ANCHE IL MEDIOEVO DICEVA IO

ANCHE IL MEDIOEVO DICEVA IO ANCHE IL MEDIOEVO DICEVA IO Uindividuo in Occidente è una realtà a partire non solo dal Rinascimento: ora il russo Gurevic sradica l'antico «pregiudizio» di. Burckhardt OCHI giorni fa abbiamo letto sui giornali che il Papa rivendica per gli embrioni umani congelati gli stessi diritti inalienabili di qualsiasi individuo. Può darsi che la scelta di quest'ultimo termine sia dovuta ai giornalisti e non rifletta fino in fondo il pensiero di Giovanni Paolo; ma il caso suggerisce egualmente qualche interrogativo. Che cosa rappresenta esattamente nella nostra cultura il concetto di individuo? E soprattutto, la sua affermazione è davvero così recente, e così caratteristica del modo di pensare occidentale, come di solito si crede? Proprio a queste domande cerca di rispondere Aron Jakovlevic Gurevic nel suo saggio La nascita dell'individuo nell'Europa medievale, pubblicato da Laterza in collaborazione con altri quattro editori europei, nella collana «Fare l'Europa». Un pregiudizio radicato fin dal tempo di Burckhardt vuole che l'individuo sia apparso in Occidente alla fine del Medioevo: non c'è studente di storia dell'arte cui non si sia fatto notare, all'avvicinarsi del Rinascimento, il trapasso dalle rappresentazioni stereotipe dei volti e delle persone al ritratto indivi- LA NASCITA DELL'INDIVIDUO NELL'EUROPA MEDIEVALE Aron Jakovlevic Gurevic Laterza pp. 318 L. 38.000 dualizzato. E' difficile, però, immaginare che cosa significasse vivere in un mondo in cui non esisteva l'individuo: forse che l'uomo del Medioevo non aveva la stessa nostra coscienza di sé, dei propri interessi e passioni individuali? Ovviamente non si tratta di questo: demolendo una credenza diffusa, Gurevic osserva che quegli stessi artisti dalle cui botteghe uscivano immagini stereotipate e prive di individualità amavano però firmarle col proprio nome e addirittura raffigurare se stessi in un angolo dell'opera. Quanto alla letteratura, i pochi testi immuni dall'influenza livellatrice della morale cristiana, ad esempio le saghe nordiche, rappresentano un'uma¬ nità composta da individui ben distinti e vogliosi di affermarsi come tali, anche se le norme della famiglia e della comunità li vincolavano in una misura oggi impensabile. Nel Medioevo, insomma, il singolo individuo era in genere perfettamente cosciente di sé, e non esisteva affatto un'incapacità di percepire l'individualità umana, rispetto a cui il Rinascimento abbia potuto rappresentare in qualche modo un progresso intellettuale. Parlare, con Burckhardt, di scoperta dell'individuo in età umanistica è per Gurevic del tutto privo di senso; e a questo proposito stupisce che l'editore abbia cambiato il titolo del volume, che in russo suona semplicemente «L'individuo in Europa (Il Medioevo)». Il titolo originale corrispondeva assai più da vicino alla tesi di fondo dell'opera, che per molti aspetti va in senso contralio al titolo scelto per l'edizione italiana; ma si vede che la forza dei vecchi luoghi comuni è difficile da sradicare. Detto questo, non c'è dubbio che nei confronti dell'individualità gli uomini del Medioevo, e soprattutto coloro che riflettevano e scrivevano, avessero un atteggiamento diverso dal nostro. Gli uomini che crearono la civiltà medievale, fossero teologi o letterati, filosofi o pittori, si interessavano più al generale che al particolare, e per buone ragioni, dato che in ogni uomo vedevano l'immagine di Dio; mentre la modernità si contraddistingue proprio per la centralità riconosciuta all'individuo. Oggi ciascuno si vede offrire ogni sorta di strumento per sviluppare ed esprimere al meglio la propria unica, irripetibile personalità; nella pedagogia medievale, l'influenza decisiva della religione cristiana produceva l'effetto opposto, svalutando la realtà individuale per valorizzare invece ciò che si avvicinava a un tipo ideale. E' una conclusione che può ap¬ parire sorprendente, se si pensa che proprio lo choc culturale della conversione al cristianesimo è all'origine della prima autobiografia moderna, le Confessioni di Sant'Agostino. Ma non è un caso che quel gran libro sia rimasto unico, perché l'egemonia clericale dei secoli successivi orientò la civiltà occidentale in senso deliberatamente antiindividualista, favorendo ideologicamente l'umiltà e l'anonimato. Anche gli intellettuali più portati all'introspezione, e perfino quelli che consapevolmente seguivano il sentiero tracciato da Sant'Agostino, nell'analizzare se stessi non erano incoraggiati a valorizzare i tratti rari o irripetibili, ma al contrario tutto ciò che poteva rientrare in un modello, in un tipo; a maggior ragione la pensavano a quel modo i cronisti e gli agiografi. Eginardo, autore della biografia di Carlo Magno, la calcò sulle Vite dei Dodici Cesali di Svetonio, non perché fosse incapace di scrivere un'opera originale, o non scorgesse i tratti peculiari che distinguevano il sovrano franco, poniamo, da Augusto, ma perché il suo universo culturale gli imponeva di identificare il suo protagonista con un prototipo. Non è privo d'ironia, come osserva lo stesso Gurevic, che a ci¬ mentarsi con questo tema sia stato chiamato uno storico russo, vissuto fino a pochi anni or sono in una società che deliberatamente privilegiava il collettivo rispetto al singolo. Quando lo storico scrive che nel Medioevo «all'individualità non si dà valore, né la si approva, la si teme e non solo negli altri; l'uomo si guarda dall'essere se stesso. La manifestazione dell'originalità, della singolarità aveva l'aroma dell'eresia. L'uomo soffriva sapendo di non essere come tutti gli altri», le sue parole potrebbero applicarsi alla lettera alla società sovietica in cui Gurevic è nato e vissuto. Ma si badi che in Russia questo modo di pensare non appartiene soltanto al settantennio comunista, ma affonda le sue radici più indietro, nel profondo sentimento collettivo che permea da sempre la vita e la religione russa. Bene ha fatto allora Jacques Le Goff a rivolgersi al più illustre dei medievisti russi, ebreo d'origine, ma pur sempre russo, per chiedergli di analizzare la condizione dell'individuo medievale: la scelta si rivela la più adeguata per svelarci il contrasto culturale fra gli uomini del Medioevo e quelli del tempo nostro. Alessandro Barbero Sotto Gianfranco Contini A destra Giovanni Pozzi LE AVVENTURE DI UN CONTEMPLATIVO NELLTJCCELLIERA DELLA POESIA ALTERNATIM Giovanni Pozzi Adelphi pp. 618 L. 95.000 ■li

Luoghi citati: Europa, Russia