L'Italia c'è ma si chiama Oliviero

^ ■ Dopo aver salvato l'Udinese nel nostro campionato, Bierhoff è il nuovo eroe della Germania tì ■ Dopo aver salvato l'Udinese nel nostro campionato, Bierhoff è il nuovo eroe della Germania L'Italia c'è, ma si chiama Oliviero 1 // citi Vogts pesca dalla panchina la carta decisiva LONDRA DAL NOSTRO INVIATO Chiamiamolo Oliviero, ci dà un briciolo di soddisfazione in più saperlo «fratello d'Italia». E' Bierhoff, il centravanti che, dopo aver salvato l'Udinese nel nostro campionato, ha consegnato in soli 28' giocati (recupero compreso) il campionato d'Europa alla Germania. E' l'uomo della finale di Wembley. Il jolly che Vogts ha pescato nella ridottissima panchina per rimediare al break della Repubblica Ceca. Bierhoff non solo ha subito pareggiato il conto aperto da Berger, ma è andato oltre diventando il super-panzer dell'anno con il colpo del ko inferto dopo appena 4' dei tempi supplementari. Il famoso «Golden gol» è suo, tutto suo, nessuno ci era arrivato nelle precedenti partite. Bierhoff è riuscito a restituire con questa impresa anche un sorriso all'Uefa che aveva già annunciato rimedi su una formula che sembrava non piacere ai giocatori. Bierhoff ha rischiato e ha dato scacco matto ai cechi che Urhin, con mossa poco apprezzata dal pubblico, aveva appena privato di Poborsky, risultato negli 88' disputati la più piccola-grande minaccia per la difesa teutonica. Dunque, Bierhoff eroe a Wembley. Ha alzato a lungo la Coppa, insieme con i compagni ha fatto il giro d'onore sotto la curva dove erano in festa i tifosi tedeschi. «Sono stati momenti incredibili - dice Olivier - i più belli, intensi, dolci della mia vita di calciatore». Aveva cominciato a tirare i primi calci ad Essen, ha raggiunto presto le nazionali giovanili tedesche. Ha sempre avuto una media gol-gare disputate più che buona. Per questo è sbarcato in Italia, prima ad Ascoli, poi all'Udinese senza mai passare per l'Inter dalla quale era stato in effetti «comprato». Proprio nel marzo scorso aveva segnato la sua prima doppietta con i «bianchi» di Germania, alla Danimarca. Un colpo che gli era valso la convocazione da parte di Vogts. «Quella messa a segno contro i cechi - afferma Bierhoff - è però una doppietta che ha un sapore tutto particolare. Dicevano che eravamo una squadra vecchia, finita, dal calcio antico. Sostenevano che non saremmo arrivati fino in fondo a questo Europeo, anche se tutti ci davano tra i favoriti. Siamo riusciti a vincere quando ci siamo trovati nella situazione peggiore, questo è ancora più entusiasmante. In panchina, contro i cechi, oltre a Bode che era entrato prima di me, c'erano solo i portieri in grado di giocare. I nostri avversari ci hanno dato molto filo da torcere, Vogts mi aveva già preannun¬ ciato nell'intervallo che forse Klinsmann avrebbe dovuto uscire. Poi, quando mi ha detto di entrare al posto di Scholl, ho capito che tutto era nella mia testa, nei miei piedi. Jurgen stava in piedi per miracolo». E infatti è venuto il pareggio con un'azzeccata incornata in mischia e il «Golden gol» con un destro dalla distanza. E' umile Bierhoff. Potrebbe giocare al rialzo in questa notte in cui il calcio l'ha eletto prota¬ gonista assoluto. Invece divide i meriti della vittoria: «Con i compagni, ma soprattutto con Vogts. Dobbiamo a lui, al nostro et se siamo giunti a questo traguardo che ci ripaga della delusione di Svezia '92. E' sempre stato il primo a darci fiducia, a farci sentire utili creando un gruppo nel quale la sua filosofia si è sposata con le nostre idee. E' il et l'artefice vero di questa impresa, con la sua capacità di tenere sempre viva la nostra concentrazione, azzeccando tutte le mosse in campo ma anche fuori, nei rapporti, sempre cordiali, tenuti con noi». E Vogts spiega l'altro segreto dell'indomabile team teutonico. E' in una lettera recapitatagli dai tifosi tedeschi nel ritiro di Alzager, prima che cominciasse l'Europeo: «Ci chiedevano di fare di tutto per evitare loro le delusioni patite ai Mondiali del '90 e '94 e anche nella finale persa a Stoccolma agli ultimi Europei contro la Danimarca. In questo momento, tra l'altro, devo ringraziare lo staff medico che mi ha permesso di mettere in campo una squadra che tre giorni prima era distrutta». Tra i cechi va registrata la denuncia di Kouba. Dice il portiere, protagonista di un lungo duello a distanza con Koepke perso solo ai punti. «Sul Golden gol segnato da Bierhoff c'era una posizione di fuorigioco di Kuntz non segnalata dall'arbitro». «Il guardalinee - rincara il et Urhin - aveva alzato la bandierina, poi l'ha abbassata, quindi l'ha rialzata. L'arbitro ha ignorato tutto. Non posso dire se il gol è stato segnato regolarmente ma una cosa è certa, la bandierina alzata l'hanno vista tutti». Franco Battolato ^ ■tìl1 Kllnsmann, capitano tedesco, si inchina alla Regina Elisabetta durante la presentazione delle squadre prima della finalissima