Parigi canaglia, da Hugo a Johnny Halliday Musica e spettacolo della cultura «maledetta» francese: oggi s'inaugura la mostra a Roma di Sandro Cappelletto

Parigi canaglia, da Hugo a Johnny Halliday Musica e spettacolo della cultura «maledetta» francese: oggi s'inaugura la mostra a Roma Parigi canaglia, da Hugo a Johnny Halliday Così Puccini ispirò «Il tabarro» al clima noir di un cabaret "7^1 ROMA 11 ANAGLIE vere, e col guI sto di esserlo. Canaglie leI i ste di coltello che cantano, A*] bevono, gridano, amano, piacciono. Nobilissime canaglie letterarie, quelle dei Miserabili di Hugo, de L'assommoir di Zola. Il cuore occulto della Ville lumière, da cercare scendendo nelle taverne di Montmartre e degli Champs-Elysées, illuminate da moccolacci di candele, malfrequentate mescite di vino dove la borghesia fresca di Secondo Impero non mette piede. E' questo il grembo della chanson, il terreno di coltura di uno dei più duraturi e riconoscibili fenomeni di costume, spettacolo e musica francesi. Lo esplora e lo racconta con dovizia di immagini e sensati commenti Paris canaille, una mostra che si inaugura oggi a Roma, dislocata in tre diversi spazi - Palazzo delle Esposizioni, Salone Renault, Area Domus -, promossa e curata da Cesare Nissirio, sostenuta dal Comune assieme alla Mairie di Parigi e al- l'Ambasciata di Francia in Italia. Chiusura, fatalmente, il 14 luglio. Due nomi, almeno, da ricordare alle origini. Il commerciante in vini Rodolphe Salise e il cantanteattore Aristide Bruant, colto da Toulouse Lautrec nel celebre ritratto con sciarpa rossa e larghissimo cappellaccio nero. Insieme, per sfida e per gusto, animano Le chat noir, cabaret dove nasce lo stile naturaliste, figlio del realismo letterario e padre del verismo musicale, di quel clima noir da cui trarrà spunto anche Puccini per il suo Tabarro. Si cantano argomenti d'attualità, la denuncia sociale è aspra, le guardie di Napoleone III sorvegliano da vicino gli interpreti, per controllare il tasso eversivo dei loro testi più delle rapide occhiate che decidono gli incontri d'amore, anche contrassegno. «Lì approda un ambiente misto, tra il trucido e lo snob. Il locale ormai più alla moda attirava tutta la Parigi aristocratica, borghese e intellettuale», scrive Nissirio nella presentazione del catalogo. E' la metamorfosi decisiva: i café proletari fanno ormai tendenza, danno accoglienza e sfogo alla battuta, alla caricatura, alla risata utile anche per dimenticare: la sconfitta contro i Prussiani, le stragi nella repressione della Comune. Diventano patrimonio di tutta la nazione, come la canzone napoletana. Ecco Mévisto Jules, gobbo e sinistro come un Rigoletto impunito, Polin che appare in divisa militare, giubba e stivaloni, Fursy che lancia la formula della canzone-processo. Maurice Chevalier è una vedette già a diciott'anni, come Fernandel che ripropone le canzoni di Polin. Si stampano gli spartiti, i motivi diventano subito popolari, non è raro incontrare nelle prime file dei café i giovani Erik Satie e Claude Debussy. I locali si moltiplicano, si ingrandiscono per accogliere un pubblico sempre più vasto, che ha voglia di ballare: le Mirliton, le Moulin Rouge, l'Olympia, Les Folies Bergère, Gaité Montparnasse, La Cigale... Alcuni sopravvivono ancora, altri sono cenere, o centri commerciali, o locali per spettacoli hard. I manifesti pubblicitari diffondono il messaggio e le colonne Morris, le colonne cilindriche di ghisa verde tipiche di Parigi, davanti alle quali si ferma incuriosito anche Proust, mostrano, a firma Toulouse Lautrec, Biais, Truchet, gli occhi languidi o ammiccanti delle cantanti, le scollature totali, i veli, i cappelli, le sottogonne vorticanti nel can-can, la carnalità ferina di pitonesse come La Goulue, le promesse sfuggenti di Lidia, il fiocco da bimba (e gli hot-pants aderentissimi) di Mistinguett, le labbra di Otero, le piume di Josephine Baker. Nel Novecento, inizia la crisi. Il cinema diventa la nuova meraviglia, il grammofono e la radio riproducono a casa propria lo spettacolo dal vivo. Ma la tradizione è troppo radicala per scomparire e se altri sono onnai gli spettacoli di massa, gli chansonnier si distinguono affinando il repertorio, da Charles Trenet - «le fou chantant» - a Leo Ferré, a Yves Montand, da Edith Piaf a Juliette Greco, che cantano i testi di Prévert, Kosma, Sartre. Angosciate voci superbe per esistenze rubate. L'ultimo manifesto di Paris crnaille è per Johnny Hallyday: imputazione pesante, la sua, omicidio. Il ventenne cuoiofasciato, ancheggiante e urlante, importa in Francia il rock americano. Retiens la nuit, Viens danser le twist, il pubblico giovane è con lui, gli eredi di Bruant annaspano. La storia lunga oltre un secolo sembra giunta all'epilogo. La Francia commemora una propria identità perduta e, con abilità da maestra, la tutela e ravviva. Sandro Cappelletto Edith Piaf (ritratto anonimo del 1960)

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