Il violinista: «E Muti e Abbado dovrebbero fare di più per la musica italiana» «Rock, giù le mani dalla lirica» di Armando Caruso

Il violinista: «E Muti e Abbado dovrebbero fare di più per la musica italiana» Il violinista: «E Muti e Abbado dovrebbero fare di più per la musica italiana» «Rock, giù le mani dalla lirica» Uto Ughi contro <4naccettabili esperimenti» ROMA. Uto Ughi: altro che «Trillo del diavolo» con il suo Stradivari: «strilla», se la prende con gli abbinamenti lirico-rockettari di Pavarotti & C. (Zucchero, Clampton, Elton John etc.) «che costituiscono un vero tradimento dell'arte lirica di cui il tenore è il massimo rappresentante mondiale. Non si possono fare commistioni strane, né cantare 1"'Ave Maria" di Gounod con Zucchero o alni compagni d'avventura, che non hanno voce, sono stonati. Musicalmente è un esperimento inaccettabile. E tutto questo senza voler fare alcun razzismo musicale o classismo di bassa lega. Non ho alcunché contro il rock, ma ognuno faccia il suo mestiere. Così facendo, Pavarotti, che io stimo per la sua intelligenza artistica, rende all'arte un pessimo servizio. Proprio un peccato. E' come se la Callas, allora, si fosse messa a cantare anche con Claudio Villa. Con una differenza, che Villa sapeva cantare e come. Ma non mi sono mai sognato di dare a Pavarotti del traditore della lirica tout court». Però lei, maestro, ha sparato bordate anche contro Muti e Abbado. Avrebbe detto che non fanno nulla per la musica italiana e che pensano soltanto di fare soldi all'estero. «In proposito ho rilasciato dichiarazioni ad alcuni giornalisti, in occasione del mio concerto al Festival di Fiuggi, ma ho detto e lo riaffermo che Riccardo Muti e Claudio Abbado, i nostri più celebri direttori d'orchestra, dovrebbero dedicarsi non soltanto alle loro orchestre, ma anche ad altri complessi italiani, per esempio Santa Cecilia, che invece ignorano, o ad altre istituzioni più piccole come quelle di Mantova e di Lecce. Muti da vent'anni non di¬ rige l'orchestra sinfonica romana. Dico che anch'essi con la loro arte eccelsa potrebbero dare preziosi consigli ad alcune orchestre e contribuire così alla loro valorizzazione. Tra quanto ho appena spiegato ed affermare invece che Muti e Abbado non fanno nulla per la musica italiana, come qualcuno ha creduto di farmi dire, ci corre parecchio. Né ho mai sostenuto che i due direttori pensano soltanto a far soldi all'estero. E' un linguaggio da taverna che non fa parte del mio pensiero tantomeno del mio stile. E poi, la mia è una critica costruttiva, per nulla malevola. Io intendo soltanto richiamare la loro attenzione sui giovani musicisti italiani, che non hanno futuro». Eppure i giovani strumentisti italiani oggi si stanno affermando sempre di più. «Vero. Ci sono bravissimi strumentisti nelle grandi orchestre ma altrettanto bravi musicisti in cerca di lavoro perché in Italia le orchestre vengono chiuse e non se ne creano altre, come ha fatto la Rai, che ha dissolto le sue quattro gloriose formazioni sinfoniche e mantenuto quella Nazionale di cui, per altro, si dice gran bene. Ma che faranno i bravissimi musicisti che escono dai conser- vatori italiani? Dove andranno a lavorare? Se potessero godere delle attenzioni di Abbado e Muti, questi ragazzi accrescerebbero il loro bagaglio di esperienza». Lei ha anche sostenuto che in Italia bisogna smetterla di ingaggiare sempre più i mu¬ sicisti stranieri. «Neppure per sogno. Non ho mai detto una cosa simile. Non si possono travisare mie frasi per fare degli "scoop". Ho soltanto affermato che le società concertistiche dovrebbero garantire un maggior equilibrio tra partecipazione italiana e straniera per salvaguardare i nostri giovani talenti. Soffriamo di esterofilia. Ma all'estero c'è ben altro protezionismo, si fa esattamente il contrario di quanto succede qui da noi». Ma che dicono i tre grandi sotto accusa? Claudio Abbado ieri provava a Berlino; Riccardo Muti stava preparando «Così fan tutte» che andrà in scena al Musikverein con un programma tutto italiano (Vivaldi, Pergolesi, Respighi, Martucci, Verdi); e Pavarotti, il più colpito dalle frecciate di Uto Ughi, è a Tokyo dove sta preparando il concertone dei «Tre tenori». Armando Caruso Uto Ughi se la prende con gli abbinamenti lirico-rockettari di Pavarotti & C. (Zucchero, Clapton, Elton John) «che costituiscono un tradimento dell'arte lirica di cui il tenore è il massimo rappresentante»

Luoghi citati: Berlino, Fiuggi, Italia, Lecce, Mantova, Roma, Tokyo