IL MERCATO DEL SESSO di Gianni Vattimo

Di Pietro: vorrei un,«authority» nei Lavori pubblici IL MERCATO DEL SESSO faccia attraverso la pubblicità sui giornali piuttosto che adescando i potenziali clienti sui marciapiedi delle città. Si tratta di decidere se si vuole ridurre i) danno sociale oppure applicare a tutti i costi una legge, interpretandola per giunta in maniera particolarmente restrittiva: se prostituirsi non è, di per sé, reato, è difficile pensare che chi pubblica un annuncio che offre questo servizio sia a sua volta un delinquente; né lo si può chiamare sfruttatore, a meno che - ma non è questo il caso - il costo degli annunci di questo tipo sia evidentemente esoso e fuori dalla norma generale. Nella stessa ottica della riduzione del danno si muoveva l'idea, di cui si è discusso qualche giorno fa, di riservare all'esercizio della prostituzione delle «zone franche» nelle città. E' probabilmente un'idea difficile da mettere in atto, ma certo non significherebbe lasciare tutto come sta, soltanto chiudendo prostitute e prostituti in un ghetto. Zona franca vuol dire anche zona libera dal racket, dove chi esercita questo mestiere sia difeso dai rischi degli sfruttatori che prosperano là dove manca la protezione della legge. Forse non è che una versione aggiornata delle case chiuse: ma avrebbe l'ambizione di non implicare che le persone che si dedicano a questo lavoro siano definitivamente stigmatizzate, come accadeva prima della legge Merlin. Si tratterebbe di offrire la possibilità di costituire cooperative autogestite, con qualche forma di assistenza sanitaria, accentuando la lotta allo sfruttamento e alla prostituzione di strada. Le obiezioni contro questa proposta - il cui nocciolo non è la «zona», ma la garanzia di libertà dal racket - quando non sono state ragionevolmente motivate con e numerose difficoltà dell'attuazione, hanno rispecchiato invece un comprensibile, ma non più accettabile, moralismo. Non si riesce ad ammettere che qualcuno possa dedicarsi alla prostituzione per libera scelta. Dunque, il proposito deve essere anzitutto quello di liberare le prostitute dalla schiavivi del mestiere. Fino a offrir loro incentivi perché ne escano denunciando i loro sfruttatori (ma con quali rischi per sé non si sa) o addirittura fino a pagare (magari con soldi dello Stato) il riscatto che devono ai loro padroni. Quest'ultima proposta sembra la più bene intenzionata e insieme la più grottesca. Ben presto le schiave riscattate sarebbero sostituite da altre, in una spirale redentiva (redimere significa alla lettera ricomprare...) che risulterebbe disastrosa per qualunque finanza pubblica. L'idea di una effettiva protezione delle prostitute da parte dei poteri pubblici comporterebbe anche, com'è ovvio, la pratica libertà di uscire dal giro. Ma questo evidentemente non basta a chi pensa che la legge debba necessariamente rispecchiare la condanna morale della prostituzione - una condanna che peraltro non sembra essere condivisa da molti cittadini, almeno dai tantissimi che vi ricorrono abitualmente. Anche nei confronti dei clienti, finora certo più protetti e socialmente «rispettati» che le prostitute stesse, va evitata ogni moralistica demonizzazione; come quella che vorrebbe stroncare la prostituzione di strada punendo chi avvicina le prostitute con la propria auto. Simili misure respressive si potranno applicare solo quando la legge offrirà altre vie più civili (l'annuncio sul giornale, la zona franca) a questa non marginale categoria di consumatori. Alla fin fine, la ragione per cui ci si appassiona tanto alla discussione sulla prostituzione, anche da parte della gran maggioranza dei cittadini che non vi sono direttamente interessati, è forse il fatto che essa mette in causa in modi profondi la nostra concezione della società civile, prima ancora che le scelte morali di ciascuno. Vogliamo una società «etica» o una società «libera»? La prima cerca di conformare le leggi civili ai principi della moralità ma ha il problema di definire questi principi una volta per tutte, cosa non facile nel mondo del pluralismo culturale, etnico, religioso. La seconda assume come principio morale supremo la libertà di ciascuno di scegliere la propria morale, a patto che la sua scelta non leda l'uguale diritto di tutti gli altri. La forma di una società democratica non può che essere ispirata a questo secondo principio. Se provassimo ad applicarlo coerentemente anche nel caso della prostituzione, forse una parte notevole dei nostri problemi sarebbe risolta. Gianni Vattimo

Persone citate: Merlin