boris Eltsin è rimasto lontano, enigmatico, segreto, come i tremebondi automi del Politburo d'un sistema che egli ha spazzato via. Vecchi schemi di potere e nuovi timori: quelli per un elettorato che potrebbe voltar le spalle a un candidato di cui non ha certezza che arrivi alla fine del mandato. Ha votato soltanto sotto gli occhi degli addetti alla propaganda, e la breve, accuratamente selezionata scena diffusa più tardi dalla tv di Stato, ha dato l'immagine d'un uomo rigido e impacciato nei movimenti, lo sguardo spento, ma la voce robusta nel pronunciare poche parole. Questa nuova Russia riserva strane sensazioni di déjà vu. I media, in questi anni fattisi arditi e iconoclasti, sono tornati ligi al potere, tacendo sostanzialmente sulla sua salute da quando una settimana fa ha cancellato tutti gli impegni senza più mostrarsi in pubblico, salvo fugaci apparizioni in tv attentamente calibrate. Assente ufficialmente per un malanno alla gola, Eltsin sarebbe dovuto riapparire ieri per votare nel suo seggio elettorale in città. Ha votato quasi in segreto, senza farsi vedere dalle centinaia di telecronisti e giornalisti dei media nazionali e internazionali. Forse, non poteva farsi vedere. Stampa e televisione erano stati convocati dall'ufficio di presidenza per ieri mattina presto fuori dal Cremlino, da dove in bus sarebbero stati portati ad assistere al voto del presi- dente nel quartiere in cui ha la residenza. Tra loro, i giornalisti delle agenzie Itar-Tass e Interfax che seguono regolarmente ogni passo di Eltsin. Condotti sul posto, hanno atteso a lungo fuori del seggio, dove tutto era stato accuratamente preparato, con transenne per evitare soffocanti assalti al presidente. La folla incuriosita ingrossava il gruppo in attesa, finché un portavoce presidenziale ha annunciato con imbarazzo che Eltsin non sarebbe venuto. Avrebbe votato a Barvikha, nella zona di Rubliovo, dove si era recato a riposare l'altra sera e dove il presidente ha una dacia, come i suoi predecessori sovietici. Affondata in un paesaggio di Russia cechoviana, tra boschi di pini e betulle solcati da strade lisce come il velluto a ogni passo sorvegliate da posti di blocco, Barvikha ha un sinistro potere evocativo all'orecchio d'un moscovita: oltre che zona di dacie esclusive, ieri solo del potere oggi anche dei nuovi ricchi, essa è storicamente zona di ospedali ben più esclusivi. E molti ricordano che nel febbraio '85, nelle rituali elezioni-farsa per il Soviet Supremo, in un ospedale di Barvikha fu organizzata la lugubre messa in scena televisiva del voto di Cernenko: da mesi ricoverato e in l'in di vita, l'allora capo del pcus fu tirato su a forza dal letto e presentato come se fosse andato al seggio. Il portavoce ieri ha aggiunto che di li a poco il presidente sa- rebbe stato visto in tv, e avrebbe l'atto un intervento. Tre ore dopo arriva infine la scena del voto. In tutto, 1 minuto e 20 secondi. In campo lungo, affiancato dalla moglie, Eltsin a passo lento ma fermo avanza nel salone del seggio verso il tavolo della presidenza. All'interno, staff elettorale, addetti alla sicurezza. La donna che gli porge la scheda lo scruta con sguardo preoccupato e penetrante: forse sorpresa e emozionata per averlo davanti, o magari curiosa per la sua salute. La telecamera riprende Eltsin soprattutto da destra, tenendo meno in evidenza l'altra parte del viso e del corpo. Lui tieni! la mano sinistra nella tasca della giacca, ripone la scheda nell'urna usando solo la destra, con gesto lento, e all'angolo sinistro la bocca ha una smorfia. Con voce tonante, in contrasto col mal di gola ufficiale, si rivolge ai cameramen: «Per ciò che riguarda la stampa, in sei mesi ho già fatto il 120 per cento del piano». E' una sferzante battuta politica, ma la là senza sorriso e nessuno ride: si riferisce a quando prima, coi piani quinquennali, tutti proclamavano di aver largamente superato gli obiettivi fissati dal Gosplan. Poi, primo piano per un ultimo, breve appello, «andate a votare, fate il vostro dovere», e dissolvenza: non lo si vede allontanarsi e uscire, ma già all'esterno mentre sale in macchina. Lo fa con sforzo, ma da solo, senza aiuto. Alle dieci del mattino, attorniato da giornalisti e curiosi aveva invece votato Ziuganov, in centro. Mere coincidenze ma da riferire per l'alto simbolismo: seggio in un palazzo dei pionieri, in una piazza segnata da un lato da viale Aleksandr Nevskij, il condott iero medioevale che sconfisse i teutoni; al centro di essa, monumento a Aleksandr Fadeev, cane da guardia della letteratura stalinista, con gruppi scultorei di partigiani e «giovane guardia» bolscevica. Tutto il nazional-bolscevismo all'attacco di Eltsin. Fernando Mezzetti Un braccio immobile e una smorfia di dolore nel deporre la scheda

Persone citate: Aleksandr Fadeev, Boris Eltsin, Cernenko, Eltsin, Ziuganov

Luoghi citati: Mosca, Russia