Crotone, il capocosca e i suoi uomini sono stati colpiti all'interno di un cantiere edile
Crotone, il capocosca e i suoi uomini sono stati colpiti all'interno di un cantiere edile Crotone, il capocosca e i suoi uomini sono stati colpiti all'interno di un cantiere edile Il boss fa scattare la trappola mortale Strage in Calabria nella guerra fra clan: 4 le vittime CROTONE NOSTRO SERVIZIO Una trappola di quelle che non lasciano scampo, con gli assassini a tagliare l'unica via di fuga e le vittime a correre impazzite, a sbattere contro scivolosi terrapieni d'argilla, a cercare d'arrampicarsi su pareti d'acciaio. Alla fine il bilancio è tremendo, quattro morti, un ferito, una sesta persona che forse se l'è cavata solo con il terrore nelle vene per il fatto di non essere ctato ritenuto nemmeno meritevole di un colpo di fucile. Casabona, 3500 abitanti, è uno dei paesini della Calabria più marginale, dove si vive senza grandi ricchezze, ma senza nemmeno grandi paure, a meno che le cosche non decidano di scontrarsi per conquistare poche fette di benessere. Come possono essere gli appalti, anche piccoli, ma che sanno subito monetizzare il potere dell'intimidazione. Mattanza: per gli investigatori si è trattato di questo. Ma non solo perché, sul terreno, sono rimaste quattro vittime - il presunto capocosca Domenico Alessio, 37 anni, il fratello Francesco, di 32, Francesco De Leo, di 20, Nicola Melfi, diciott'anni appena, al suo primo giorno di lavoro - quanto per il modo in cui è stato portato a termine questo agguato, tra i più efferati della storia della 'ndrangheta non reggina. Mattanza perché le vittime sono state, scientificamente, fatte entrare nella «camera della morte» (il cantiere) e solo allora il «rais» ha dato il segnale per fare ciò che andava fatto. I primi colpi di fucile caricato a pallettoni sono stati esplosi intorno alle 7,30 nel cantiere dove l'impresa di Domenico Alessio stava realizzando uno stabile. I lavori erano all'inizio. Dopo la gettata delle fondamenta, si stava ora tirando su i pilastri e, ai lati, armando i «ferri», prima di fare le gettate di cemento. Il cantiere si trova sulla strada, a pochi metri da un gruppo di palazzine popolari. Ma questo non ha aiutato le vittime, intrappolate nel cantiere, per le cui fondamenta gli scavi erano andati giù, di parecchi metri. Così da creare quasi un'immensa buca dalla quale, una volta entrati, per uscire non resta che una strada. E su questo gli assassini hanno giocato le loro carte. Si sono presentati forse in quattro, armati di fucile; c'è chi dice (ma chi gli ha messo in bocca questo particolare, se non la paura?) che avevano sul volto dei passamontagna e che non li si poteva riconoscere certamente. Come i protagonisti di qualche film sull'estrema frontiera americana, armi in pugno, hanno messo sulla punta dei loro fucili i bersagli ed hanno cominciato a sparare. I primi colpi sono stati tirati verso il basso, per bloccare, con le gambe dilaniate, i fuggitivi. Poi, lentamente, con i fratel¬ li Alessio, con De Leo, con il povero Melfi a terra, gli altri colpi, quelli decisivi. Le teste delle quattro vittime sono esplose. Come cocomeri, dice uno degli investigatori, che sta bene attento a dove mettere i piedi, nel percorrere l'interno del cantiere per misurare la distanza tra un bossolo calibro 12 ed un altro. I killer hanno continuato a sparare anche contro gli altri due operai del cantiere. Angelo Iovine, 17 anni, se l'è cavata con una ferita di striscio, che comunque brucia meno che la paura. Un suo collega, Pasquale Pellizzi, 29 anni, è uscito illeso e forse nemmeno lui ci crede. Gli assassini se ne sono andati, tranquillamente, certo sicuri che nessuno avrebbe messo loro il bastone tra le ruote. E così è stato, tanto che a scoprire la strage è stata una pattuglia di carabinieri che, dovendo prelevare un detenuto, si è trovata a passare davanti al cantiere per caso. Ed ora nella zona di Ciro torna il terrore, torna il ricordo di quando le cosche si affrontavano a viso aperto incuranti di chi poteva essere coinvolto. Come il povero Nicola Melfi, bravo ragazzo, al primo giorno di lavoro, finito con la testa quasi spiccata dal busto accanto ad un sacco di cemento che s'era appena caricato sulle spalle per poche migliaia di lire al giorno. Diego Minuti Il commando ha agito all'alba Uno dei feriti potrebbe riconoscere i killer Ad destra II cantiere dove è avvenuto il massacro. Sotto una delle vittime
Persone citate: Angelo Iovine, De Leo, Diego Minuti, Domenico Alessio, Francesco De Leo, Nicola Melfi, Pellizzi
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