In cella un altro compagno di merende
In celia un altro compagno di merende Testimoniò al processo Pacciani, è accusato di due delitti del «mostro» In celia un altro compagno di merende Firenze, sarebbe stato il quarto uomo della banda FIRENZE DAL NOSTRO INVIATO C'è da chiedersi quanto sia lungo il filo che lega tutti i protagonisti, assai presunti, della tragedia di Firenze. Tutti coloro che, uniti insieme, sono «il mostro», colui che fra il 1968 e il 1985 uccise e fece scempio di otto coppie. Quello che si credeva fosse «soltanto» il Pacciani Pietro, che fu anche condannato per i delitti, e poi assolto, e ora si trova in libertà a rischio, perché il suo futuro è stato affidato alla Cassazione. Dunque, quel lungo filo ha legato anche Giovanni Faggi, 76 anni, uno della brigata che faceva capo al Pietro, un amico di merende. Al processo parlò di una conoscenza superficiale, negò rapporti che non fossero di lavoro con il Pietro mentre gli altri neppure li aveva visti. Sì, casa sua era zeppa di bizzarri trofei. Anche vibratori di legno, vero?, chiesero i giudici. E lui pronto e risentito: «Ma erano anche di avorio, che diamine!». Le accuse sono pesanti, non è soltanto quella di aver fatto il forasiepi: sono concorso in due duplici omicidi, quello di Calenzano, nel 1981, e quello degli Scopeti, l'ultimo della serie attribuita al mostro, avvenuto nel 1985. E ora c'è chi ricorda che casa sua, a Calenzano, in linea d'aria dista neppure un chilometro dalla strada sterrata, in località Battoline, dove furono trucidati Susanna Cambi e Stefano Baldi. Agli Scopeti, invece, furono ammazzati due giovani francesi, JeanMichel Kraveichvili e Nadine Mauriot. Il ruolo dell'anziano rappresentante di mattonelle non sarebbe stato marginale: secondo l'accusa, nel suo girovagare avrebbe individuato quel luogo per coppiette e lo avrebbe segnalato al Pietro, che rimane il numero uno del gruppo, in questa inchiesta bis. Erano le 15,30 quando la polizia ha bussato alla porta della casa di Calenzano. Perquisizione, gli hanno detto. E lui, risentito: «E' la ter¬ za che mi fate per questa storia». Ma stavolta alla perquisizione è seguito l'invito in questura, il che ha significato arresto. La mossa dell'accusa non era di poco conto. Con l'ordine di custodia cautelare per concorso nei due delitti e per associazione per delinquere, era partito un nuovo ordine di arresto anche per Mario Vanni, che è in carcere da mesi e che secondo il supertestimone «Beta», al secolo Giancarlo Lotti, sarebbe l'uomo del coltello, quello che compiva le mutilazioni, come il Pietro sarebbe quello della pistola. Ma Pacciani, per il momento, è un intoccabile, protetto da quella sentenza di assoluzione emessa dalla Corte d'assise d'appello. Anche sopra il suo capo volteggia l'accusa per associazione per delinquere ma per il momento la Procura mostra di non voler spingere ed evita un attacco frontale, che poi vorrebbe dire nuovo arresto. Potrebbe apparire come una persecuzione. Faggi nell'inchiesta è il terzo uomo, è sposato, padre di due figlie e nonno di quattro nipoti. Ha sempre vissuto nel centro di Calenzano, ammette, come detto, di aver conosciuto Pacciani neiì'80, in un ristorante, a Scarperia, ma secondo l'accusa la conoscenza tra i due, piuttosto stretta, risalirebbe a tre anni prima. E ci sarebbe un altro «amico di merende» in questa vicenda: il maresciallo dei carabinieri Martinelli. Morto, però, alcuni anni or sono. [v. tess.] Giovanni Faggi, 76 anni
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