Missili puntati su Israele Dall'Egitto, come «precauzione» di Foto Reuter

Missili puntati su Israele Brutte notizie per l'inviato di Washington in Medio Oriente Missili puntati su Israele Dall'Egitto, come «precauzione» TEL AVIV NOSTRO SERVIZIO Giunto in Israele per cercare di stabilire l'impatto sul processo di pace del nuovo governo del Likud, il segretario di Stato Usa Warren Christopher ha cercato invano ieri di conoscere le intenzioni del premier Benyamin Netanyahu e, in particolare, di sapere se egli sia disposto a incontrare il presidente dell'Autorità nazionale palestinese Arafat e ad ordinare il già concordato ritiro israeliano da buona parte della città cisgiordana di Hebron. Netanyahu gli ha assicurato di essere fermamente intenzionato a procedere nel processo di pace sia con i palestinesi sia con la Siria sia con il Libano, ma si è riservato di fornire elementi più precisi il 9 luglio prossimo, quando a Washington sarà ricevuto da Clinton. Per Christopher l'atteggiamento riservato di Netanyahu non è giunto come una sorpresa. Alla vigilia del suo arrivo, infatti, l'ufficio del premier israeliano aveva emesso un singolare comunicato in cui ricordava che a chiedere l'incontro era stato il Dipartimento di Stato «allo scopo di consentire a Christopher di aggiornare Netanyahu su vari sviluppi politici alla vigilia del suo viaggio in Usa». Netanyahu ha detto a Christopher che la condizione principale affinché il processo abbia successo è che prima sia garantita la sicurezza di Israele. Nelle scorse elezioni politiche, ha affermato il premier, «gli israeliani ci hanno detto che il terrorismo è incompatibile con la pace». Il governo del Likud proseguirà dunque i negoziati con i palestinesi ma - ha avvertito - «il conseguimento di risultati dipende dalla nostra sicurezza». Christopher ha convenuto a metà. Ha riconosciuto che «senza la sicurezza non ci può essere vera pace» ma ha subito ricordato a Israele che «senza la pace, una vera sicurezza non è possibile». Di conseguenza ha esortato Netanyahu a stabilire al più presto canali di comunicazione con i vicini, e in primo luogo con Arafat. «Lo abbiamo già fatto - ha replicato Netanyahu, alludendo a una conversazione telefonica intercorsa due settimane fa fra un suo consigliere e il palestinese Abu Mazen - e altri canali, a vario livello, saranno avviati nei prossimi giorni». Il ministro degli Esteri David Levy ha fatto capire di essere pronto, in principio, a un incontro con Arafat. Quanto al premier vedrà il presidente palestinese «solo se ciò sarà necessario per la sicurezza dello Stato». Netanyahu si è finora astenuto dal dire se e quando ordinerà il ritiro da Hebron. Ieri i palestinesi hanno ricevuto alcuni segnali negativi. Uno è stato l'arresto del deputato dell'Autorità nazionale palestinese Abbas Zachi (un dirigente di Al Fatali che ha trascorso lunghi anni di esilio a Tunisi), che è stato arrestato dalla polizia israeliana perché sospettato di aver preso parte a una dimostrazione violenta. Il secondo è venuto da una dichiarazione di Netanyahu secondo cui la rivendicazione di Israele su Gerusalemme deve avere la precedenza sulle rivendicazioni di cristiani e islamici. Presenziando a un grandioso lancio di fuochi di artificio sopra le mura della Città vecchia, Netanyahu ha convenuto che Gerusalemme è una città santa anche per le altre due religioni «ma non c'è paragone - ha aggiunto - rispetto al legame che gli ebrei hanno mantenuto con la loro capitale nel corso di tremila anni». Oggi Christopher proseguirà la sua missione al Cairo e riferirà al presidente Mubarak della viva preoccupazione israeliana per il recente acquisto da parte dell'Egitto di lancia-razzi mobili per i missili terra-terra Scud-C che mettono in pericolo lo Stato ebraico. «Se l'Egitto divenisse un giorno un Paese islamico - ha osservato un analista di Tel Aviv - questo arsenale sarebbe puntato contro le nostre città». Aldo Baquis Il premier israeliano non rivela a Christopher se sia disposto a incontrare Arafat e ad ordinare il ritiro da Hebron Il grandioso lancio di fuochi di artificio sopra le mura della Città vecchia di Gerusalemme, a cui ieri ha presenziato il nuovo primo ministro di Israele [FOTO REUTER]