Parla il tecnico che 82 italiani su 100 vorrebbero al posto dell'Arrigo Maldini: conta solo vincere

Parla il tecnico che 82 italiani su 100 vorrebbero al posto dell'Arrigo Parla il tecnico che 82 italiani su 100 vorrebbero al posto dell'Arrigo Maldini: conta solo vincere «Sacchi nel mirino? Non mi stupisco» VARESE DAL NOSTRO INVIATO L'uomo che 82 italiani su 100 vorrebbero al posto di Sacchi ti parla di ritiro e non di stage, non usa computer e tiene alta la testa, non il fuorigioco. Cesare Maldini. La diversità comincia dal lessico. Varese non è la Nasa di Coverciano, è lo stadio e basta. E i contropiede, qui, crescono liberi, né corti né lunghi. E pressing a metà campo si dice, senza offesa, gran casino. Cesarone sta preparando la sua terza Olimpiade. Sole a picco, due allenamenti al giorno (ma ieri uno solo) e il febbrile tran tran di una normale bottega, aperta alla vita. Maldini, non prova un po' di imbarazzo di fronte a questi slanci d'amor profano? «E perché mai? Le dicessi che mi danno fastidio, mentirei spudoratamente. Sin da quando giocavo, ho sempre avuto un buon rapporto con la gente. Rispetto, simpatia e, sotto sotto, stima». Il povero Arrigo è stato messo in croce. «Non ne farei un dramma. Certo, gli sono vicino e ne comprendo l'amarezza. Però, lo si dica a chiaro lettere: è sempre stato cosi. Fabbri nel '66, Valcareggi nel '74, Bearzot nell'86, Vicini nel '91. Ai Mondiali, agli Europei conta soltanto una cosa: il risultato. E quando questo ò fallimentare, niente e nessuno ti salvano: nemmeno l'aver giocato bene, benino o benissimo». Ci scusi, ma sono discorsi da prima Repubblica. «Al contrario. Il risultato è l'unico, autentico, esperanto che tutti unisce e tutti parlano». Dicono della sua Under: per vincere, vince, ma come spettacolo... «Ci risiamo. Noi dell'Under, e dell'Olimpica, non potremo mai essere diversi. O meglio "i" diversi. Siamo ui.a squadra garibaldina, non sta a me tracciare il solco. Tocca alle Nazionali dettare gli indirizzi programmatici. Ma da quel che filtra dagli Europei, mi sembra proprio che non sia uscito nulla di eccitante». In che senso? «Si gioca coperto. Si rischia il minimo. Una punta, al massimo, e due-tre che irrompono da dietro. Do atto a Sacchi, con Casiraghi e Zola, di essere stato uno dei più coraggiosi. Ma in generale, ecco, non mi pare che la mia Under sia poi così scandalosamente conser- vatrice. Mi dica il nome di un giovane emerso. Riesce? Non Del Piero, che io, comunque, impiegavo da attaccante, perché quello mi sembra il ruolo a lui più congeniale, non Kluivert. Forse Djorkaeff, che però proprio giovane giovane non è». Deluso? «Realista. E furibondo ogni volta che sento contrapporre il vecchio della scuola italiana al presunto nuovo di certe sette. Suvvia. Ho visto Karembeu fare l'attaccante, e Karembeu è un centrocampista. Signori miei: il confine fra eclettico e generico è sempre più labile. Ricamarci sopra non è corretto. Si attaccava molto di più ai miei tempi». Sente più responsabilità dopo il fallimento europeo dell'Italia? «Bisogna distinguere. Le Olimpiadi sono un torneo difficile per definizione. Vedo Brasile e Argentina in prima Ala. I nostri avversari - Messico, Ghana, Corea - corrono come matti. Quanto alla sua domanda, non mi meraviglio più di niente. Alla luce di quello che è successo in Inghilterra, tutti, critici, tifosi, mi aspetteranno al varco. Per scrivere: se passo il primo turno, che sono meglio di Sacchi; e se non lo passo, che sono come lui. Il titolo conquistato il 31 maggio a Barcellona, non conta più. Sono giochetti puerili, ma di sicuro effetto. Che, comunque, mi lasciano indifferente». Anche lei, però: prima no ai fuori quota, poi sì. «Ammetto un certo qual rodimento. Da un lato, non volevo penalizzare gli artefici della qualificazione. Dall'altro, però, di fronte alla presa di posizione delle Nazionali più quotate, non potevo neppure crogiolarmi in un gratui¬ to, e pericoloso, idealismo. Per fortuna, Pagliuca, Crippa e Branca si stanno rivelando professionisti esemplari». Ottimista? «Fiducioso. A Barcellona, nel 1992, soffrimmo molto l'esperienza del Villaggio. E non perché i calciatori abbiano la puzza sotto il naso. Niente di più bugiardo. E' che non si possono stravolgere abitudini consolidate. Negli Stati Uniti vivremo per conto nostro, in albergo, lontano da Atlanta. Meglio così, anche se operando ai margini dei Giochi finisci per smarrirne il sentimento, il messaggio, i valori». Qual è il pericolo del calcio odierno? «Prenda gli Europei. Avevano detto: si gioca nella patria del football, a orari umani, fra gente competente, altro che il calcio-sauna degli ultimi Mon- / diali. Bene: come livello tecnico, sinora, non c'è paragone. Mi tengo i Mondiali. E qui vengo alla sua domanda. Il pericolo. Semplice. Troppo tatticismo, troppa lavagna. Per SpRS andare avanti, do- / vremo tornare in- | dietro. Liberare l'estro. Osare eh più». 4> -, Osi anche lei: se le chiedessero di sostituire Sacchi? «Per principio, non dò mai peso ai se e ai ma». Roberto Beccantini «Se il giòco soddisfa ma manca il risultato niente può salvarti» «Per andare avanti è necessario tornare indietro: più fantasia e meno tatticismi» stupisco» o test o, è atteso il laziampagna» inglese. a Varese, secondo o sarà la Propatria o tutti alla Borgheli Stati Uniti avrà uglio, con destina New Jersey. Quegni: 21 luglio (Bira-Messico; 23 luGhana; 25 luglio a del Sud. Maldini (lato) sta preparando gli azzurrini per l'Olimpiade In alto Sacchi citi in crisi / «E adesso tutti aspettano di vedere quanti turni supererò ai Giochi per fare confronti» Maldini (lato) sta preparando gli azzurrini per l'Olimpiade In alto Sacchi citi in crisi «E adesso tutti aspettano di vedere quanti turni supererò ai Giochi per fare confronti»