Rai ora tocca a Violante e Mancino di Carlo Rognoni

Dopo la rottura fra Ulivo e Polo sulla legge di nomina del consiglio di amministrazione Dopo la rottura fra Ulivo e Polo sulla legge di nomina del consiglio di amministrazione Rai, ora tocca u Violante e Mancino E sui cinque nomi già si profila lo scontro ROMA. «Più che finito, abbiamo fallito», è lo sconsolato commento del vicepresidente del Senato, il pidiessino Carlo Rognoni. «Il Polo voleva un consiglio lottizzato e non c'è stato niente da fare». Com'era nei pronostici, la rottura fra Ulivo e Polo sulla legge di nomina del cda Rai si è consumata ieri nella commissione ottava di Palazzo Madama. E, bocciata non solo dal Polo ma anche da Lega e Rifondazione la proposta di legge sull'amministratore unico presentata dal pds, affossati gli altri testi da parte dell'Ulivo, al presidente della commissione Petruccioli non resta che andare stamattina dai capigruppo a riferire sul fallimento. Con la prospettiva quasi certa di non andare nemmeno al voto in aula. Tutto come da copione, insomma. Con una variante, rispetto alle previsioni. Non solo il rifiuto netto di Rifondazione comunista di accodarsi all'ipotesi della maggioranza, ma, anzi, la convergenza del Polo, all'ultimo momento, sull'ipotesi di un cda «ultrapluralistico» di otto consiglieri presentata proprio dal partito di Bertinotti. «L'unica che consentiva di introdurre il principio democratico di rappresentanza politica», spiega il senatore di Forza Italia Massimo Baldini che, soddisfatto della scarsa compattezza dell'alleanza di centro-sinistra, adesso canta vittoria. «Abbiamo sventato la manovra del pds e dei suoi alleati di impadronirsi della Rai senza colpo ferire e mostrato che non sono poi così uniti come vogliono sembrare». E Rifondazione? A chi si scandalizza della sua cocciutaggine e della strana convergenza, il comunista Bellucci risponde senza fare una piega. «11 pds ha presentato la sua ipotesi senza neppure consultarci. Noi siamo rimasti fermi sulla nostra posizione. Se poi altri si sono accodati, sono fatti loro». E così si chiude la partita della legge, in cui per la verità nessuno credeva, tanto che il dibattito in commissione è sembrato piuttosto una parata delle intenzioni, buone o cattive, di ciascuno. Con il ppi che non ostacolava palesemente l'idea dalemiana dell'amministratore unico, ma sotto sotto la disapprovava, preferendo di gran lunga un cda rappresentativo delle «grandi aree culturali» del Paese, come hanno ribadito un po' tutti, dal presidente Mancino al segretario del ppi Bianco, al presidente del partito Bianchi, che tornava a ribadire quel principio anche ieri. Adesso però, è sulle «appartenenze d'area» dei cinque che verranno scelti da Violante e Mancino (oggi hanno visto Prodi a colazione) che si apre lo scontro. Nello stesso Ulivo e finanche nei partiti. Dal fronte cattolico si parla di rivalità fra dalemiani e veltroniani, che rallenterebbero, al momento, un accordo lasciando a bocca asciutta il centro, cioè Dini e Maccanico. Al pds ci ridono sopra, e fanno notare i dissensi in casa popola- re, fra il «gruppo dei prodiani», Ovi, Franco Iseppi e altri, già consiglieri del candidato Prodi che hanno continuato a vedersi al ristorante «Cesarina». E leggono nelle aspre parole di Bianco contro il convegno di Micromega (apparentemente rivolte al «razzismo» del suo direttore Paolo Flores e al suo «incomprensibile disdegno per la cultura cattolica») un siluro contro la candidatura di Alessandro Ovi. Della quale effettivamente ieri non si parlava più, mentre era tornato alla ribalta l'avvocato di De Benedetti, Vittorio Ripa di Meana, insieme ai nomi, meno probabili, di Corrado Passera e di Bruno Musso, presidente cattolico dell'Ansaldo. Ad ogni buon conto, Romano Prodi si chiama fuori dai giochi («Le nomine non sono affare del governo»). Invece si dice che Tiri di Tedeschi pretenderebbe di avere come direttore generale un uomo suo, o di suo gradimento. Intanto, si registrano le prese di distanza di Fabiano Fabiani, Marialina Marcucci e del segretario generale della Camera Zampini. «Mai stati candidati» a detta degli interessati. Malgrado tutto, Bruno Vespa è ottimista. «Le nomine Rai si fanno sempre all'ultimo minuto», scherza all'ennesimo convegno sulla Rai, organizzato dall'Isimm di Enrico Manca. Maria Grazia Bruzzone L'ex presidente della Rai Letizia Moratti Qui sopra:. Carlo Rognoni pidiessino vicepresidente del Senato A sinistra: il leader del partito popolare Gerardo Bianco

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