Dietro la nostalgia della scala mobile di Giovanni Trovati

ANALISI ANALISI Dietro la nostalgia della scala mobile IL tema di fondo del congresso della Cgil è radicato in due parole, indipendenza e autonomia. Indicano due strategie. Chi propone l'autonomia è disposto a considerare che ci possono essere governi amici, come l'attuale, e che alla sua politica si guarda con comprensione, senza rinunciare allo scontro qualora le speranze andassero deluse. Nell'autonomia si riconosce la maggioranza della confederazione. Chi chiede indipendenza insiste sul valore della classe e considera tutti i governi come controparte. L'indipendenza trova la sua forza in un largo settore della Fiom, e affiora qua e là anche in altre confederazioni. E' un ritorno alle origini: un congresso dei metalmeccanici a Milano il 21 settembre 1890 affermava che la «questione economica deve essere risolta dalla classe lavoratrice», perché gli uo-Inini di governo sono «incapaci a risolvere la questione sociale», e all'inizio del '900 i dirigenti della Confederazione generale del lavoro giudicavano «i partiti politici (...) degli intrusi nelle lotte operaie». E' la rivendicazione del sindacato di lotta. Cofferati non può trascurare questa posizione minoritaria - sempre insidiosa nei momenti di crisi - ma è chiamato a contenerla per non pregiudicare l'unità di azione con Cisl e TJil, che non gode di buona salute. Nei due schieramenti si avverte - in maniera più accentuata in chi chiede l'indipendenza, in maniera più sfumata in chi propugna l'autonomia - la nostalgia per la scala mobile. I primi la vorrebbero ripristinare - fu istituita trent'anni fa nell'illusione di garantire la capacità d'acquisto del salario - pur con qualche modifica, e vorrebbero abolire l'accordo del 23 luglio 1993. Gli altri dicono di voler mantenere fede all'accordo, ma insistono perché si trovi il modo di accelerare il ricupero dello scarto tra inflazione programmata e inflazione reale: sono contrari a automatismi (come prevedeva la scala mobile), propongono che il ricupero sia concordato di volta in volta nell'ambito dei contratti. Una differenza di metodo, forse, più che di sostanza. Ancora una volta nel sindacato prevale la difesa di chi ha un posto, dimenticando che aumenta, non solo in Italia, il numero dei disoccupati. Il sindacato moderno - come una confindustria moderna ha chiaro che si tutela chi lavora se ci si preoccupa di chi non lavora, pronti a mettere in discussione tutto, flessibilità e orario. Il problema salariale è im-, portante per garantire un minimo di sicurezza, e perché aspetto non secondario - se in casa arriva denaro appena sufficiente per sopravvivere, si compera sempre meno e non si incrementa la produzione. E' una spirale pericolosa. Ma importante - per i riflessi sociali e economici - è ridurre la disoccupazione, specie giovanile. Il sindacato è chiamato a capire i tempi e a cercare valide risposte. Jacques Delors osservava che i nonni vivevano 300 mila ore e ne lavoravano 120 mila, che noi viviamo 700 mila ore e ne lavoriamo 80 mila, che i nostri figli lavoreranno solo 40 mila ore. Meno di un secolo fa la Fiom chiedeva che in Italia ai ragazzi di 12 anni non fosse permesso di lavorare in fabbrica più di 11 ore il giorno: che le condizioni della vita siano migliorate anche per merito del sindacato è innnegabile. Oggi si tratta di mantenere quel progresso, per tutti. Giovanni Trovati ati |

Persone citate: Cofferati, Jacques Delors

Luoghi citati: Italia, Milano