Mata Hari bella e innocente

Cortigiana ambiziosa, ma estranea ai giochi politici: tutta la verità in un nuovo libro Cortigiana ambiziosa, ma estranea ai giochi politici: tutta la verità in un nuovo libro Mata Hari, bella e innocente Biografia rovesciata per una spia SONO una cortigiana, lo ammetto. Spia, mai», — s'ostinò a ripetere quando l'arrestarono a Parigi il 13 gennaio 1917 con l'accusa di «spionaggio, connivenza e complicità con il nemico». Il 25 luglio fu condannata dalla corte militare alla pena capitale e fucilata all'alia del 15 ottobre nel Poligono di Vincennes. Aveva ammesso di essere l'agente H21 ingaggiata nella primavera precedente dal console tedesco di Amsterdam con 20 mila franchi ma giurò di non aver mai tradito. Ad agosto, col miraggio di un milione aveva accettato di entrare nei servizi segreti francesi. Doppiogiochista o ingenua impostora? Forse non lo sapremo neanche nel 2017 quando cadrà totalmente il segreto militare che grava sul dossier Mata Hari, ma intanto la biografia dell'americano Russell Warren Howe, riaccende il caso. Nella Vera storia della più affascinante spia del secolo, come recita il sottotitolo di Mata Hari (Mondadori) da oggi in libreria, la tesi innocentista dell'autore, suffragata dalle labili e fittizie prove addotte per condannarla, trasforma il mitico agente H21 nella vittima di un crimine giudiziario a sfondo politico. Mata Hari, l'inventrice dello strip-tease artistico, capro espiatorio come il morigerato capitano Dreyfuss? Torniamo a quella mattina. Nell'angusto ufficio del capitano Bouchardon, il giudice istruttore della corte militare che tra febbraio e giugno la sottoporrà a 15 serrati interrogatori, Mata Hari, la luce del giorno, ridiventa Margaretha Gertruida Zelle, figlia di un agiato cap- pellaio di Leeuwarden, nei Paesi Bassi, sposata a 19 anni, nel 1895, al più maturo capitano inglese John Mac Leod. Quattro anni nelle Indie orientali olandesi, con la morte di uno dei due figli e i maltrattamenti di un marito così violento che le avrebbe strappato a morsi i capezzoli, bastano a spingere alla fuga la frisona dal corpo d'amazzone e la pelle ambrata di un'orientale. A Parigi approda nel 1903 pronta a far la modella. Spacciandosi per figlia di un'inglese e di un indonesiano si propone come la mediatrice della cultura orientale con una «danza sacra indiana». Davanti a un pubblico scelto, Mata Hari fa scivolare con movimenti ondeggianti i veli che l'avvolgono finché nuda, stesa a terra ai piedi della statua di Shiva nel chiarore di una fiammella muove il corpo come in un ardente amplesso. In quell'ostentato, condiscendente abbandono al maschio raffigurato dal dio, la moglie maltrattata ha trovato la sua arma segreta di riscatto. «Non sapeva quasi danzare, ma sapeva spogliarsi lentamente e agitare il lungo e superbo corpo bronzeo», scriverà molti anni dopo Colette. Intanto, dagli spettacoli privati Mata Hari è approdata all'Olympia. Per dieci anni, in un turbinio di amanti scelti tra aristocratici, diplomatici e alti gradi dell'esercito, la carriera artistica si dispiega sui palcoscenici europei, Madrid, Montecarlo, Vienna, Milano, Roma, Palermo, con ingaggi esigui. Curiosamente la dichiarazione di guerra la sorprende a Berlino e dopo un anno e mezzo passato ad Amsterdam, nel dicembre 1915 rieccola a Parigi per «rifarsi il guardaroba» e per ritrovare Marguérie che nel frattempo s'è messo a disposi¬ zione dei servizi segreti. L'anno dopo trascoiTe in un rocambolesco andirivieni tra Amsterdam, Parigi e la Spagna, con un visto rifiutato dall'Inghilterra e un'ostinata richiesta di permesso per la zona del fronte dove vuole incontrare un giovanotto russo di veni'anni di cui dice di essersi follemente innamorata. L'ottiene ed è a questo punto che, con l'assenso di Marguérie, diventa una spia francese. Ladoux, il capo dei servizi segreti che conosceva i sospetti degli inglesi su quell'indesideràbile, le stava tendendo una trappola o per inesperienza la considerò il suo asso nella manica nella difficile situazione di una Francia occupata e stremata? Il bottino della spia è comunque poca cosa, almeno a giudicare dai documenti finora visibili. Sono notizie risapute, «intossicazione», quelle che Mata Hari riferisce al funzionario dell'ambasciata tedesca di Madrid per carpirgli i segreti, anch'essi risaputi che comunica a Ladoux. Ma il tedesco Kalle, inviando a Berlino il resoconto di quella missione, che i francesi intercettano, la incastra. Ora la novità della biografia di Howe è la scoperta che il codice usato da Kalle era stato abbandonato per un sistema che credevano non ancora decrittato dai francesi. In quel modo i tedeschi, mentre ritardavano l'intercettazione nemica dei veri messaggi, si sarebbero sbarazzati di una cortigiana che gli aveva spillato molti soldi spacciandosi per spia. 0 invece la mollarono perché l'agente H21 era ormai bruciata? Ma Ladoux - sostiene Howe - sapeva sia del bluff del vecchio codice che della già avvenuta decrittazione del nuovo. Perché lo tenne segreto? E come mai quattro giorni dopo l'esecuzione di Mata Hari, fu arrestato anche lui con la stessa accusa? In seguito fu prosciolto, ma il suo ruolo non è chiaro come d'altronde quello di Marguérie. Paola Decina Lombardi Una danza sacra e un diplomatico nel mistero di un caso diventato Storia Prima di essere fucilata aveva ammesso di essere l'agente H21. Mentì? Qui accanto: Mata Hari. A destra: una delle ultime foto