Il caso. Dopo la chiusura di «UndzerWort» a Parigi Yiddish così muore una grande voce di Enrico Benedetto
il caso. Dopo la chiusura di «UndzerWort» a Parigi il caso. Dopo la chiusura di «UndzerWort» a Parigi Yiddish, così muore una grande voce PARIGI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE L'ultimo quotidiano yiddish del mondo non poteva che chiudere le porte in Francia. Pochi lo sanno, ma ancora nel 1993 Parigi ospitava ben tre giornali in lingua ebraico-germano-slava. Undzer Wort - di cui La Stampa ha reso pubblica, ieri, la sospensione - non era dunque che l'ultimo sopravvissuto. Lo precedono, nell'oblio, Naye Press dalle simpatie gauchiste. E il socialdemocratico Undzer Shtime. La Francia fungeva insomma almeno finora - da catalizzatore giornalistico non solo per la diaspora russa. E se gli Usa costituiscono la nuova frontiera della cultura yiddish, Parigi ne era il fulcro sul piano informativo. Cadenza ormai trisettimanale per ridurre le spese, 2 redattori appena (il più giovane ultrasettantenne, si mormora), 4 pagine, interruzione estiva, Undzer Wort viveva su corrispondenze dalla diaspora eurorientale e Israele. Con la liberalizzazione gorbacioviana gli si erano schiuse le frontiere dell'ex Urss. Ma i nuovi abbonamenti in Ucraina e Bielorussia si rivelarono più significativi a livello simbolico che quantitativo. «Per fortuna ci sono i necrologi», osservava con bonomia il direttore Jacques Cypel, un Montanelli in versione ebraica cui la vecchiaia - 88 anni - non impediva una presenza non stop in redazione. Inutile dire che la fattura era (anzi, è: solo a fine mese calerà il sipario) ultrartigianale. Nessun computer, ancor meno telescriventi. E zero tv. Solo una radiolina a pile per ascoltare i notiziari e redigere le rubriche. Su tiratura e vendite - come ogni bravo patron quando le cose vanno maluccio - monsieur Cybel non amava fornire dettagli. Si dice che negli ultimi tempi le seconde non oltre- passassero i duemila esemplari. Un record negativo che non lascia dubbi sulla crisi. Alcune settimane fa avevamo incontrato l'editore. Per chi - come lui - gestisce un piccolo impero, stampare Undzer Wort era in definitiva un'opera filantropica. «Pagano poco, e tardi» ci disse, «ma non oserei mai far loro mancare l'ossigeno». La fine di una piccola epopea che durava dal '47 nasconde quindi altre ragioni meno visibili. In particolare l'usura. Per un giornale che, salvo una microdistribuzione in edicola nel quartiere della République, prosperava sugli abbonati, vederli invecchiare e morire uno dopo l'altro senza che lettori più giovani subentrassero loro equivaleva a una condanna quasi biblica. Infine, le forze fisiche e morali della minuscola équipe erano allo stremo. Meglio fermarsi. Con i suoi reportage sul polimorfo universo ebraico francese, gli editoriali che tentavano di legare comunque al giudaismo - talora forzandola - l'attualità francese o internazionale, la messa in pagina retro... Undzer Wort coltivava la differenza non solo linguistica. Davvero difficile non rimpiangerlo. Enrico Benedetto
Persone citate: Jacques Cypel, Montanelli
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