I vecchi riti della nuova Mosca di Fernando Mezzetti

I vecchi riti della nuova Mosca I vecchi riti della nuova Mosca La città cambia più in fretta del Cremlino VA IN SCENA IL REVIVAL MOSCA DAL NOSTRO INVIATO Sembra tutta nuova questa città che voleva essere la Terza Roma. Dopo aimi di assenza dalla fase della transizione con tre funerali di seguito sulla piazza Rossa anche a gloria di un regime allora esausto e celebrativo, l'impatto con la capitale della Russia non più dell'Unione Sovietica è frastornante. Grandi cartelloni pubblicitari invece che ideologici, insegne di club privati con casinò e magari anche senza accento; negozi e grandi magazzini rigurgitanti di merci, non di gente in coda per il nulla, nei quali si può acquistare ciò che è in mostra, mentre un tempo, invariabilmente, era «solo per la vetrina»; scintillanti gioiellerie una dietro l'altra, quasi rue de la Paix; a ogni passo bar, tavole calde, fast-food, invece che le rare e luride mense popolari; agenzie di viaggio per un popolo ieri in gabbia; banche innumerevoli, come fosse Lugano, imponenti o pretenziose, chissà quanto truffaldine; a ogni cantone, in chioschi, scantinati, baracche, sportelli di cambio tenuti da una nuova specie: gli gnomi della Moscova, che per frenetica attività e concorrenza fanno impallidire quelli di Zurigo. Sono gli gnomi del sottosuolo di ieri, allora con tacita tolleranza kagebista benefattori di turisti, ai quali col cambio nero davano illusioni paperoniche, mentre oggi coi prezzi alle stelle debbono contare la kopeka. Mosca era un toccante misto di anni Trenta e anni Sessanta, allora, tutta una decorosa modestia in un'esistenza quotidiana dal grigiore assicurato; le donne di mezz'età, alle quali la guerra aveva rubato giovinezza e amori, tutte cotonate e pitturate; le più giovani, teatrali quando volevano essere eleganti; gli uomini incupiti e chiusi, i giovani curiosi ma inibiti, vogliosi di jeans come massimo della trasgressione. Una umanità che sapeva di fatica, di moti dell'animo repressi, di oscuri rancori, paure e diffidenze nel mito dell'accerchiamento alimentato dalla propaganda. Oggi la gente è ben vestita e rilassata, indifferente allo straniero, giovani abbigliati come i loro coetanei altrove, tanti anche un po' truci. La città ò turgida, un immenso cantiere, il centro sottosopra perché non vi siano più immensi e spettrali spiazzi per parate di massa; sulla piazza Rossa svettano le torrette della porta della Resurrezione, che Stalin aveva fatto abbattere per far largo alle sfilate; traffico intenso, con tante limousincs: non le pachidermiche Zil del Politburo al cui passaggio la circolazione veniva bloccata, ma, coi vetri scuri invece che le tendine tirate, sfrecciami Mercedes, Bmw, Alfa Romeo, Volvo, e imponenti fuori strada giapponesi. E oggi come allora, le scorte per l'ammiraglia, con possenti gorilla, ieri a protezione dei personaggi del misterioso potere politico, oggi di quello del denaro, vistoso e parimenti arrogante. Non è solo tutto questo a suscitare l'emotivo rivisitare tutti i nostri ieri, ma la stessa campagna elettorale. Ziuganov evoca la svanita potenza imperiale, bolla la svendita allo straniero, il cedimento al consumismo occidenta¬ le e alla sua influenza corruttrice. Eltsin risponde richiamando un passato da non rimpiangere sopratttto sul piano materiale. In giro campeggiano grandi manifesti: nella parte superiore, in bianco e nero immagini di ieri, con cupe e malvestite folle in coda in panetterie c salumerie vuote; nella parte inferiore, a colori la cornucopia di oggi e la scritta: ((Andate a votare. La scelta del 3 luglio è per il vostro futuro». Sulla copertina di «Argumenti i fakti», sotto Ziuganov che agita una tessera per la razione di carne, contrapposto a Eltsin che agita una gigantesca salsiccia, la scritta: «Fate la vostra scelta». In tutto questo nuovo, c'è anche molto di antico, che affiora nel lessico politico. Milioni di persone da mesi non ricevono salari e pensioni? La colpa, proclama Eltsin, «è dei sabotatori»: come sotto Stalin quando non c'era burro. Flirt con l'Occidente? Ma no. Restiamo in guardia contro la Nato e le sue spie, dice citando arresti ed espulsioni. Così come antico, politbiu-csco e bizantino insieme, sembra il mistero sulla salute di Eltsin. Visto in tv, l'incontro tra lui e il premier Cernomyrdin ricordava sinistramente le messe in scena di quando Cernenko, gravemente malato, veniva mostrato nel ricevere omaggi di Grishin. Immagini spettrali di un sistema chiuso ed esausto. Come Grishin era in ginocchio puntando alla successione, così ieri Cernomyrdin, all'angolo del tavolo da dove Eltsin aveva poco prima rivolto l'ultimo appello al paese, era tutto ossequioso nel riferire sul vertice di Lione. C'è da augurarsi per la Russia che il suo vero rapporto sia più corposo. Tutto ciò detto, registrando tra le novità la tristezza dei mondicanti a ogni cantone, questa Mosca è veramente, profondamente nuova. E' una Mosca in cui il presidente teme di non farcela, in cui i suoi oppositori sono più che mai organizzati, hanno accesso, pur limitato, ai media, e chiedono a gran voce chiarezza sul suo stato di salute. No, l'antico che affiora in Eltsin non oscura tutto quel che di nuovo è con lui venuto. La sua è una società nascente, non un regime esausto. Fernando Mezzetti L'omaggio del premier al Presidente malato ricorda quello di Grishin a Cernenko