Formica: non cerchiamo vendette impossibili di Pierluigi Battista
Formica: non cerchiamo vendette impossibili Formica: non cerchiamo vendette impossibili TRA PASSATO E FUTURO CROMA OME prima. Rino Formica scandisce le parole con esasperante lentezza, proprio come prima. Con il solito movimento delle dita che tracciano misteriosi disegni nell'aria, esattamente come prima. Con la differenza che, rispetto a prima, e cambiato tutto. «Nel frattempo e scoppiata l'atomica», dice Formica. Ed è scoppiata in modo talmente deflagrante da caratterizzare il nuovo, imprevisto feeling tra socialisti ed ex comunisti come una recita a parti rovesciate. Non erano i socialisti, al culmine dell'era Craxi, a proporsi come obiettivo l'assimilazione cannibalien degli orfani dell'Urss? Oggi accade il contrario: con i socialisti dispersi, battuti, mimetizzati e il pds di D'Alema che fa la parte dell'imperatore pronto ad annettersi i vinti. «Bisogna far tacere i risentimenti, eliminare con la razionalità i ricordi laceranti dice Formica - e capire che per la ricomposizione della sinistra loro, quelli del pds, senza di noi non possono costruire una sinistra di sfondamento, mentre noi non possiamo immalinconirci covando una vendetta impossibile». E' strano però vedere tanti socialisti che ritornano all'ombra della Quercia. «Eh no, se nel pds pensano di ricomporre le lacerazioni della sinistra col metodo della cooptazione, inglobando come indipendenti di sinistra qualche Ferruccio Parri, un paio di Anderlini e un gruppo di nuove Tullie Carettoni, si sbagliano di grosso». Intanto si parla di Amato alla presidenza del pds. «Bisogna essere chiari: chi crede di risolvere il suo problema individuale in questo modo non è che debba essere considerato uno che tradisce il suo passato, per carità, ma uno che impedisce il futuro, questo si. E d'altra parte non mi pare un'alternativa esaltante per i socialisti in diaspora la confezione di un partito-petardo imbottito di esplosivo della vendetta. Mi pare invece che sia giunto il momento di superare il dramma che ha attraversato in passato i rapporti tra le varie famiglie della sinistra, quella pulsione autodistruttiva per cui quanto più ci si avvicina sul piano politico tanto più ci si allon- tana sul piano umano, fino alle rotture più tragiche. Per quello che ci riguarda, noi socialisti dobbiamo ancora riflettere su un problema storico: perché la vittoria ideale dell'89 non solo non ha coinciso con la vittoria politica dei socialisti ma ha causato la crisi catastrofica del socialismo italiano?». Già, perché? «Ma perché abbiamo commesso l'errore storico di pensare che con la fine del comunismo si fosse esaurita pure la materia del contendere tra noi e i comunisti. Abbiamo pensato che fosse sufficiente tenere la porta aperta e dire agli ex comunisti: venite da noi. Errore, gravissimo errore che è costato la fine della stagione socialista». Non è forse stato il ciclone Mani Pulite a spazzare via il psi? «Anche. Ma ciò che conta è che il pds, proprio nel momento in cui il psi entrava in crisi esistenziale, si è messo a lavorare allo sfruttamento intensivo della nostra debolezza. Fino ad arrivare alla data spartiacque, allo scoppio della bomba atomica: il 30 aprile del '93, quando la sinistra, ritirando i suoi ministri dal governo Ciampi per protesta dopo il voto favorevole a Craxi in Parlamento, rinuncia a diventare sinistra di governo e invia al Paese un messaggio di scatenamento di fondamentalismo antisocialista che ha un effetto devastante sul corpo periferico del partito. Il fossato tra i socialisti e il pds si spalanca in quel momento. Per noi è un ricordo bruciante, ma con la ragione dobbiamo liberarci da una memoria così dolorosa». Chissà se è disposto a dimenticare anche l'Assente confinato ad Hammamet. «Sono sicuro che Craxi sta attraversando un periodo di riflessione profonda. Craxi, grandissimo nel cogliere tatticamente le opportunità, sconta oggi la sua debolezza di stratega. Intendiamoci: il pro¬ blema del rapporto tra denaro e politica è di quelli che soltanto l'anacoreta nel deserto può evitare di incrociare. Però Lenin prese sì i soldi dai tedeschi ma poi la rivoluzione l'ha fatta e l'ha pure vinta. Ecco qual è il problema. So bene che c'è tra noi chi cova la vendetta, magari attendendo che altri possano scivolare sulla buccia di banana del finanziamento della politica. Ma il massimo che potrebbe accadere è la riapertura dell'infinito dibattito sulla differenza tra chi ha fatto ricco il convento tenendo poveri i monaci, e chi ha colto l'occasione per arricchire pure i monaci. Meglio costruire una sinistra di sfondamento, cari compagni socialisti». Pierluigi Battista
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