Forsythe, la danza è scrivere con il corpo Il coreografo americano partecipa al festival RomaEuropa, con scalfaro ospite d'onore di Sergio Trombetta

Forsythe, la danza è scrivere con il corpo Il coreografo americano partecipa al festival RomaEuropa, con Scalfaro ospite d'onore Forsythe, la danza è scrivere con il corpo «Il mio lavoro? Un'ispirazione intellettuale che diventa sfida fisica» "7^1 ROMA I i OREOGRAFARE? Non I vuol dire mettere insieI i me dei passi, ma organiz3g 1 zare. Organizzare un corpo rispetto ad altri corpi, rispetto allo spazio». Con il suo viso allungato e lo sguardo tenero del miope William Forsythe, oggi fra i più grandi, se non il più grande coreografo di fine secolo, ha:raccontato alla telecamera di Channel Four il suo lavoro di 14 anni al Balletto di Francoforte, un lavoro che è insieme ispirazione intellettuale e ardita sfida fisica. Ne è nato un filmato che al recente Festival «Dance Screen» di Lione è stato premiato come miglior documentario di danza. Fatto eccezionale, quel documentario, per un artista estremamente restio a mettersi in mostra. Così come è eccezionale che Forsythe accetti di far danzare la sua compagnia «en plein air». E un'eccezione l'ha fatta per RomaEuropa. Il Festival diretto da Monique Veaute e presieduto da Giovanni Pieraccini, infatti, lo ha chiamato per l'apertura, mercoledì prossimo (repliche il 4, 5 e 6), nel Giardino del Museo degli strumenti musicali. Sarà forse anche per questa eccezionalità che alla serata è prevista la presenza del Presidente della Repubblica Scalfaro? Quarantasette anni, nato a New. York, innamorato del musical di Fred Astaire e di West Side Story, di Balanchine e di Merce Cunningham, uomo dalla vita famigliare complessa, innamorato teneramente dei figli, e ap¬ passionatamente del proprio lavoro, Forsythe è un intellettuale che ama leggere soprattutto, così dichiara, testi di critica culturale e a proposito delle proprie coreografie cita Aldo Rossi e Wittgenstein, Paul Virilio e Daniel Liebeskind. E' lui l'artista che, a fine millennio, ha consentito nuova vita al linguaggio della danza accademica, su cui sembrava avere detto irrimediabilmente tutto Balanchine. Ha impresso al classicismo una ulteriore violenta accelerazione, gli ha consentito nuove possibilità di movimento nello spazio. Dopo essersi lanciato in una acuta descrizione della lotta fra i sessi {Love Songs) dopo avere smantellato il mito del balletto classico (per esempio Gange, ein stùk ùber Ballet), da tempo Forsythe esplora le strutture della danza sui cui significati ha le idee molto precise: «Nei casi migliori la danza non esprime altro che se stessa. Io non penso a ciò che la danza rappresenta, ma soltanto al. ìovimento, anche se rifletto molto sul contesto in cui la danza viene rappresentata». E precisa: «La danza in sé non sopravvive al tempo. Di essa sono rimaste - dal punto di vista storico - solo poche rappresenta¬ zioni generali. Ma non si tratta di documenti significativi. Essi vengono trasmessi da danzatore a danzatore come tracce genetiche. Così si arriva all'essere umano come documento storico». Le tracce geometriche che il corpo umano lascia nello spazio, da tempo non sono soltanto quelle definite dal balletto classico. E Forsythe lo ribadisce con forza: «Il balletto classico è un tipo di geometria altamente codificata, e a me interessano modelli di rappresentazione meno codificati, mi interesso di situazioni intuitive, come le può de¬ scrivere il corpo. Io sono interessato al corpo come strumento di scrittura, o meglio come strumento didascalico. Secondo la concezione tradizionale, nel balletto, i movimenti vanno dal centro del corpo verso uno spazio ipotetico. Io al contrario pongo al centro l'irregolare geometria propria del corpo umano che a sua volta influisce sul movimento nello spazio. Con ciò mi pongo come fine il conseguimento di tutt'altri risultati». Di questo burattinaio intellettuale della danza non stupisce che all'inizio della sua carriera, quando era ancora allievo presso il Joffrey Ballet, abbia fatto il diavolo a quattro per interpretare il Mago in Petrushka, cioè colui che dà vita e fa danzare le bambole inanimate. Ottenne quel ruolo grazie a Leonide Massine che aveva capito tutto: «Deve farlo, l'ha dentro di sé». Sergio Trombetta William Forsythe

Luoghi citati: Francoforte, Lione, Roma