Le tortuose trame del diavolo-generale

Le tortuose trame del diavolo-generale Le tortuose trame del diavolo-generale UN RAMBO AL CREMLINO MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Sembrava fatta secondo i piani provvidenziali. Ipotesi ottimale: vittoria di Eltsin al primo turno. Ipotesi subordinata: vittoria al secondo turno. Ipotesi peggiore: niente elezioni. Scartata la prima, per opera del destino cinico e baro. Scartata la terza, insieme ai suoi sostenitori più convinti (la banda dei quattro, Graciov, Korzhakov, Barsukov, Soskovets, tre generali e un big boss del complesso militare industriale). Restava la seconda. E appariva immancabile. Ziuganov - si diceva - ha il «tetto massimo» insuperabile. I democratici voteranno Eltsin, turandosi il naso. Perfino Elena Bonner, alla fine, ha ceduto. La vittoria al secondo turno non ce la toglie nessuno. Se non fosse che il diavolo ci ha messo la coda. Forse quel terribile Woland del Maestro e Margherita, e tutto ha cominciato a andare storto proprio quando tutto sembrava dover andare, per forza, diritto. Ha cominciato quell'altro generale, Aleksandr Lebed, emergendo dalle nebbie moldave come un fantasma. E' vero che l'avevano evocato disperatamente, quando era apparso chiaro che, nonostante tutti gl'incantesimi, Eltsin non avrebbe vinto nemmeno il primo turno. L'avevano pompato come una mongolfiera. Secondo i calcoli doveva portare via un dieci per cento a Ziuganov e Zhirinovskij. Ha fatto di meglio. Troppo. Diventando insieme salvatore e indispensabile. Peggio ancora: ne è consapevole. E non lo nasconde. Woland non si è accontentato. Tra il primo e il secondo turno ha mandato, letteralmente tra capo e collo, una bella faringite a Boris Eltsin. Simile al tremendo raffreddore che colpì ripetutamente i segretari generali. Prima Leonid Breznev e poi, esizialmente, Jurij Andropov. Così è avvenuto che il candidato vincitore in pectore è sparito dalla scena sul più bello della rappresentazione. Il candidato finito terzo, già uscito, per così dire, dalla comune, si affacciava invece al proscenio e cominciava indisturbato a esternare i suoi programmi per il futuro. Tra i quali, oltre alla «sicurezza nazionale» di fresca competenza, infilava un po' di tutto: dalla gestione dell'economia, a quella delle finanze, ai problemi dell'approvvigionamento alimentare, ai visti d'ingresso per gli stranieri poco amichevoli, alle sette religiose sgradite, alle nomine di generali e di direttori generali. Tanto brigò, il generale Lebed, che improvvisamente, alla vigilia del voto del secondo turno, molti russi devono essersi chiesti se, per caso, votando Boris Eltsin, non stavano in realtà portando al Cremlino Aleksandr Lebed. Ora la cosa va letta in due sensi. I dieci milioni di elet¬ tori di Lebed possono essere indotti, in maggioranza, a votare Eltsin solo se pensano che sarà Lebed a dirigere la Russia. Altrimenti voteranno Ziuganov, perché l'unica cosa certa è che Eltsin non lo amano ui certo. Viceversa i venticinque milioni di elettori di Eltsin possono entrare in crisi. Hanno vota¬ to per lui e improvvisamente si vedono presentare un candidato che ha lo stesso programma economico dei comunisti e che non promette di «lasciar fare», di «lasciar viaggiare», «lasciar esportare», «lasciar rubare»: anzi promette il contrario. In aggiunta proclama senza un attimo di esitazione che «la democrazia parlamentare non è cosa adatta alla Russia». Allora non scherzava quando diceva che gli piaceva il generale Pinochet? Pare di no. Quindi i soli che voteranno tranquilli per EltsinLebed, incuranti se alla fine sarà l'uno o l'altro a dirigere il Paese, saranno quei «democratici russi» che, se fossero vissuti nell'America degli Anni 50, avrebbero votato per Joseph Me Carthy. Del resto Aleksandr Lebed, per evitare cattive compagnie (e di perdere consensi tra i suoi elettori), ha dichiarato ieri di non sentirsi affatto «democratico». Al massimo «semi-de¬ mocratico». Milioni decideranno all'ultimo minuto. Tra tre candidati. Woland ha ficcato nella scheda un terzo incomodo. Perché Woland è un diavolo russo. E solo in Russia può aversi la pazzia di permettere agli elettori di votare contro entrambi i candidati. Se, per caso, il «terzo incomodo» dovesse superare i voti dell'uno o dell'altro, l'elezione dovrebbe essere rifatta daccapo. E, suprema perfidia, la legge dice che nessuno dei due candidati respinti dal corpo elettorale potrebbe più ripresentarsi. Addio Eltsin, addio Ziuganov! Sappiamo che non andrà così, naturalmente. Il diavolo ci ha messo la coda solo per dare un tocco ulteriore di suspense. Ma bisogna ammettere: «effetto Lebed», «malattia» di Eltsin, legge elettorale russa sono tre atti unici di rara fantasia. Giulietta Chiesa

Luoghi citati: America, Mosca, Russia