Truffa sui buoni-taxi per handicappati
Truffa sui buoni-taxi per handicappati Indagate altre quattro persone: avrebbero dichiarato percorsi più lunghi o corse mai fatte Truffa sui buoni-taxi per handicappati A giudizio un taxista: ha risarcito 8 milioni al Comune Anche i buoni-taxi concessi dal Comune agli handicappati possono essere utilizzati per una truffa. Ma può andar male, come è capitato a Dario Molinelli, 65 anni, taxista da sempre, che ora dovrà comparire davanti al pretore per rispondere di truffa aggravata ai danni di un ente pubblico. Molinelli, difeso dall'avvocato Valter Chendi, ha finito per ammettere che qualche irregolarità l'ha compiuta, anche se ha cercato di ridimensionare tutto. Intanto ha pensato bene di risarcire il Comune con poco meno di 8 milioni e poter cosi chiedere il patteggiamento. Che gli permetterebbe di chiudere una volta per tutte il conto con la giustizia. Molinelli non poteva fare tutto da solo. Qualcuno doveva pur prestarsi al «giochetto» di alterare i buoni-taxi. E così nelle grane con la pretura è finita anche un'invalida, il marito e il figlio di un'altra donna con un grave deficit e anche il titolare di una cooperativa. La vicenda è venuta alla luce grazie ad un'indagine dei vigili della Procura. Che, nell'autunno del '93, controllando falsi ciechi e altre persone che beneficiavano di agevolazioni da parte del Comune, scoprirono, dopo una serie di controlli incrociati, che qualcosa non quadrava in quelle richieste di rimborso presentate dalla cooperativa Taxi president, per conto di Dario Molinelli. In particolare lasciava perplessi che il suo taxi riuscisse a trovarsi nello stesso tempo in due posti diversi. Sotto inchiesta sono finite altre quattro persone, tutte per concorso nella truffa. Sono Vincenzo e Costantino Daggiano, di 77 e 35 anni (assistiti dall'avvo- cato Vecchio) che avrebbero venduto al taxista i carnet di buoni concessi dal Comune e non utilizzati da una loro parente. E c'è Nicolina Gravante, 34 anni, anche lei beneficiaria dei buoni (difesa dall'avvocato Almondo), che avrebbe in qualche modo collaborato con il taxista, o facendo risultare corse più lunghe di quelle effettive, o viaggi mai fatti. Lei avrebbe spiegato che a volte non aveva il buono e lo consegnava in un momento successivo. E questo avrebbe fatto nascere i primi dubbi. Indagato anche il presidente della cooperativa Taxi president, Filippo Chiaria: secondo l'accusa Molinelli non era socio della cooperativa, ma si sarebbe servita di questa per esigere il denaro (il Comune stipulava l'appalto solo con cooperative). Le posizioni dei «concorrenti» del taxista sono tutte più o meno sfumate. E Molinelli? Lui avrebbe spiegato: «Può darsi che a volte abbia modificato il percorso, ma tante volte ho aiutato quelle persone».
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