Clarks un mito che licenzia
IL CASO IL CASO L'azienda inglese che produce le scarpe usate dai sessantottini è in crisi Clarks, un mito che licenzia OGGETTO DI CULTO LONDRA ON è la fine di un mito, anche se quel mito si risveglia oggi con un occhio pesto. La Clark, forse il nome più noto dell'industria calzaturiera britannica e sicuramente una delle marche che hanno fatto storia - politica oltre che sociale - nell'Italia del Sessantotto, ha annunciato ieri la chiusura di tre stabilimenti e il conseguente licenziamento di millequattrocento persone, poco più di un decimo delle sue maestranze. Seconda azienda britannica a proprietà familiare - il suo ingresso in Borsa è previsto per il 1998 - la C&J Clark, per darle il suo nome completo, è vittima delle nuove mode. Quelle cht. per 170 anni avevano fatto la sua fortuna in Inghilterra, e grazie a un particolare modello - i «desert boots» nell'Europa giovanile degli Anni Sessanta, scricchiolano oggi sotto il peso di una concorrenza che trae la sua origine e il suo vigore dal mondo dello sport: una concorrenza che porta i nomi di Nike, Adidas, Reebok e così via. Non si parla di crisi, naturalmente; ma di una «ristrutturazione» volta a «rafforzare e sviluppare l'attività mondiale della Clark». Ma gli inattesi tagli annunciati ieri, a un anno dalla chiusura di un altro stabilimento, danno alla vicenda il sapore della crisi, sebbene in realtà gli utili quest'anno siano marginalmente aumentati. Qualcuno sospetta che la ristrutturazione sia una mossa destinata a rendere più appetibile la celebra marca inglese quando diventerà società per azioni. In ogni caso la decisione fa notizia; e anche se in Inghilterra quelle della Clark non so¬ no mai state scarpe da mito, esse hanno sempre avuto una solida reputazione, come tutto ciò che è ammantato di storia e di polvere secolare. Clark's Shoes è come dire Heinz per i fagioli stufati o Kellogg's per i corn flakes; e ancora oggi la pubblicità ama ricordare la nascita per volontà di una famiglia quacchera e soprattutto gli esemplari rapporti fra proprietà e dipendenti. E' un filo, quello, che si è spezzato ieri, vittima di quel legame ancora più esile che è la fedeltà del consumatore. Ci sono, per quei licenziamenti che mettono in dubbio le affermazioni del governo sulla ritrovata fiducia dei consumatori, aspri commenti dei sindacati. Ma ci sono anche ripercussioni di tipo sociale: lo stabilimento di Shepton Mallet nel Somerset, con i suoi 400 dipendenti, era il più importante di quella cittadina, che rischia ora una reazione a catena e quindi una grave crisi economica. Restano, alla C&J Clark, 13 mila dipendenti, con sette stabilimenti e 600 negozi. Abbastanza per tenere alto un nome che una generazione d'italiani ricorda accanto agli eskimo e alle manifestazioni in piazza, ma che per gli inglesi è soprattutto il simbolo di una discreta produzione di qualità media, fatta però all'insegna della tradizione e quindi di modelli (e non solo i «desert boots» che hanno entusiasmato i nostri sessantottini) sovente con l'aria un po' vecchiotta. E' venuto il momento di voltare pagina, di adeguarsi al gusto dei giovani inglesi, di fare concorrenza ai più celebri nomi internazionali della scarpa sportiva. Ma senza un Jordan in squadra, l'impresa non sarà facile. [f. gal.] to Chiuderanno tre stabilimenti A casa 1400 operai Vittima delle nuove mode Chiuderanno tre stabilimenti A casa 1400 operai Vittima delle nuove mode
Persone citate: Mallet
Luoghi citati: Europa, Inghilterra, Italia, Londra
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