LA LANTERNA DI DIOGENE di Sergio Romano
LA LANTERNA DI DIOGENE DALLA PRIMA PAGINA LA LANTERNA DI DIOGENE dieci anni, tanto per intenderci, il ridimensionamento della Rai sarà largamente compensato dallo sviluppo dell'intero settore, in tutte le sue componenti. Ma sulla strada del rinnovamento vi sono due ostacoli. Il primo è rappresentato dagli interessi corporativi di coloro che appartengono all'azienda e badano anzitutto al loro immediato futuro. Il secondo, dal morboso interesse dei partiti politici per gli «equilibri» dell'ente. I due ostacoli sono in realtà le due facce di uno stesso problema. La corporazione riesce a frenare il rinnovamento perché ha forti legami con il mondo politico; e il mondo politico tiene d'occhio appassionatamente le vicende della Rai perché sa che ogni partito, negli ultimi trent'anni, ha fatto del suo meglio per collocarvi i suoi uomini. Non c'è nulla di più risibile e assurdo, nella storia della televisione pubblica italiana, delle accuse che i partiti continuano a scambiarsi con sfacciata impudenza. La sinistra aveva certamente ragione quando denunciava il conflitto d'interessi di Silvio Berlusconi e il pericolo che egli esercitasse sulla televisione un controllo totale. Ma sarebbe stata più convincente se avesse ammesso di avere largamento contribuito, negli anni precedenti, all'inquinamento politico dell'ente e se avesse riconosciuto, come ha fatto l'on. Violante in un'intervista pubblicata ieri da Repubblica, che Letizia Moratti ha lavorato seriamente a risanare le finanze della Rai. Il caso di Fabrizio Del Noce, deputato del Polo nell'ultima legislatura, e di Roberto Morrione, portavoce dell'Ulivo durante l'ultima campagna elettorale, dimostrano che anche la «par condicio» ala Rai può assumere un significato negativo. A un dibattito organizzato da MicroMega Gad Lerner ha osservato con ragione che il «va e vieni» fra politica e giornalismo è da evitare quanto il «va e vieni» tra politica e magistratura. Il rischio oggi è quello di assistere all'ultima variante di una vecchia commedia. Non sappiamo se il Parlamento riuscirà ad approvare una nuova legge. Ma temiamo che il nuovo consiglio d'amministrazione della Rai, comunque composto, finirà per rappresentare «le aree culturali e politiche del Paese», come ha detto l'on. Mancino, o contenere «una presenza riferibile alla cultura e ai valori delle opposizioni», come ha detto l'on. Violante. Avremo ancora una volta, in tal caso, un vertice politico, incapace di tagliare i legami che stringono la corporazione al mondo dei partiti e d'imporre la modernizzazione di cui l'ente ha bisogno. Non ho soluzioni da suggerire. Mi chiedo semplicemente se sia davvero impossibile trovare in Italia un gruppo di manager e di giornalisti che non abbiano affiliazioni di partito, non facciano parte di un'«area», non abbiano un «referente» e non possiedano un certificato in cui sono annotati la loro «cultura» e i loro «valori». Mi chiedo se non esistano uomini e donne a cui preme soprattutto che l'azienda sia moderna ed efficiente, che il suo capitale di esperienze venga valorizzato, che i suoi giornalisti trasmettano notizie e commenti senza preoccuparsi del modo in cui reagiranno i palazzi romani. Se questi uomini esistono e la classe politica è disposta a lasciarli lavorare, la nuova legge darà buoni risultati. Se il Parlamento e i partiti preferiranno mandare in viale Mazzini i loro procuratori, la migliore delle leggi darà risultati mediocri. Sergio Romano
Persone citate: Fabrizio Del Noce, Gad Lerner, Letizia Moratti, Mancino, Roberto Morrione, Silvio Berlusconi
Luoghi citati: Italia
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