Verona, in tribunale non si sono mai guardati negli occhi. Questa mattina saranno interrogati

Verona, in tribunale non si sono mai guardati negli occhi. Questa mattina saranno interrogati Verona, in tribunale non si sono mai guardati negli occhi. Questa mattina saranno interrogati Fidanzati diabolici, «guerra» in aula Assieme uccisero la madre di lei, ora si accusano a vicenda VERONA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE L'udienza in assise è durata fino al tardo pomeriggio, ma i due fidanzati terribili, accusati d'aver ucciso la madre di lei per poter andare a convivere nel povero appartamento che la vittima (Eleonora Picrfranceschi, 57 anni) aveva in affitto, non si sono mai guardati in faccia. Nadia Frigerio, 33 anni e il fidanzato Marco Rancani, 31 anni, sono rimasti tutto il giorno a non più di un metro di distanza, sul banco a fianco dei loro difensori, senza cedere alla tentazione di guardarsi almeno un attimo negli occhi. Il loro obicttivo è quello di dimostrare alla corte d'assise di Verona, presieduta da Mario Sannite, che non sono stati complici nel delitto. Dopo le prime ammissioni, infatti, i due avevano distinto le posizioni ed hanno poi attribuito al partner la responsabilità dello strangolamento della donna, trovata abbandonata sulla strada a 50 metri dal cimitero della località di collina Cancello, nella lontana periferia della città. La Pierfrancoschi era stata strangolata in casa, poi vestita in modo che apparisse come una vecchia prostituta e portata in collina, per essere abbandonata dagli autori del delitto. Ma la Frigerio, dopo una «sceneggiata» davanti alle telecamere, era andata a impegnare al monte dei pegni i gioielli della madre dei quali aveva denunciato la scomparsa. Il fidanzato aveva raccontato tutto a Paola, un transessuale di Castelfranco Veneto, amica di Sonia, un travestito col quale il Rancani viveva da tempo in attesa, appunto, di metter su casa con la Frigerio. E Paola aveva telefonato alla Frigerio raccontando della confessione. Una telefonata registrata dai carabinieri. Ma i due imputati hanno poi cambiato tattica ed ora si accusano a vicenda, ripetendo un copione ben noto nelle aule giudiziarie. Oggi si dovrebbe, secondo il calendario definito alla fine dell'udienza, avere l'interrogatorio dei due imputati, il momento clou di un processo che si preannuncia lunghissimo. Infatti quella di ieri è stata solo la seconda udienza, dopo che alla prima del 25 marzo i difensori del Rancani, Pierluigi Riondato e Giancarla Filippetto avevano chiesto la ricusazione del tribunale di Verona sostenendo che i giudici popolari (quattro uomini e due donne) sarebbero stati influenzati dalla stampa e dalla televisione con una campagna colpevolista e faziosa. Si ò ripreso ieri perché la Cassazione ha respinto l'istanza. L'avvocato Riondato ha comunque tentato nuovamente in avvio di seduta di far slittare il processo, chiedendo di aspettare le motivazioni della corte suprema. Nulla da fare perché il pm Mario Giulio Schinaia e la corte hanno respinto l'istanza e così si è cominciato a sentire un po' di testimoni, dall'ingegnere che scopri il cadavere della Pierfranccschi mentre pedalava in collina nel pomeriggio del 12 novembre 1994, al maresciallo dei carabinieri e al primo perito. Nessuno spazio, quindi, per una ricusazione non giustificata ma che era stata sollecitata anche ricordando che il perito nominato dall'accusa, Vittorino Andreoli aveva utilizzato i ri- sultati della sua ricerca psichica sui due imputati in un recente suo libro. Giornata di routine, quindi, in attesa di sentire gli altri periti. In particolare bisognerà aspettare la deposizione di Andreoli, che tornerà in Italia dall'Australia solamente il 16 luglio. Ci sarà poi da attendere l'eventuale decisione del tribunale per la nomina di un quarto perito neutrale. Ma soprattutto si stanno aspettando le dichiarazioni che faranno oggi i due: imputati sotto la pressione del pubblico minisi ero e in aula. Difficilmente, comunque, cederanno davanti alla posizione assunta. Ma il processo va al di là del singolo fatto, pure assurdo nelle modalità e soprattutto nel movente che era quello del possesso del diroccato appartamento abitato dalla vittima. E' il processo questo alla Frigerio e al suo uomo o e ancora una volta il processo a mia città - Verona - e alla «sindrome veronese»? Una sindrome che avrebbe portato ancora una volta a modificare la scala dei valori e quindi a delitti efferati. Franco Ruffo

Luoghi citati: Australia, Castelfranco Veneto, Italia, Verona