Quell'attrazione fatale tra la Cisl e il Potere

Quell'attrazione fatale tra la Cisl e il Potere Quell'attrazione fatale tra la Cisl e il Potere TRA LOTTA E PALAZZO SROMA TAI a vedere che, zitta zitta, la Cisl e andata al governo e che di questo sindacato governativo, o governo sindacale che dir si voglia, Sergio D'Antoni, ieri cosi maltrattato da Cofferati, è una specie di leader e ministroumbra. Proprio alle ombre, d'altra parte - «l'ombra lunga del dubbio che si distende sulle reali intenzioni» della Cisl - il leader della Cgil si è riferito in tema di autonomia. In altre parole, il sindacato bianco sta sviluppando uno specialissimo legame con il governo Prodi. Qualcosa che/una volta appurato e certificato, avrebbe a che fare con antiche identità culturali (e un po' anche religiose), rapporti interpersonali, veloci spostamenti di fronte e ambizioni anche personali - e si ritorna a bomba su D'Antoni e sul suo pervicace incantamento politico. E' vero? «Mah, vero o non vero, non mi fa una grande impressione - risponde Pierre Camiti, che a lungo e stato segretario della Cisl -. Sono dispute in qualche modo fisiologiche, geografiche, topografiche: tu sei più vicino di me al governo, no, io sono più lontano di te e cosi via. La mia impressione ò che appassionino soprattutto i ceti sindacali. Mi sfugge lo scandalo. Per le organizzazioni dei lavoratori e preferibile avere a che fare con un governo che non sia forcaiolo. Fino a quando, perciò, non ti chiede la prova estrema, cioè quella di scomparire, ci si tratta. Può esserri conflitto, e può esserci confronto». Ma la Cisl... «La Cisl - risponde - già fatica a difendere se stessa. Chiamarla a difendere perfino il governo è pretendere tròppo». Piuttosto risoluto a negare relazioni particolari ò anche uno dei successori di Camiti, l'onorevole Marini, oggi parlamentare del ppi: «Non mi pare proprio osserva -. Se si parla del tasso d'inflazione al 2,5, impostoci non solo da Maastricht, ma dalle stesse necessità di sviluppo, ecco, li D'Antoni ha ragione». E tuttavia il segretario cislino è tra quelli che pongono la questione dell'incompatibilità... «Io non sono certo d'accordo, a farla saltare. Ma, ripeto, non mi pare proprio che D'Antoni stia scivolando verso una sorta di neo-collateralismo». Con tutto prolisso «neo», la parola ha certo un suono d'altri tempi. Modellata da Giulio Pastore come organizzazione di lavoratori «liberi», prima ancora che cattolici, è anche vero però che la Cisl riuscì prima di tante altre a distaccarsi, sia pure con avveduta gradualità, dalla sfera d'influenza democristiana. O almeno dalle sue rigidità. Così, già tra gli Anni Cinquanta e i Sessanta, come ricorda lo stesso Camiti, il sindacato bianco si connotava come «un'organizzazione di movimento più che di resistenza, portata quindi ad esplorare, forse anche con un eccesso di disinvoltura, vie nuove». E' in quell'atmosfera innovativa, comunque, che si stringono i rapporti preferenziali di cui si toma a parlare oggi, con i ministri dell'(attuale) centrosinistra. Camiti, allora alla Firn di Milano, ricorda bene il giovanissimo Prodi, appena uscito dal collegio «Agustinianum» insieme con il ministro Treu, a lungo dirigente e consulente giuridico della Cisl, e Bruno Manghi, futuro sindacalista dei metalmeccanici, poi responsabile dell'Ulivo piemontese e oggi consigliere a Palazzo Chigi: «Prima di partire per Londra si occupò di formazione e progettazione». Su un altro livello, per alcuni anni, anche il già affermato professor Nino Andreatta ha avuto incarichi di docenza (Poli¬ tica economica, Economia politica) al Centro di studi «Pastore», di Firenze. Ora è senz'altro vero, come ci tiene a precisare Camiti, che questi antichi rapporti non rappresentano «una garanzia automatica di convergenza». Così come è vero che più tardi, negli Anni Settanta, da organizzazione sommamente pragmatica ed economicistica nella Cisl si ritrovarono, in più o meno felice convivenza, dorotei ed extraparlamentari, amerikani e terzomondisti, proto-craxiani e cattolici del dissenso. E tuttavia per comprendere meglio le accuse di Cofferati alla Cisl occorre forse tener conto anche del personaggio D'Antoni. E della sua contmua, fantasiosa, raffinata, a volte indecifrabile e comunque straordinaria mobilità sullo scacchiere politico prima ancora che su quello sindacale. Così, nel giro di un paio d'anni, e quel che conta sempre raccomandandosi di «non restare prigionieri di personalismi», D'Antoni risulta aver lavorato in tan- dem con Buttigliene, del quale s'è perfino offerto di portare le ragioni al cardinal Ruini, in vista di una ricomposizione cattolica. Non andata poi in porto. Quindi, non senza fervidissima immaginazione, è stato tra i primi a seminare l'Ulivo, spostandosi dalle stanze Vicariato al salotto laico dell'avvocato Ripa di Meana, con Amato e Maccanico. Dubbioso su Prodi, ma senza darlo troppo a vedere, ha cominciato ad esercitarsi sul mito del Grande Centro, finendo per dar consigli e aiuti e presenza, pure in quel di Palazzo Chigi, al «Rinnovamento» di Dini. Nei dintorni del quale D'Antoni si troverebbe tuttora. Il verbo al condizionale pare d'obbligo per chi, come lui, è convinto che «dire con chi stai ti fa perdere metà del potenziale». Sull'altra metà si è esercitato ieri Cofferati. Filippo Ceccarelli Carniti: «Mi sfugge lo scandalo Per le organizzazioni è meglio trattare con governi non forcaioli» Studi, lavoro e militanza in comune tra le strutture del sindacato e molti ministri del nuovo esecutivo A sinistra il segretario della Cisl Sergio D'Antoni Sopra Romano Prodi e a destra Pierre Camiti

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