I vescovi: i giovani riscoprono l'unione ufficiale che porta al matrimonio Voglia di fidanzamento al tempo del computer

i vescovi: i giovani riscoprono l'unione ufficiale che porta al matrimonio i vescovi: i giovani riscoprono l'unione ufficiale che porta al matrimonio Voglia di fidanzamento al tempo del computer LA THUILE DAL NOSTRO INVIATO Sono tornati. Giovani, magari senza lavoro, figli di ima famiglia che lasciano sempre meno e figli della tv. Soprattutto fidanzati. Un tempo, si dichiaravano a mamma e papà, andavano in giro insieme a vedere i mobili e a cercare una casa, e si mettevano tutti attorno a un tavolo e parlavano di doti e di soldi. Oggi, sono soli, i nuovi fidanzati. E la vita insieme la sognano cosi, parlando tra di loro. Piera Sozzi, 25 anni, maestra d'asilo, da Sondrio, ricorda che il giorno del fidanzamento è andata in una gioielleria con il suo ragazzo, e non l'avevano detto a nessuno, e si sono comprati un anellino. Dice Franco: «Un giorno ce lo siamo detti e eravamo noi due e basta, e abbiamo deciso quando ci saremmo sposati. Poi siamo andati a casa per dirlo ai nostri, ognuno ai suoi. Ricordo che mio padre continuo a mangiare mentre io parlavo, e erodevo che a mia madre venisse da piangere, e invece mi poggiò una mano sulla spalla e disse: va bene, li.ii l'età giusta)). tinsi, un po' più soli, un po' più icchi e un po' più tristi. Però, ritortilo. I nuovi fidanzati. E la Chiesa riscopre, anche se ripete che è una domanda che arriva direttamente dai giovani, non è tuia richiesta che scende dall'alto, non è una imposizione. «Bisogna aiutarli, ridare valore a questa tappa di un percorso che conduce al matrimonio)), dice don Renzo Bonetti, direttore dell'ufficio nazionale per la pastorale della famiglia: «Il fidanzamento non è solo tui fatto privato. Lo deve capire la Chiesa, ma pure la società». Va bene. E' il nuovo bisogno dei ragazzi del Duemila. Anche i protagonisti di Jack Frusciante, in fondo, volevano fidanzarsi. L'eroe cult delle nuove generazioni, Jack Frusciante uscito dal gruppo. E anche i figli delle telenovelas e delle soup opera oggi sognano un fidanzamento, e i figli dei cartoons e i ragazzi di Internet, con la biro nel taschino e gli occhiali appannati dietro ai loro viaggi nel cyberspazio alla ricerca di un mondo virtuale. I ragazzi del Duemila. Adriana Sughero, 24 anni, da Pescara, dice: «Io e lui ci siamo promessi in un pub, davanti a una birra, dopo due anni che eravamo insieme. Poi quando sono tornata a casa, era tutto come sempre e mia madre ini ha chiesto se la domenica andavo al mare con loro e se uscivo a prendere il pane. Le ho detto: mamma, io e Alex abbiamo deciso di sposarci. Sono andata in camera ad accendere il computer su Internet, e lei mi è venuta dietro e mi ha detto che lui non aveva un lavoro, e come facevamo senza casa, che lei sarebbe anche stata d'accordo, eccetera eccetera. Non aveva capito niente». Ecco. Il fatto e che ne! frattempo è cambiata la figura giovanile. E adesso, ripete la Chiesa, dobbiamo capirli e basta. Dobbiamo smettere di giudicarli, di insegnare loro sempre qualcosa, di moralizzarli. Per questo, si sono trovati a La Tintile 3in delegati di 110 diocesi per il convegno della Gei, «I giovani: educazione all'amore e alla famiglia». Un seminario sul fidanzamento, appunto. Perché gli anni sono passati e il mondo e cambiato e i giova- ni sono scappati, e poi viene un giorno e uno scopre che c'è qualcosa che è rimasto uguale nel tempo che se n'è andato. Alla fine, siamo ritornati tutti lì, dov'erano passati i nostri padri. Si cambia il mondo, non l'amore. E allora, cominciamo dall'inizio e cerchiamo di definirlo. Che cos'è il fidanzamento? «E' quel periodo nel quale due ragazzi deci- dono che il loro amore possa arrivare al matrimonio», dice don Domenico Sigalini, responsabile del servizio nazionale per la pastorale giovanile della Cei. «E' una tappa non obbligatoria», aggiunge Riccardo Prandini, sociologo di Bologna. «E' un impegno che si può rompere e questo per assurdo è la sua bellezza», sentenzia il vescovo Giuseppe Anfossi, presidente della Commissione per le famiglie della Cei. Oggi, come dieci anni fa, la cosa più importante della vita per i giovani dai 15 ai 29 anni è ancora la famiglia. Soltanto che negli Anni Ottanta il secondo valore di riferimento era il lavoro (67,7%), seguito dalle relazioni di amicizia e di amore (5fl,4). Adesso invece l'amore è al secondo posto con il 70,6 di risposte e il lavoro è sceso al terzo (60,2%). Però, annota don Renzo Bonetti, «un niunero sempre più elevato di matrimoni crolla dopo il primo anno di convivenza». E continuano a crescere le unioni civili: «Il 18% in Italia, e solo a Firenze sono addirittura il 52, un primato incredibile», dice Prandini. I simboli dell'amore sono in crisi. Però, è in questa contraddizione che cresce la richiesta di fidanzamento. Adriana, da Ancona, dice: «Ne ho parlato con i miei genitori. Sono rimasti spaesati. Va bene, ma noi lo conosciamo già, mi hanno detto. Come dire che non c'era bisogno, ho pensato io. Sono an¬ data in camera e ho pianto». Ma allora, è davvero così importante per i ragazzi del Duemila? Don Renzo Bonetti giura che lo è sempre stato, «solo che era stato svuotato di significato, era diventato un l'atto solamente privato, da vivere all'interno della coppia». Bisogna ricominciare, promettono i vescovi. In fondo, non importa come. C'è chi vorrebbe riproporre gli sponsali, «una sorta di rito di fronte alla comunità», come spiega don Sigalini. C'è chi teorizza anche solo una grande festa, «per riscoprire l'impegno e ridare coscienza a una promessa», come dice Prandini. E poi c'è chi, come monsignor Anfossi, ripete che si potrebbe pensare pure a un incontro pubblico davanti al parroco. Ma attenzione, avverte Prandini, «questo non è un ritorno al passato. E' un ritorno al futuro. Perché questo è un percorso ancora tutto da inventarsi e da innovare. C'è un problema, che tutte le coppie hanno, quello di essere isolate dalla comunità. Le coppie ven¬ gono lasciate sole, senza mi riconoscimento che non sia quello del matrimonio. Sono proprio queste le unioni che muoiono più facilmente». A parlar di amore, si finisce sempre lì. Fonte di gioia e di sofferenza, come lo raccontano da millenni. In fondo, è così banale, da sempre. E tutto ritorna e tutto si ripete. Anche il fidanzamento, certo. Anche le st-rie tristi, che insegnano che a volte niente può servire, niente può bastare. Come quella di Marie Luise, 36 anni, da Merano: «Certe volte, per alcuni di noi, il punto non è tanto come si arriva a un matrimonio. C'è l'amore, e poi finisce e il mio è passato da anni e quando ci penso ancora mi dispiace. Ciò che devi capire sono i tuoi cambiamenti, la tua crescita. Devi, insomma, fare i conti con te stesso. E' questa l'altra faccia di una relazione d'amore: la tragedia del cambiamento». Pierangelo Sapegno «E' ora di smettere di giudicare i ragazzi Dobbiamo capirli» Il sociologo: il legame andrebbe sancito con una festa tra parenti e amici unione ufficiale che porta al matrimonio amento mputer Mons. Anfossi e lo scrittore Brizzi. Accanto: un'immagine della pubblicità Gucci Mons. Anfossi e lo scrittore Brizzi. Accanto: un'immagine della pubblicità Gucci

Luoghi citati: Ancona, Bologna, Firenze, Italia, La Thuile, Merano, Pescara, Sondrio