Gli Usa, l'Italia e il patto violato di Paolo Guzzanti

Gli Usa, l'Italia e ilpatto violato Gli Usa, l'Italia e ilpatto violato NEW YORK .LL'OPINIONE pubblica americana non è piaciuta la decisione della nostra Corte Costituzionale che ha bloccato l'estradizione in Usa di Pietro Venezia, il proprietario di ristorante accusato di aver ucciso a revolverate un agente delle tasse in Florida. Giornali e telegiornali danno conto dei motivi umanitari della decisione: in Florida esiste la pena di morte e gli italiani sostengono di voler proteggere un loro concittadino da una possibile sentenza di morte, che ih Italia non esiste. Con malizia il New York Times ricorda che fino a poco tempo fa il 60 per cento degli italiani si dichiarava favorevole alla pena capitale e che poi la percentuale è scesa appena sotto della parità. Ma non è sulla questione della pena di morte che gli americani si sono indignati (anche qui esiste una viva minoranza abolizionista). No, si sono indignati per la violazione della logica contrattuale e della chiarezza, abituati come sono a ragionare secondo la logica a due valori: vero o falso; giusto o ingiusto. In materia di giustizia gli italiani suscitano qui, sentimenti opposti: ammirazione sbalordita per l'eroismo dei magistrati antimafia e ànticorruziòrie, ma fastidio e ripugnanza per gli inquinamenti emotivi. Secondo la loro mentalità la struttura del vero e del falso deve essere trasparente, comprensibile anche per un bambino. Così, per quanto riguarda il caso di Pietro Venezia, gli americani sono rimasti sorpresi e offesi per il divieto di estradizione, non per la differenza di opinione sulla pena di morte e le sue implicazioni etiche, ma perché il procuratore della contea di Dade, Mary Cagle, aveva dato garanzia che Pietro Venezia, se riconosciuto colpevole, non sarebbe stato giustiziato. Dunque, si domandano, si può sapere che cosa vogliono in Italia? Davvero pensano, come ha detto Ersilia Salvato di Rifondazione, che la sentenza della Consulta sia una «stupendous victory» che mette fine «alla subordinazione italiana alle esigenze della realpolitik»? Inoltre trovano ipocrita I l'enfasi con cui viene difeso | un evasore fiscale accusato di aver sparato e ucciso il tax ojficer che lo aveva incastrato e che gli aveva congelato i fondi in banca a copertura delle tasse non pagate. Dovreste essere i primi ad usare severità e disprezzo per un tal genere di delitto, dicono, vista la crociata bandita in Italia contro l'evasione fiscale. Gli americani trovano grottesco che mentre il presidente della Repubblica Scalfaro dichiara che chi non paga le tasse deruba il vicino di casa, un ex Presidente della stessa Repubblica, Giovanni Leone, sia pure nella sua veste di difensore dell'accusato, definisca la decisione della Corte come un fatto storico per l'onore dell'Italia. Certo, l'accusa contro Mr. Venezia è da provare, e in linea di principio potrebbe darsi che alla fine l'imputato sia riconosciuto innocente. Ma qui si sottolinea il fatto che la Corte Costituzionale italiana abbia voluto impedire l'estradizione per evitare le conseguenze di una eventuale colpevolezza, non di una possibile innocenza. Ma il salto logico che indigna e frustra sta nella ferita al patto violato. La loro mentalità è abituata al patteggiamento: nessuno si scandalizza se vengono poste condizioni per celebrare un processo, con una elasticità pratica e mentale che noi neanche ci sogniamo. Hanno detto: è questo che vi preoccupa? Volete la garanzia che l'imputato non rischi il patibolo? Va bene, ok, eccovi la garanzia, adesso lasciatecelo processare. Non volete? E perché? Che cosa c'entrano le scelte di civiltà? Una cappa di gelo. E i portavoce del dipartimento di Giustizia da Washington constatano che la collaborazione italo-americana del 1983 contro il crimine organizzato, quella promossa da Falcone per ottenere Buscetta e fare il maxiprocesso, è entrata in crisi. Paolo Guzzanti irti | Sffg

Persone citate: Buscetta, Dade, Ersilia Salvato, Giovanni Leone, Mary Cagle, Pietro Venezia, Scalfaro