Wimbledon nel tempio c'è aria di crisi di Stefano Semeraro

Il torneo di tennis più prestigioso del mondo sta perdendo attenzione e interesse Il torneo di tennis più prestigioso del mondo sta perdendo attenzione e interesse Wimbledon, nel tempio c'è aria di crisi Tante stelle già eliminate LONDRA. Goran Ivanisevic, il croato dalla battuta assassina, è un bravo cristiano. Crede in Dio, in padre Giuseppe, la sua guida spirituale, e nella prima palla di servizio. Perché, sostiene, credere in qualcosa è bello, ti dà sicurezza. Come un ace piazzato al momento giusto. Negli ultimi 120 anni la religione - qualcuno forse direbbe l'oppio - del vasto e cosmopolita pòpolo tennistico è stata una sola: Wimbledon. Gli altri tre tornei del grande slam sono al pari importanti, ma i championships, per chiunque impugni una racchetta, rappresentano il Corano, la Torah, la Bibbia. Nella cattedrale verde vigono leggi e codici antichi e spesso astrusi - e astrusa e antica è l'erba come superficie di gioco -. A sfidare la logica dell'Ali England Club ci si può sentire a volte Alice a colloquio con il Cappellaio Matto. Ma Wimbledon è l'autorità: i suoi campioni sono sempre a 18 carati, in tutta la sua ultracentenaria storia solo un giocatore non compreso nel seecUng - la lista delle teste di serie - è riuscito ad alzare la Coppa: si chiamava Boris Becker. Quest'anno, però, anche nelle navate erbose del tempio si respira inquietudine. Nella prima settimana gli Europei di calcio hanno rubato attenzione al torneo: sabato l'entrata del portiere inglese Seaman sul centrale ha quasi interrotto il match di Sam- pras, Becker (che sogna di diventare il presidente del Bayern e giovedì scorso ha invitato a cena la squadra tedesca) e la Graf hanno fatto sapere di essere spettatori più avidi del pallone che della racchetta. «Strano, Wimbledon quest'anno sembra quasi un evento di second'ordine», ha commentato un devoto credente come il numero uno del mondo Pete Sampras. Non è però solo la concorrenza «sleale» che mette in ansia i fedeli. Oggi vanno in scena gli ottavi e nella parte bassa del tabellone sopravvive solo una testa di serie, la numero 13, nella persona del non entusiasmante Todd Martin. In questo deserto erano concentrati Becker, Agassi, Courier, Kafelnikov, Enqvist, tutte teste di serie, tutti regolaristi - con l'eccezione di Boris - tutti enminati precocemente. In alto invece sono in programma scontri all'arma bianca fra Sampras e Pioline, Stich e Krajicek, Ivanisevic e il redivivo Ma per mo Ivanisla tra Rafter, quindi il match in minore tra Hlasek e Stoltenberg. Comunque vada, avremo una finale, almeno sulla carta, squilibrata. «Wimbledon ha sbagliato rampogna Stich l'antipatico -. Visto che per decidere le teste di serie segue criteri suoi, e non la classifica, doveva evitare che tutti i regolaristi finissero in basso e tutti gli attaccanti, che hanno più possibilità di andare avanti sull'erba, in alto». «Non è vero, il tennis è bello perché mette a confronto stili di¬ versi - replica candido Martin, che già quasi tocca un'insperata finale -. In fondo anche Agassi è riuscito a vincere qui in passato, questo tabellone zoppo è solo una fatalità». La collocazione per sorteggio delle teste di serie - escluse le prime due - rende in effetti difficile «seminare» con equilibrio terricoli ed erbivori nelle due metà del tabellone. Il problema vero è però vedere Kafelnikov, campione in carica sulla terra di Parigi, uscire già al primo turno sull'erba di Wimbledon, nonostante la sua fama di tennista «universale». E assistere alle rare e sconfortanti esibizioni di Agassi, fuoriclasse part-time, all'usura precoce di Courier, o preoccuparsi per i continui malanni di Krajicek, Stich e soprattutto Becker - che per gli infortuni ha dovuto saltare il Roland Garros e ritirarsi a Wimbledon - o le fiacche di Sampras, che a Parigi è arrivato sulle ginocchia e sabato qui ha rischiato contro il numero 107 del mondo Kucera. E' un tennis feroce, questo, stremato da un insano desiderio di strafare, stragiocare, straguadagna- re, regolato da un calendario stupidamente fitto - peggiorato quest'anno dalle Olimpiadi - e da un sistema di classifica che incita allo scialo di energie e talenti. La mancanza di personaggi, la noia di tanti match «sintetici», giocati da atleti stanchi, sazi o distratti, ha già avvelenato i tornei medi e piccoli del circuito. Se i big iniziano ad arrivare stanchi o demotivati anche nei luoghi sacri del gioco, a Wimbledon addirittura, i sintomi si fanno davvero gravi. La tradizione, con l'aiuto di Sampras, Stich o Ivanisevic, anche quest'anno farà il miracolo. Wimbledon Cathedral, che è più grande dei suoi protagonisti, soprawiverà di certo. Ma è un rito fatto sempre più di grandi fatiche e di piccoli miti, illuminato da deboli lampi. Se c'è qualche eretico di genio in circolazione, affigga presto le sue tesi ai Doherty Gates. Stefano Semeraro Ma per merito di Sampras, Stich o Ivanisevic, anche quest'anno la tradizione farà il miracolo A lato, Sampras; a sinistra, Stich e Ivanisevic

Luoghi citati: Londra, Parigi