La voce di Buddha? Registrata in una corteccia di betulla Sessanta rotoli con i sermoni ai discepoli, favolette morali, poesie di Fabio Galvano

La voce di Buddha? Registrata in una corteccia di betulla Un professore decifra un misterioso documento della British Library: è il più antico della religione indiana La voce di Buddha? Registrata in una corteccia di betulla Sessanta rotoli con i sermoni ai discepoli, favolette morali, poesie LONDRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Sono, per il Buddhismo, quello che i rotoli del Mar Morto sono stati per Cristianesimo e Giudaismo: il documento più antico, la reliquia con la quale tutte le altre potranno essere e saranno confrontate. Sono 60 frammenti di corteccia di betulla: scuri, polverosi e rinsecchiti, arrotolati - dice Richard Salomon «come un grosso sigaro vecchio di duemila anni», ma un sigaro «calpestato, appiattito, a pezzi». Il professor Salomon, dell'università di Seattle, è considerato una delle massime autorità mondiali di kharosthi, una scrittura che deriva dall'alfabeto aramaico. E' stato lui ad avviare l'opera di decifrazione di quel misterioso documento. Ora non ha più dubbi: «Sono i più antichi manoscritti buddhisti, i rotoli del Mar Morto del Buddhismo». La travolgente scoperta - sermoni del Buddha pronunciati ai discepoli sulle rive del lago Anava- tapta, poesie e un trattato sulla psicologia della percezione - è stata fatta alla British Library. I documenti erano stati acquistati 18 mesi fa da un antiquario specializzato in manoscritti antichi, per una cifra imprecisata (ma si parla di alcune decine di milioni di lire fornite da un anonimo sponsor) come imprecisato è l'iter di quel prezioso «sigaro». Probabilmente viene dall'Afghanistan: era conservato in un involucro sigillato di terracotta. «Ora il suo valore è incalcolabile», afferma Graham Shaw, vicedirettore - alla Library delle collezioni orientali e indiane. I frammenti risalgono al primo se¬ colo dopo Cristo, forse all'inizio del secondo: a 500 o 600 anni dalla morte del Buddha, se si accetta per buona la data del 486 a. C. Occorreranno tre anni per decifrare completamente quei fragili pezzi di corteccia e avviare uno studio comparato con i testi già noti del Buddhismo. Ma già si indica che questi rotoli dovrebbero far parte del canone - perso fin dai tempi antichi - della setta Sarvastivadin: quella che dominava la regione di Gandhara - a cavallo fra gli attuali Pakistan settentrionale e Afghanistan orientale - e che fu maggionnente responsabile per la diffusione del Buddhismo nell'A¬ di sia centrale e orientale, dove gli adepti sono oggi almeno 130 miboni (su un totale mondiale di circa 250 milioni). «Ci sono - dice il professor Salomon - poesie, favolette morali e temi metafisici, molto frammentari e in pessime condizioni. Sono il reperto più affascinante che mi sia mai stato dato di toccare con queste mani. Quello che ci danno è un vivace quadro di come le popolazioni di quell'epoca concepivano il Buddha». Spiegano anche, secondo Graham Shaw, come i buddhisti trasmettevano gb insegnamenti della loro religione, che a lungo erano stati soltanto orali. I disce- poli, dopo la morte del Buddha, si riunivano per recitarne i sermoni, strutturandoli in quello che sarebbe poi diventato il canone buddhista. Il vecchio e malconcio «sigaro» potrebbe essere non solo il più antico reperto, ma anche uno dei primissimi testi. Ma non è stato facile affrontare la prima lettura. Si trattava, anzitutto di srotolare i rotoli: con il pericolo, data la loro fragilità, che si polverizzassero come molte volte, in passato, era accaduto con reperti cartacei trovati nelle tombe. «E' stata una procedura da incubo», ammette Shaw: «Dal momento stesso in cui b avevamo acqui¬ stati, sapevamo di correre un grande rischio perché non potevamo neppure immaginare se potessero essere recuperati». «Li abbiamo messi tutta una notte sotto una campana di vetro, per inumidirli gradualmente», racconta: «Poi abbiamo fatto il passo successivo, il più tremendo. Trattenendo il respiro, uno dei nostri esperti ha cominciato a srotolare i frammenti con una pinzetta, mentre un altro continuava a inumidire il rotolo, facendo tuttavia attenzione a non esagerare, per non saturarlo e rischiare di cancellare le preziose scritte». Così, poco per volta, il «sigaro» è stato aperto, le foglie non di tabacco ma di betulla «stirate» e poi nuovamente prosciugate. Ed eccoli, finalmente, quei millenari frammenti: aperti alla lettura, pronti a rivelare la voce del Buddha registrata quando il Cristianesimo non era che ai suoi primi vagiti. Fabio Galvano Una statua del Buddha

Persone citate: Graham Shaw, Richard Salomon, Shaw

Luoghi citati: Afghanistan, Londra, Pakistan, Seattle