Madrid, fa discutere una frase del Presidente della Repubblica sulla passata dittatura «Franco salvò la Spagna dalla tragedia»

Madrid, fa discutere una frase del Presidente della Repubblica sulla passata dittatura Madrid, fa discutere una frase del Presidente della Repubblica sulla passata dittatura «Franco salvò la Spagna dalla tragedia» Scalfaro: ebbe la saggezza di tenersi fuori dalla guerra MADRID DAL NOSTRO INVIATO Un saggio. Un salvatore della patria. Oscar Luigi Scalfaro toglie dalla soffitta, dove l'avevano relegato il pesante e quasi unanime giudizio della storia e i rimorsi della cattiva coscienza, il fantasma di Francisco Franco. E sembra regalargli una sorta di assoluzione «ad memoriamo amplificandone la lungimiranza politica e lodandone, con una disinvoltura che a qualcuno è parsa eccessiva, l'atteggiamento assunto allo scoppiare della guerra mondiale: allora il Caudillo evitò di schierarsi a fianco dei belligeranti risparmiando «al popolo la tragedia. Purtroppo così non accadde da noi». Poche righe a galleggiare nel lungo testo fornito ai giornalisti, del brindisi ufficiale del Presidente in occasione del pranzo di gala offerto in suo onore dal re e dalla regina di Spagna. Poche righe, ma sufficienti a scatenare polemiche dal momento che - in questo Paese che culla con orgoglio la sua «reconciliacion» - è più doloroso che scomodo rievocare il periodo buio della dittatura. Anche perché queste parole riecheggiano in modo singolare e, naturalmente senza volere, un po' sinistro, gli slogans con cui il franchismo accreditava se stesso: «Nos ha dejado fuera de la guerra», ci ha lasciato fuori della guerra, era la dicitura più frequen¬ te al «santino» di Franco. «Treinta ahos de paz» era l'orgogliosa medaglia che il Caudillo si appuntava sul petto. E poco importava se la pace era arrivata dopo una sanguinosa guerra civile ed era la pace dei cimiteri e delle prigioni. Al più il regime tollerava la blanda satira dei «chistes», delle barzellette, e dalle colonne dell'unico settimanale umoristico sopportato facevano il verso alla frase modificandola: «Treinta anos de paz...ienria». Scalfaro ripercorre la storia che ha «vissuto passo dopo passo» e ricorda i giorni in cui «in Spagna e in Italia si oscurò o si spense la fiaccola della libertà. Da voi vinse la saggezza di salvare il vostro popolo». Una sagacia ed un acume strategico-politico che il nostro Paese non visse e che si carica di un «purtroppo» pieno di rimpianto. Subito dopo questo paragrafo il testo del discorso presidenziale si impenna in altre tre righe che, ad una prima lettura, potrebbero suonare stridenti: «E ritornò piena la dignità della persona umana, da noi riconquistata con tanto sangue, da voi con ammirevole volontà di pace». A chi appartiene questa mirabile voglia di conciliazione? Ancora al defunto Franco o, piuttosto, al giovane re che ne prese il posto per gestire la transizio¬ ne? Probabilmente proprio a quel Juan Carlos di Borbone che qualcuno qui definisce con una contraddizione giustificata dalla stima «il re repubblicano». L'excursus storico di Scalfaro, conciso ai limiti della cripticità, non chiarisce a pieno il riferimento anche se, subito dopo, il Presidente osserva: «Questo merito, Maestà, è alto davanti al suo popolo, ma, soprattutto, davanti a Dio». Italia e Spagna, due Paesi, due «comuni doveri nell'Europa e per l'Europa»: il Capo dello Stato tocca temi alti e sfiora il «male degradante» che colpisce il Vecchio Continente: quella disoccupazione che si può vincere solo abbandonando «l'egoismo» e promuovendo la «solidarietà». E il re, che non dimentica la sua «patria chica», la sua «piccola patria» italiana che l'ha visto nascere in esilio, ricambia: si preoccupa di definire «brillante» il congresso di Firenze che ha sancito la chiusura del semestre italiano di presidenza Ue e che, in Parlamento spagnolo, più d'uno ha, invece, etichettato come «modesto». E soprattutto si lancia in un riconoscimento alla «lucidità e alla determinazione» con cui il Quirinale «svolge le sue funzioni in momenti per nulla facili». Amicizia affettuosa che il re di Spagna ha voluto dimostrare, sin dalla mattina a Scalfaro, accogliendolo con un abbraccio fuori protocollo nel palazzo del Pardo che sarà la residenza presidenziale in questi giorni madrileni. Il Capo di Stato ci è entrato sorridendo: nessuna delle irate preoccupazioni che provò Sandro Pertini nell'80 quando giunse a Madrid in visita ufficiale e fu durissimo: «In questo palazzo ha vissuto Franco, io, di certo, non ci metterò piede» si impuntò. E, di gran fretta, dovettero liberargli una suite all'Hotel Ritz. Nessuno, invece, ricorda se per gli spostamenti il Presidente partigiano si servì della fastosa Rolls-Royce nera con cui Scalfaro ha fatto, ieri, il suo ingresso a palazzo reale: l'auto è un cimelio ingombrante non solo per le proporzioni. Qui giurano che fu un grazioso regalo al Caudillo dell'amico Adolf Hitler. Renato Rizzo LA FRASE «INCRIMINATA» «... E poi la storia che anch'io ho vissuto passo dopo passo. Se in Spagna e in Italia si oscurò o si spense la fiaccola della libertà, da voi vinse la saggezza di salvare il vostro popolo dalla tragedia dell'ultima guerra; purtroppo non da noi. E ritornò piena la dignità della persona umana, da noi riconquistata con tanto sangue, da voi con ammirevole volontà di pace...» A sin.: Scalfaro conversa con la regina Sofia e re Juan Carlos