Produzione da 10 miliardi, sfarzosi costumi di Donati, due volte Oscar MARIANNA UCRIA di Roberto Faenza
Produzione da 10 miliardi, sfarzosi costumi di Donati, due volte Oscar Incontro con Roberto Faenza che gira il film tratto dal romanzo della Maraini MARIANNA UCRIA ROMA. Corsetti azzurro cielo posati su ampie gonne fatte di una stoffa talmente impalpabile e leggera da chiamarsi «velo di cipolla»; cuffie per i capelli impreziosite da intrecci di merletti, raso, fiori; mantelli intarsiati d'oro e cupi abiti da funerale a misura di bambino: la Sicilia del primo Settecento rivive già da qualche settimana a Cinecittà, dove Danilo Donati (due volte premio Oscar) prepara scene e costumi di «Marianna Ucria», il nuovo film di Roberto Faenza tratto dal best-seller di Dacia Maraini, tradotto in 19 lingue e vincitore nel '90 del Premio Campiello. La storia di un'emancipazione ante-litteram, quella di una bambina sordomuta capace di liberarsi dalle convenzioni arroganti e dalla violenza ignorante di cui è intessuto l'universo in cui vive, sarà girata, in 11 settimane dal 1° luglio, a Cinecittà, in alcune ville del Lazio, tra Frascati e Caprarola, e, per gli esterni, in Sicilia, tra Ragusa e Siracusa. Prodotto dalla Cecchi Gori Group in collaborazione con la francese Arcturus (costo complessivo circa 10 miliardi), scritto da Sandro Petraglia insieme con il regista (la Maraini ha solo letto la sceneggiatura e chiesto qualche modifica nel linguaggio) il film avrà per protagonista Emmanuelle Laborit, scrittrice e attrice sordomuta nipote dello scienziato Henri Laborit. La parte di Marianna bambina sarà interpretata dall'undicenne Eva Grieco, ballerina del Teatro dell'Opera che sullo schermo arriverà ad avere 16 anni; Roberto Herlitzka sarà il marito-zio di Marianna; Philippe Noiret il nonno; Laura Betti la nonna (ma anche la sorella gemella); Leopoldo Trieste il pretore; Bernard Giraudeau l'istruttore che insegna alla bambina la lingua dei sordomuti; Laura Morante la madre. «Una madre dolente - dice Faenza - che, come la figlia, non parla e preferisce nascondere nel silenzio il suo dolore e il suo mistero». Che cosa l'ha attratta della storia di Marianna Ucria? «La somiglianza con i personaggi dei miei ultimi film: come il bambino ebreo Jona e come il giornalista Pereira, Marianna si trova all'inizio della vicenda in una strada senza uscita, con un destino segnato e apparentemente immodificabile. Ma la situazione estrema in cui si muove viene completamente ribaltata e il suo diventa un cammino dal buio alla luce, il processo di maturazione di una donna in una società fondata sulla mortificazione femminile». Perché la interessa tanto questo genere di percorso umano? «Il sogno di libertà inseguito da Marianna Ucria non riguarda solo la sua vita e il secolo in cui si svolge, ma corrisponde a un'aspirazione viva, attuale. Sono convinto che il cinema debba fare di più di quello che fa, dando un contributo più forte all'esistenza quotidiana. E' giusto, per un regista, avvinghiarsi a storie incoraggianti, che trasmettano costruttività a coloro che le vedono. Il cinema deve stabilire un rapporto solido con il pubblico e questo può avvenire solo se riesce a comunicare cose importanti». Realizzare un film europeo da 10 miliardi è un'impresa: come è riuscito a compierla? «Ho acquisito i diritti del libro tre anni fa, ma ci è voluto molto tempo per mettere insieme le risorse necessarie a realizzare il film: un'impresa mostruosa, come costruire una diga nel deserto. Per riuscire ci vuole una motivazione straordinaria, bisogna entrare in sintonia con i personaggi, identificarsi con i loro dolori e le loro sofferenze. Se non si fosse creata questa corrispondenza non avrei avuto la forza per raggiungere l'obiettivo». «Marianna Ucria» è il suo primo film italiano, dopo tante pellicole ambientate all'estero: le fa piacere tornare a girare nel suo Paese e, in particolare, in Sicilia? «Dopo "Forza Italia" ho subito una forte censura: era dal '77 che non realizzavo un film totalmente italiano. Questo ritorno mi affascina e trovo straordinaria la realtà della Sicilia: mi ha colpito l'enorme generosità dei suoi abitanti, la bellezza del linguaggio e il fatto che sentano così loro questa storia». Come vede, dopo i recenti mutamenti politici, la situazione attuale del cinema italiano? «Il cinema italiano è amministrato da ima vera e propria "cupola" guidata da interessi totalmente estranei agli spettatori e a coloro che operano nel settore. Lo Stato ha investito negli anni scorsi decine di miliardi in pellicole mai mostrate al pubblico; bisognerebbe, per poter ricominciare davvero, che tutti quelli che hanno rivestito certe cariche si dimettessero». E poi? «Siamo all'anno zero e finora, vedo poca progettualità. Mi auguro che questo nuovo governo sia capace di promuovere un rinnovamento radicale e invito Veltroni a stabilire criteri di equità nell'assegnazione dei fondi per il cinema: il denaro va speso bene, soprattutto deve essere garantita la visibilità dei prodotti. Il cinema italiano, come ha fatto quello francese, deve darei un progetto, un obiettivo che non sia più quello di foraggiare le varie lobby». Fulvia Caprara «Il cinema italiano è una cupola guidata da interessi che non toccano gli spettatori» Produzione da 10 miliardi, sfarzosi costumi di Donati, due volte Oscar Nell'immagine grande: foto di gruppo per il cast di «Marianna Ucria», il nuovo lavoro che sta girando Roberto Faenza. Foto da sinistra: Laura Morante, una delle attrici del film; poi il regista insieme con Marcello Mastroianni (con lui ha girato «Sostiene Pereira»), qui sopra Dacia Maraini
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